Domenica 23 novembre

Oggi era la giornata di riposo nel nostro tour, teoricamente per permetterci di provare le mille opportunità di avventura che Queenstown offre ai turisti. Però né Anna né io siamo così interessati a fare bungee jumping o rafting in canoa; d'altra parte la giornata era stupenda, senza una nuvola in cielo e iniziata con un'alba favolosa. Così ci siamo dovuti inventare qualcosa.

In realtà io ho iniziato la mattina andando a messa, dopo che ieri avevo verificato locazione della chiesa e orari. La chiesetta era come uno si può immaginare: piccolina, con la sua pianola elettrica sopra l'ingresso e i foglietti che raccontano la vita parrocchiale. La cosa che mi ha colpito è stata la lavagna luminosa per far leggere le parole dei canti: metodo rustico ma indubbiamente efficace, quando la signora all'opra addetta riusciva a posizionare bene il foglio.

Tornando indietro ne ho approfittato per iniziare a comprare il primo pacco di cartoline, cercare informazioni sulle possibili passeggiate in zona, e chiedere un set di ago e filo in albergo, ottenuto dopo una breve ricerca e sgancio di un dollaro. Una volta deciso il da farsi e previa pausa al supermercato locale seguita da una puntata alla bakery a comprarci qualche panino per pranzo, poco dopo mezzogiorno ci siamo finalmente incamminati sul Frankton Path.
Come dice il nome, questo è un percorso ciclopedonale, più una strada sterrata che un sentiero vero e proprio, che costeggia il lago Wakatipu e porta al paesino di Frankton, dove c'è anche l'aeroporto di Queenstown. Di per sé prosegue sulla penisola dall'altro lato fino ad arrivare al campo da golf, ma noi ci siamo accontentati della prima tappa: in compenso abbiamo passeggiato lungo tutta la penisoletta dei Queenstown Gardens. Il path vero e proprio dovrebbe essere percorso in un'ora e mezza, anche se al ritorno, camminando un po' in fretta, ci abbiamo messo poco più di un'ora. La vista sul lago è molto bella, anche se le case che hanno costruito tra il Path e la strada principale l'hanno un po' rovinato: o forse ci stiamo già così abituando all'isolamento neozelandese che stiamo diventando insofferenti.

All'arrivo a Frankton abbiamo visto varie manifestazioni del sense of humour kiwi. Un paio di cartelli indicanti un dosso erano stati modificati per farli diventare uno la faccia di un cinese con il cappello a bombetta, e l'altro un bagnante che prendeva il sole nudo, con tanto di manine ai lati e pisello al vento. Non so se invece si può definire umoristico il comportamento di tre ragazzine che si erano buttate in acqua più o meno vestite. No, non nel senso che erano mezze nude, ma che avevano camicia e almeno una anche pantaloni lunghi. Chissà, forse è un rito di iniziazione? Sicuramente non è che ci fossero quaranta gradi all'ombra, e non dev'essere stata chissà quale gioia entrare e soprattutto uscire dall'acqua.

Dopo una mezz'oretta di sosta sull'erba, rovinata dal rumore di un motoscafo che stava facendo evoluzioni sul lago in stile tamarro locale, ci siamo incamminati verso Queenstown e siamo andati a prendere la Gondola, che non è una barchetta che ti fa fare romantiche gite lacustri quanto piuttosto un'ovovia che porta sulla collina che sovrasta la città. Il prezzo è semplicemente obbrobrioso, 16 dollari per salita e discesa, ma visto che avevamo il voucher prepagato tanto valeva sfruttarlo. Interessante notare che nel pendio ci siamo trovati delle pecore che pascolavano tranquille, nonostante la pendenza non irrilevante...
La stazione superiore della Gondola è costruita come una perfetta trappola per turisti, che prima di uscire si trovano negozi e negozietti e posti per mangiare. C'è anche la sala dove si proietta un film 3D o roba del genere, "Magic Kiwi". Il nostro voucher prevedeva anche il biglietto per la rappresentazione, ma visto che avremmo dovuto aspettare cinquanta minuti prima che iniziasse, abbiamo lasciato perdere.
All'esterno si poteva salire sul Luge, una specie di bob che scende sull'erba invece che sulla neve. Non era nel voucher, e soprattutto non è che ci interessasse molto, così ci siamo limitati a guardare il panorama. "Limitati" si fa per dire, visto che è davvero mozzafiato, con la città e i dintorni che si stendono ai nostri piedi e il lago e le montagne tutto intorno, con colori vivissimi.

Scesi di nuovo in città, abbiamo fatto un minimo di shopping. Il massimo del kitsch è indubbiamente un posto dove si trovava di tutto e che doveva essere espressamente studiato per i giapponesi. Tutti i commessi che ho visto avevano infatti una targhetta che indicava che erano bilingue. Sul lungolago abbiamo poi notato che la coscienza ecologica neozelandese non è poi così alta come si pensa. C'era un gruppetto di persone che stava cuocendosi un barbecue (nulla di male, c'è proprio il posto attrezzato... su questo nulla da dire, come occorre riconoscere che ci sono toilette praticamente ovunque). Però i tipi si erano portati la macchina a fianco del fuoco, per potersi sentire lo stereo (non a manetta, almeno quello). Non oso pensare cosa sarebbe successo se il serbatoio non fosse ermeticamente sigillato.

Abbiamo cenato al Fishbone Bar and Grill, un posto che come dice il nome è specializzato in tutto quello che sta in acqua. La cucina è indubbiamente ottima, col salmone che si scioglieva letteralmente in bocca e la gallinella che ho mangiato io gustosa. Anche il prezzo è accettabile, e l'atmosfera indubbiamente amichevole. L'unico dubbio è stato quando ci siamo passati davanti alle 18:20 per prenotare per la sera, e ci hanno chiesto "volete mangiare adesso?" Non è un orario adatto neppure a me!

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