L'attrattiva principale di Kaikoura è
salire su una barca - o per i più danarosi un
aereo - e andare ad avvicinarsi alle balene e
ai delfini che nuotano al largo della costa.
Questa industria turistica è assai sviluppata:
basti pensare che vengono fatte tutti i giorni
delle ricognizioni aeree per scoprire dove si trovano
i branchi di cetacei e potere quindi dirigere con una certa sicurezza le
barche.
Però il tempo continuava ad essere coperto,
anche se aveva perlomeno smesso di piovere. Unita
al sonno arretrato, la cosa ci ha fatto
propendere per il piano B: limitarci a una
passeggiata sulla penisola e muoverci verso la
tappa successiva, per arrivare a Nelson a un'ora
decente.
La passeggiata per così dire canonica indicata sulle guide
attraverserebbe tutta la penisola e finirebbe a
South Bay, insomma davanti al ristorante di ieri sera. Ma visto che poi
saremmo dovuti ritornare indietro per la stessa
strada abbiamo preferito limitarci a fare metà
percorso, andando fino al punto più sporgente
della penisola.
Nelle rocce vicino al parcheggio dove abbiamo
lasciato l'auto c'erano alcune foche, o per
amor di precisione leoni di mare, che se ne
stavano a riposare: non certo crogiolarsi al
sole visto che non ce n'era affatto.
Anche se il percorso è per così dire ufficiale,
esso non fa parte di un parco, ma
attraversa una serie di proprietà private.
Pascoli, per la precisione. Cosa succede? Che i
proprietari acconsentono che la gente ci passi
in mezzo purché non facciano danni, e
costruiscono delle specie di scalini per passare
sopra i recinti, un po' come se si dovessero
correre i 3000 siepi. Ma in realtà il percorso
sembra più che altro un campo minato, visto che occorre
sempre stare attenti a non calpestare le merde
di pecora.
Arrivati alla Whalers Bay, scendiamo
verso la riva, senza peraltro avvicinarci troppo
alla colonia di gabbiani: per quanto ne sappiamo
potrebbero già essere in cova e non apprezzare le nostre attenzioni.
Per il ritorno,
abbiamo preferito tornare sui nostri passi e
non fare la costa, anche se forse la marea si
era abbassata a sufficienza per permettercelo.
Posso dire che almeno all'altezza del parcheggio l'acqua si era ritirata a
sufficienza da mostrare la costa rocciosa: anche
le foche si erano ritirate, tranne una evidentemente
troppo pigra che correva il rischio che i turisti le si avvicinassero,
nonostante i cartelli che intimavano di non farlo.
In compenso un paio di gabbiani
se ne stava sul parcheggio a cercarsi del facile cibo: anche questo
vietato.
Dopo esserci comprati ancora qualcosa per farci due panini in viaggio, siamo partiti alla volta di Nelson. Il viaggio non ha detto molto, salvo avermi fatto scoprire che la tenuta di strada della Corolla è scarsissima. Eravamo in un tratto di strada dove stavano posando il "new seal" - ci sono infiniti di questi tratti: più che New Zealand, bisognerebbe parlare di "New Sealand". Non so se risparmino col bitume, ma l'asfaltatura lascia una quantità di pietrisco incredibile. Sono arrivato leggermente troppo veloce, e l'auto ha iniziato a sbandare. Nulla di grave, anche perchè dall'altro lato non passava nessuno, ma mi chiedo come possa essere la guida in inverno.
A proposito di strade, ho già detto che non sono molto frequentate.
Quindi non sono nemmeno troppo larghe: tanto non serve. In genere sono a
due corsie, tranne rarissimi tratti a quattro corsie e qualche pezzo dove
si trova una terza corsia per permettere soprattutto in salita di superare
i veicoli lenti. Questa "passing lane" è in genere preavvisata con cartelli
a due chilometri di distanza.
In compenso, i ponti sono quasi sempre a una sola corsia, e chi arriva dal
lato con maggiore visibilità ha il cartello "dai la precedenza a chi arriva
dall'altro senso". Ma abbiamo visto il massimo a Hokitika, durante la parte
organizzata della gita: non solo il ponte
era a una sola corsia, ma ci passava anche il treno! D'accordo, non ci
saranno tanti convogli giornalieri, ma questa promiscuità mi pare un po'
esagerata...
Siamo arrivati a Nelson verso le 16, e così decidiamo di passare al centro informazioni prima che arrivare in albergo. La scelta è stata azzeccata: ci abbiamo messo più di mezz'ora a riuscire a ottenere le informazioni che ci servivano, e ci è ancora andata bene perché pensavano ancora di essere nell'orario invernale e alle 17 chiudevano i battenti. Ad ogni modo ci siamo prenotati un taxi acquatico per l'indomani all'Abel Tasman Park, in modo da fare il tratto di parco in una sola direzione: il percorso completo è di tre giorni, un po' troppo.
Il nostro albergo è il Beachcomber. È sempre in struttura motel: la
nostra camera, pacchetto honeymooners, è enorme, con una zona living e una
notte con due finestroni. Sfruttando la sosta di due giorni, Anna propone
di lavare un po' di roba: anche qui, come in genere negli alberghi
neozelandesi, c'è infatti una stanza con lavatrice.
La lavatrice è però di modello americano, e ci lascia un po' interdetti.
Finalmente scopriamo che non è possibile fare il ciclo di lavaggio con
l'acqua calda, e quindi cliccavamo sul pulsante sbagliato. Una volta
compreso il giro, non c'è nulla di complicato: in questo caso tra l'altro
non si paga nemmeno l'uso della lavatrice, ma solo quello
dell'asciugatrice.
Abbiamo infine sfruttato gli ampi spazi della stanza andando in città al supermercato e comprandoci dei piatti da riscaldare e mangiare in stanza, oltre naturalmente al detersivo per la lavatrice.