Giovedì 27 novembre

L'attrattiva principale di Kaikoura è salire su una barca - o per i più danarosi un aereo - e andare ad avvicinarsi alle balene e ai delfini che nuotano al largo della costa. Questa industria turistica è assai sviluppata: basti pensare che vengono fatte tutti i giorni delle ricognizioni aeree per scoprire dove si trovano i branchi di cetacei e potere quindi dirigere con una certa sicurezza le barche.
Però il tempo continuava ad essere coperto, anche se aveva perlomeno smesso di piovere. Unita al sonno arretrato, la cosa ci ha fatto propendere per il piano B: limitarci a una passeggiata sulla penisola e muoverci verso la tappa successiva, per arrivare a Nelson a un'ora decente.

La passeggiata per così dire canonica indicata sulle guide attraverserebbe tutta la penisola e finirebbe a South Bay, insomma davanti al ristorante di ieri sera. Ma visto che poi saremmo dovuti ritornare indietro per la stessa strada abbiamo preferito limitarci a fare metà percorso, andando fino al punto più sporgente della penisola.
Nelle rocce vicino al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto c'erano alcune foche, o per amor di precisione leoni di mare, che se ne stavano a riposare: non certo crogiolarsi al sole visto che non ce n'era affatto.
Anche se il percorso è per così dire ufficiale, esso non fa parte di un parco, ma attraversa una serie di proprietà private. Pascoli, per la precisione. Cosa succede? Che i proprietari acconsentono che la gente ci passi in mezzo purché non facciano danni, e costruiscono delle specie di scalini per passare sopra i recinti, un po' come se si dovessero correre i 3000 siepi. Ma in realtà il percorso sembra più che altro un campo minato, visto che occorre sempre stare attenti a non calpestare le merde di pecora.
Arrivati alla Whalers Bay, scendiamo verso la riva, senza peraltro avvicinarci troppo alla colonia di gabbiani: per quanto ne sappiamo potrebbero già essere in cova e non apprezzare le nostre attenzioni. Per il ritorno, abbiamo preferito tornare sui nostri passi e non fare la costa, anche se forse la marea si era abbassata a sufficienza per permettercelo. Posso dire che almeno all'altezza del parcheggio l'acqua si era ritirata a sufficienza da mostrare la costa rocciosa: anche le foche si erano ritirate, tranne una evidentemente troppo pigra che correva il rischio che i turisti le si avvicinassero, nonostante i cartelli che intimavano di non farlo. In compenso un paio di gabbiani se ne stava sul parcheggio a cercarsi del facile cibo: anche questo vietato.

Dopo esserci comprati ancora qualcosa per farci due panini in viaggio, siamo partiti alla volta di Nelson. Il viaggio non ha detto molto, salvo avermi fatto scoprire che la tenuta di strada della Corolla è scarsissima. Eravamo in un tratto di strada dove stavano posando il "new seal" - ci sono infiniti di questi tratti: più che New Zealand, bisognerebbe parlare di "New Sealand". Non so se risparmino col bitume, ma l'asfaltatura lascia una quantità di pietrisco incredibile. Sono arrivato leggermente troppo veloce, e l'auto ha iniziato a sbandare. Nulla di grave, anche perchè dall'altro lato non passava nessuno, ma mi chiedo come possa essere la guida in inverno.

A proposito di strade, ho già detto che non sono molto frequentate. Quindi non sono nemmeno troppo larghe: tanto non serve. In genere sono a due corsie, tranne rarissimi tratti a quattro corsie e qualche pezzo dove si trova una terza corsia per permettere soprattutto in salita di superare i veicoli lenti. Questa "passing lane" è in genere preavvisata con cartelli a due chilometri di distanza.
In compenso, i ponti sono quasi sempre a una sola corsia, e chi arriva dal lato con maggiore visibilità ha il cartello "dai la precedenza a chi arriva dall'altro senso". Ma abbiamo visto il massimo a Hokitika, durante la parte organizzata della gita: non solo il ponte era a una sola corsia, ma ci passava anche il treno! D'accordo, non ci saranno tanti convogli giornalieri, ma questa promiscuità mi pare un po' esagerata...

Siamo arrivati a Nelson verso le 16, e così decidiamo di passare al centro informazioni prima che arrivare in albergo. La scelta è stata azzeccata: ci abbiamo messo più di mezz'ora a riuscire a ottenere le informazioni che ci servivano, e ci è ancora andata bene perché pensavano ancora di essere nell'orario invernale e alle 17 chiudevano i battenti. Ad ogni modo ci siamo prenotati un taxi acquatico per l'indomani all'Abel Tasman Park, in modo da fare il tratto di parco in una sola direzione: il percorso completo è di tre giorni, un po' troppo.

Il nostro albergo è il Beachcomber. È sempre in struttura motel: la nostra camera, pacchetto honeymooners, è enorme, con una zona living e una notte con due finestroni. Sfruttando la sosta di due giorni, Anna propone di lavare un po' di roba: anche qui, come in genere negli alberghi neozelandesi, c'è infatti una stanza con lavatrice.
La lavatrice è però di modello americano, e ci lascia un po' interdetti. Finalmente scopriamo che non è possibile fare il ciclo di lavaggio con l'acqua calda, e quindi cliccavamo sul pulsante sbagliato. Una volta compreso il giro, non c'è nulla di complicato: in questo caso tra l'altro non si paga nemmeno l'uso della lavatrice, ma solo quello dell'asciugatrice.

Abbiamo infine sfruttato gli ampi spazi della stanza andando in città al supermercato e comprandoci dei piatti da riscaldare e mangiare in stanza, oltre naturalmente al detersivo per la lavatrice.

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