Giovedì 20 novembre

Non è un errore. Con la storia della linea di cambiamento di data, il mercoledì si è praticamente perso ed è consistito in qualche ora di aereo mentre dormicchiavamo.

L'arrivo in Nuova Zelanda non è stato dei migliori. E' vero che alle 5:30 del mattino c'era tutta la parte del Duty Free e i negozi illuminati a giorno, ma la coda all'Immigration è stata snervante, perché c'erano pochissimi impiegati. La sensazione che abbiamo avuto è stata di finta negligenza. Non ci hanno praticamente fatto domande, e per il volo interno non chiedono documenti: in compenso abbiamo visto una tipa portata via a forza da due poliziotti, e un altro salire sull'aereo a chiedere i documenti a una persona. La temperatura esterna, considerando che erano le 6 del mattino, era piacevolmente fresca, e il posto dà l'aria di essere spazioso. L'aeroporto per i voli domestici è a un chilometro di distanza da quello internazionale: abbiamo percorso la distanza camminando, per sgranchirci le gambe e respirare un po' d'aria fresca.
Il volo interno verso Christchurch non è stato ricco di eventi: faccio solo presente che gli aerei neozelandesi hanno le file 13 e 17, ma che l'usanza di alzarsi e recuperare i bagagli prima ancora che l'aereo si fermi è esattamente identico al nostro.

Il percorso verso l'albergo, con un taxi condiviso, ci ha fatto vedere una serie di casette indubbiamente inglesi, e presumo dei quartieri bene. Lo stile anglosassone si riconosce dalle casette a due piani, ciascuna con il loro giardino: si vede che di spazio ne hanno a iosa. Il nostro albergo è in stile motel: la nostra camera è al pian terreno, con un salottino, bagno cieco e la stanza da letto. Mi affretto a dire che come prima cosa abbiamo fatto un pisolino per cercare di tirarci un po' su.

Dopo avere mangiato in una caffetteria, abbiamo continuato a incamminarci verso il centro della metropoli, dirigendoci alla fine verso i giardini botanici per vedere alberi e fiori. C'è una contraddizione che salta subito all'occhio. In questo momento la Nuova Zelanda è all'avanguardia nel rispetto della biodiversità, ed è praticamente impossibile importare piante o animali. Un tempo non era però così. Il giardino botanico è stato infatti costruito intorno al 1870 con il preciso scopo di ricreare un parco all'inglese, dato che la flora locale non sembrava abbastanza bella ai coloni. Hanno pertanto piantato semi da tutto il mondo, che oggi sono diventati gli enormi fusti che svettano nel giardino.
Ma forse non ci si poteva aspettare nulla di diverso in questa città. Christchurch, come il nome forse può fare intuire, è stata costruita come una "città perfetta" a partire dall'idea di un gruppo di nobili e religiosi inglesi, che volevano "fare un favore" ai poveretti britannici. La città era stata pensata con chiese al posto dei pub...
A questo proposito, occorre notare la quantità di chiese presenti ancora oggi, e soprattutto la cattedrale, che continua a svettare nella piazza centrale con la sua architettura neogotica inglese. Confesso che non ci siamo entrati.

Dopo il giardino botanico abbiamo fatto una visita al Canterbury Museum che è lì attaccato. Ingresso a offerta libera, suggeriti cinque dollari a testa che noi abbiamo regolarmente pagato. Il Canterbury, per chi se lo chiedesse, è la regione dove si trova Christchurch. Il museo contiene cose ben distinte tra loro: si inizia con le testimonianze maori, più ricostruite che altro, e si prosegue con un'enorme sezione dedicata ai primi coloni: non solo alla costruzione della città che in fin dei conti è interessante, ma anche a cose francamente di interesse ad esser buoni solo locale.
Ci sono infatti due cose che si notano immediatamente. Non c'è scritto nulla delle guerre tra maori e inglesi, e in genere le due popolazioni sembrano non mischiarsi mai; c'è giusto una noticina su una vetrina con una specie di bara maori dove il museo rassicura che il loro incaricato ha dato l'ok "perché si conoscano le cose del nostro popolo", e una foto di un capo maori con un moschetto. Inoltre, ma forse uno se lo doveva aspettare, non si vede nessun tentativo di unire le due culture: i coloni hanno immediatamente copiato quanto avevano in patria.
Infine le sale dedicate all'esplorazione dell'Antartide - molte spedizioni partivano da qua - aveva del materiale interessante, anche se ci si chiede se è un caso che il busto di Amundsen sia raffigurato in maniera davvero brutta rispetto a quello degli altri esploratori inglesi.

Usciti dal museo alle 17, abbiamo verificato con i nostri occhi che la vita a quell'ora termina. Tutti i negozi e musei chiudono, e non si può fare altro che incamminarsi verso l'albergo, dove abbiamo cenato prestissimo non avendo nemmeno la forza di andare a cercare un posto altrove. La cena era schifosetta, ma tanto non ce ne siamo accorti. Prima delle 22 dormivamo.

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