Non è un errore. Con la storia della linea di cambiamento di data, il mercoledì si è praticamente perso ed è consistito in qualche ora di aereo mentre dormicchiavamo.
L'arrivo in Nuova Zelanda non è stato dei
migliori. E' vero che alle 5:30 del mattino
c'era tutta la parte del Duty Free e i negozi
illuminati a giorno, ma la coda
all'Immigration è stata snervante, perché
c'erano pochissimi impiegati. La sensazione
che abbiamo avuto è stata di finta
negligenza. Non ci hanno praticamente
fatto domande, e per il volo interno non
chiedono documenti: in compenso abbiamo visto
una tipa portata via a forza da due
poliziotti, e un altro salire sull'aereo a
chiedere i documenti a una persona. La
temperatura esterna, considerando che erano le
6 del mattino, era piacevolmente fresca, e
il posto dà l'aria di essere spazioso.
L'aeroporto per i voli domestici è a un
chilometro di distanza da quello internazionale: abbiamo percorso la distanza
camminando, per sgranchirci le gambe e
respirare un po' d'aria fresca.
Il volo interno verso Christchurch non è stato ricco di eventi:
faccio solo presente che gli aerei
neozelandesi hanno le file 13 e 17, ma che
l'usanza di alzarsi e recuperare i bagagli prima
ancora che l'aereo si fermi è esattamente
identico al nostro.
Il percorso verso l'albergo, con un taxi condiviso, ci ha fatto vedere una serie di casette indubbiamente inglesi, e presumo dei quartieri bene. Lo stile anglosassone si riconosce dalle casette a due piani, ciascuna con il loro giardino: si vede che di spazio ne hanno a iosa. Il nostro albergo è in stile motel: la nostra camera è al pian terreno, con un salottino, bagno cieco e la stanza da letto. Mi affretto a dire che come prima cosa abbiamo fatto un pisolino per cercare di tirarci un po' su.
Dopo avere mangiato in una caffetteria,
abbiamo continuato a incamminarci verso il
centro della metropoli, dirigendoci alla fine
verso i giardini botanici per vedere
alberi e fiori. C'è una contraddizione che salta
subito all'occhio. In questo momento la Nuova
Zelanda è all'avanguardia nel rispetto della
biodiversità, ed è praticamente impossibile
importare piante o animali. Un tempo non era
però così. Il giardino botanico è stato
infatti costruito intorno al 1870 con il
preciso scopo di ricreare un parco
all'inglese, dato che la flora locale non
sembrava abbastanza bella ai coloni. Hanno pertanto
piantato semi da tutto il mondo, che oggi
sono diventati gli enormi fusti che svettano
nel giardino.
Ma forse non ci si poteva
aspettare nulla di diverso in questa città.
Christchurch, come il nome forse può fare
intuire, è stata costruita come una "città
perfetta" a partire dall'idea di un gruppo di
nobili e religiosi inglesi, che volevano
"fare un favore" ai poveretti britannici.
La città era stata pensata con chiese al
posto dei pub...
A questo proposito, occorre notare la
quantità di chiese presenti ancora oggi, e
soprattutto la cattedrale, che continua a
svettare nella piazza centrale con la sua
architettura neogotica inglese. Confesso che
non ci siamo entrati.
Dopo il giardino botanico abbiamo fatto
una visita al Canterbury Museum che è lì
attaccato. Ingresso a offerta libera,
suggeriti cinque dollari a testa che noi
abbiamo regolarmente pagato. Il Canterbury,
per chi se lo chiedesse, è la regione dove si
trova Christchurch. Il museo contiene cose
ben distinte tra loro: si inizia con le
testimonianze maori, più ricostruite che
altro, e si prosegue con un'enorme sezione
dedicata ai primi coloni: non solo alla
costruzione della città che in fin dei conti
è interessante, ma anche a cose francamente
di interesse ad esser buoni solo locale.
Ci sono infatti due cose che si notano immediatamente. Non c'è scritto
nulla delle guerre tra maori e
inglesi, e in genere le due popolazioni
sembrano non mischiarsi mai; c'è giusto una
noticina su una vetrina con una specie di
bara maori dove il museo rassicura che il
loro incaricato ha dato l'ok "perché si
conoscano le cose del nostro popolo", e una
foto di un capo maori con un moschetto. Inoltre, ma
forse uno se lo doveva aspettare, non si vede
nessun tentativo di unire le due culture: i
coloni hanno immediatamente copiato quanto
avevano in patria.
Infine le sale dedicate all'esplorazione
dell'Antartide - molte spedizioni partivano
da qua - aveva del materiale interessante,
anche se ci si chiede se è un caso che il
busto di Amundsen sia raffigurato in maniera davvero brutta rispetto
a quello degli altri esploratori inglesi.
Usciti dal museo alle 17, abbiamo verificato con i nostri occhi che la vita a quell'ora termina. Tutti i negozi e musei chiudono, e non si può fare altro che incamminarsi verso l'albergo, dove abbiamo cenato prestissimo non avendo nemmeno la forza di andare a cercare un posto altrove. La cena era schifosetta, ma tanto non ce ne siamo accorti. Prima delle 22 dormivamo.