seno
Quando alle superiori si introduce la trigonometria, non si fa certo fatica a sentire un risolino serpeggiare tra gli studenti maschi non appena si parla di “seno”. (Chissà perché il termine tangente non provoca alcuna reazione, né tra i maschietti né tra le femminucce…) Il bello è che la storia di questa parola mostra come gli errori si facciano strada anche in un campo tutto sommato serio come l'etimologia!
La derivazione di seno è chiarissima: il nome latino sinus, -i. Peccato che in latino sinus non significhi affatto tetta, ma “golfo” - da cui il nostro “insenatura” e un certo qual incipit «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi» - oppure “cavità” - da cui la nostra “sinusite”. Quindi al limite il seno sarebbe dovuta essere quello che gli inglesi chiamano “cleavage”, la scollatura. In effetti la prima citazione in italiano della parola “seno” è di Jacopo da Lentini, nel senso di “intimità della coscienza”; Dante la usa come “insenatura”, Boccaccio - e chi altri? - come “petto muliebre”, o “spazio tra il vestito e il petto”; si attribuisce infine a Petrarca il significato di “ventre materno”, come poi cristallizzato nell'Ave Maria. Tutto questo è riportato dal DELI, come anche il passaggio del termine, soprattutto nel plurale, al significato attuale: già Carducci scrive dei “nudi seni”, probabilmente sull'influenza del francese seins attestato sin dal XVI secolo.
E per il seno matematico? Beh, qui la storia è ancora più complicata: seguo il percorso riportato da Lucio Russo nel suo La rivoluzione dimenticata. Innanzitutto bisogna ricordare che la trigonometria è stata scienza relativamente recente, nata in epoca ellenista, e mai realmente riportata in opere latine: anche Tolomeo scrisse il suo Almagesto in greco. Peggio ancora, gli ellenisti non usavano come unità fondamentale il seno, ma la corda; non è un grave problema, visto che corda(α) = 2 sin(α/2), ma questo significa che non esisteva un termine per il seno.
Cosa successe in seguito? A partire dal II secolo d.C. la trigonometria fu importata in India insieme all'astronomia, che era la scienza che la usava in pratica; nel IV secolo addirittura alcuni astronomi e matematici alessandrini emigrarono in India, vista la situazione sempre peggiore in patria (come Ipazia si accorse a costo della sua vita qualche decennio dopo.), Pare che l'autore del lavoro astronomico indiano Paulisa siddhanta fosse appunto l'astronomo alessandrino Paulus.
I matematici indiani si accorsero che nelle formule si tendeva a usare molto spesso la mezza corda, così introdussero il seno; però lo denominarono col termine sanscrito per corda, “jiva”. Quando i matematici arabi tradussero l'Almagesto usarono anch'essi la parola “jiva”; ma essendo arabi lo traslitterarono con le consonanti jb, che potevano anche essere lette “jaib”, Quest'ultima parola in arabo significa “cavità”, “apertura della veste” e fu pertanto tradotta in latino come “sinus”, il che come visto sopra torna perfettamente. La prima attestazione italiana è di Leon Battista Alberti, nel 1435: come vedete l'Umanesimo non perse tempo a recuperare le informazioni matematiche!
Che aggiungere? Che questo non è l'unico esempio di traduzione sbagliata: la curva nota come la versiera di Agnesi in inglese si chiama “witch of Agnesi” non perché la povera Maria Gaetana fosse così brutta o sembrasse pericolosa, ma perché il primo traduttore dell'opera confuse “versiera”, la corda legata all'estremità di una vela utilizzata per le virate, con “avversiera”, cioè avversaria (di Dio). Poi ci si chiede perché la gente non capisce la matematica…
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