Sabato 22 novembre

Stamani la sveglia è a un'ora indecente, anche perché c'era un messaggio che abbiamo poi scoperto essere "confermiamo che alle 7.10 si parte per la gita". L'albeggiare non prometteva nulla di buono, ma poi fortunatamente il cielo si è aperto, con ampi squarci di azzurro, anche se le montagne erano comunque in mezzo alle nuvole e la temperatura più frizzante.
Il nostro simpatico bus è arrivato con una decina di minuti di ritardo e ha raccolto molta più gente di ieri, riempendosi quasi del tutto. La prima tappa, mentre l'autista di oggi faceva il logorroico confidenziale e quindi continuava a parlare mangiandosi le parole, è stata Te Anau, paesello sul lago omonimo che però non ci ha detto molto. Anche qui paccate di negozi turistici. Tra l'altro, c'è una grossissima percentuale di turisti orientali, giapponesi ma anche ad occhio coreani. Già nel nostro bus ce ne sono parecchi, ma ci sono proprio i bus loro riservati, addirittura con gli ideogrammi dipinti sulla fiancata perché non si perdano!

Dopo Te Anau, bisogna dire che il panorama è completamente cambiato. Siamo infatti passati a un paesaggio indubbiamente montano. Ogni tanto ci si fermava a vedere qualche posto particolare: il guaio è che c'erano sei o sette tour diversi, e naturalmente tutti arrivavano allo stesso momento - la nave che poi prenderemo a Milford Sound ha un orario fisso! - e tutti si fermavano negli stessi posti, da vera catena di montaggio del turismo. Tra le cose che abbiamo visto ci sono state la Eglinton Valley; i Mirror Lakes, laghetti che rispecchiano perfettamente il panorama tanto che quei buontemponi di neozelandesi hanno messo un cartello appunto scritto allo specchio; l'Homer Tunnel, una galleria che fa sembrare il traforo del Tenda ampio e illuminato; il Chasm Walk, dove il Cleddau River si è scavato il percorso nella roccia tenera con un effetto di scultura postmoderna e dove siamo stati accolti da due kea, pappagalli alpini che hanno capito che i turisti sono interessati a loro e si pappagalleggian... ehm, si pavoneggiano.

L'arrivo a Milford Sound e la minicrociera seguenti sono stati fantastici. Innanzitutto, "Sound" non sta per suono, ma - almeno immagino - per "fiordo": abbiamo queste insenature d'acque con le montagne a picco su di essa, un po' come in Norvegia. Milford Sound non è l'unico, ma è il più famoso perché ci si arriva in bus oppure terminando la Milford Track, un simpatico sentiero di 45 chilometri da percorrere in tre giorni. Rispetto alla Norvegia c'è comunque qualche piccola differenza: ad esempio la vegetazione lussureggiante fino al livello dell'acqua. In realtà a volte diventa troppo lussureggiante, le radici non reggono il peso e casca tutto in mare. A questo punto ci vogliono decenni prima di tornare ad avere di nuovo delle piante. Poi ci sono le cascate, tra cui una con più di 100 metri di dislivello. Nulla di strano, visto che la piovosità media della zona supera i 5 metri l'anno. Noi siamo stati fortunati, però, col sole che splendeva in mezzo all'onnipresente vento. L'acqua è di un colore verde-marrone e non è limpida: non perché inquinata, ma per una ragione stranissima. C'è sempre infatti uno strato superiore di acqua dolce, che può a volte raggiungere i sei metri. Quest'acqua arriva ovviamente dall'alto e porta con sé una quantità di particelle organiche che assorbono la luce.
Anche se Queenstown disterebbe solo una sessantina di chilometri seguendo il corso della valle, non c'è una strada diretta che salga facendo il passo tra le due valli: quindi anche per tornare abbiamo dovuto rifare tutto il giro dell'oca iniziale. Mi affretto però ad aggiungere che Milford Sound ha anche un miniaeroporto, per chi ha soldi voglia e fortuna di volarci a partire da Queenstown.

La sera abbiamo cenato al Coronation Bathhouse, un locale posto all'inizio del parco che un tempo era uno stabilimento balneare che stava andando in rovina ed è stato restaurato una quindicina d'anni fa. Il posto è davvero carino: piccino, tanto che le dispense erano nei punti più impensati, e con una favolosa vista sul lago al tramonto. La cucina tendeva forse ad essere un po' troppo scenica - abbiamo avuto dei cilindri di carne e pesce che svettavano in mezzo al piatto - e naturalmente anche il prezzo non era esattamente tirato dietro, ma il posto meritava davvero.
Usciti dopo le 22, la cittadina era piuttosto deserta, tranne che davanti ai bar dove stavano trasmettendo la finale della Coppa del Mondo (di rugby, per chi non l'avesse capito) Ho come il sospetto che la settimana scorsa la sconfitta in semifinale, e poi da parte degli australiani, sia stata presa maluccio... peggio che da noi col calcio.

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