Non riuscivo proprio a svegliarmi, stamattina. Sono rimasto a letto il più a lungo possibile, e anche quando sono stato costretto ad alzarmi, lavarmi e fare colazione si vedeva chiaramente che non ero nemmeno certo di sapere il mio nome. Ad ogni modo, riuscito alfine a riprendermi un po', siamo usciti a piedi per farci due passi verso il paese.
Come prima cosa siamo passati a vedere il ponte romano, che poi romano non è perché dovrebbe essere dell'XI secolo se non ho capito male il cartello di spiegazioni all'inizio del paese, e che non dovrebbe nemmeno essere posto sulla via Domitia che tagliava sulla pianura. Tra l'altro, mentre andavamo da Apt a qua avevamo visto segnalate di quando in quando alcune parti del tracciato della via: si vede che qui ne vanno fieri. Il ponte è relativamente strano perché ha una campata grande e due piccine. Ancora più strano se vogliamo è che non c'è praticamente il fiume sotto di lui - ma magari la Laye è soltanto un torrente stagionale - e che non c'è una strada per arrivare a vederlo: noi siamo passati dietro il nostro albergo, anche perché in fin dei conti lo si vede bene da camera nostra.
Dal ponte si vedeva molto bene la grande chiesa, ma non sembrava esserci alcuna strada per raggiungerla. Ci siamo avviati così sulla strada principale, e all'altezza del comprensorio abbiamo notato una stradina asfaltata con un cartello "proprietà privata" e che puntava in direzione della chiesa. Non ce ne siamo curati troppo e l'abbiamo presa: arrivati abbastanza vicino al chiesone abbiamo notato qualche persona là intorno, ci siamo ringalluzziti, abbiamo tagliato per un campo e siamo così arrivati. Ho cominciato a capire che c'era qualcosa che non andava quando ho scoperto che qualcuno dei pochi presenti aveva... un'audioguida. Esclusa subito l'ipotesi che in Francia la gente viva in simbiosi con le audioguide, mi è lentamente venuta in mente la ragione di tutto ciò. E in effetti, dal lato opposto della chiesa, si poteva vedere la strada che portava all'ingresso del museo etnografico del Salagon, con relativa biglietteria. Noi eravamo semplicemente passati dal retro! Posso comunque dire che il museo è molto simpatico: nulla di trascendentale, ma ad esempio le sale della mostra su come le colture americane e asiatiche si sono man mano spostate con la globalizzazione sono molto interessanti.
Arrivati poi a Mane per la prima volta con la luce, abbiamo notato come il centro storico del paese sia arroccato sul colle, un po' come capita da noi in Toscana. C'è un castello, che però è "proprietà privata" come da cartello piazzato davanti; una chiesa e una cappella dei penitenti locali; un negozietto dai prezzi assurdi. Niente di strano, insomma, e sicuramente una gita che non richiede molto tempo. Siamo tornati così per la strada nazionale con platani a destra e a sinistra, come capitava un tempo nelle nostre statali, e arrivati al nostro albergo, dove avevamo prenotato un piatto unico per pranzo.
Fatta una pennichella, ci siamo poi diretti verso Forcalquier. Anche qui il paese è più o meno arroccata su una collina; il comune ha pensato però bene di lasciare due ampi spazi per il parcheggio delle auto. Si vede che il paese è più grande di Mane: a parte i supermercati fuori dalla città, ci sono molti più negozi, comprese le onnipresenti pompe funebri che in Provenza sembrano essere parte del panorama. La chiesa parrocchiale, dedicata a san Pancrazio, è un tipico esempio di romanico-gotico, di quelle che hanno cominciato in un modo e poi la moda costruttiva è cambiata. Perfino alcune crociere sono metà con archi a tutto sesto e metà con archi a sesto acuto... La chiesa è poi una co-cattedrale, il che prova che non siamo solo noi italiani a inventarci tutta una serie di titoli senza un grande significato pratico, si pensi solo al vicedirigente. In realtà nella piazza principale c'era anche un edificio che assomigliava a una chiesetta, ma aveva una bella scritta "Cinema". Dal sacro al profano.
Anche a Forcalquier c'è una cittadella in cima a un cocuzzolo, alto 602 metri come si sono premuniti di avvisare. Invece che un castello, c'è però una cappella ottocentesca, intitolata a Notre-Dame; ma soprattutto, il panorama è assolutamente spettacoloso, e spazia a 360 gradi tra le montagne del Luberon - abbiamo anche visto la cupola dell'osservatorio provenzale - e le valli sotto. Assieme a noi c'era il primo italiano che abbiamo incontrato qui in alta Provenza: un ciclista torinese che era partito dalla Maddalena (dove era arrivato in macchina...) e stava raggiungendo i suoi amici che avevano preferito farsi qualche giorno di riposo senza pedalare e che avrebbero poi riportato lui e la bicicletta al punto di partenza.
Tornati in paese, ci siamo beccati uno scroscio d'acqua che ci ha costretto a rifugiarci in un negozio (della catena O&CO) dove ne abbiamo approfittato per comprarci una bottiglia d'olio, soprattutto perché la bottiglia era carina, e un tappo da olio; da qui si può immaginare quale sia la categoria merceologica del negozio. Fortunatamente la pioggia è cessata, così abbiamo poi cenato amabilmente al ristorante marocchino Le Jam, con cuscus a iosa. Tornati verso Mane, abbiamo capito perché hanno fatto da queste parti l'osservatorio: in effetti il cielo era davvero luminoso, e ce ne siamo stati per un po' a faccia in su a guardare le stelle.
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