Sveglia alle 4 del mattino. Non è
stato facile. D'altra parte, ieri a
Malpensa ci hanno confermato che visto che il viaggio complessivo è
intercontinentale occorre essere con due
ore di anticipo al check-in, e il volo per Francoforte
parte alle 7.05. Abbiamo così deciso di
prendere il taxi alle 4:40: inizialmente
l'avevamo prenotato per le 4:10, ma
abbiamo pensato che non era esattamente
il caso. Era tutto pronto, ho verificato
ancora una volta di avere questa volta
con me la patente... l'unico guaio che abbiamo
avuto è capitato con il termostato della
caldaia, che non voleva sapere di scendere
sotto i 20 gradi. Le istruzioni sono chissà
dove, così sono stato costretto ad accendere
il PC e verificare dal file PDF qual è
l'equivalente caldaiesco di un bel cntl-alt-del.
Usciti, abbiamo trovato una bella nebbiolina
che ci ha preoccupato un poco, ma che
fortunatamente si è diradata non appena
usciti da Milano. Il tassista era un bel tipo
di suo, che ci ha raccontato di essere già
arrivato al terzo matrimonio, questa volta
con una donna di Santo Domingo. Siamo
arrivati quasi insieme al primo bus dalla
Centrale, il che ha fatto un po' pensare
Anna: forse si poteva prendere quello e
risparmiare una cinquantina di euro. Io ho
pensato che avremmo dovuto svegliarci
mezz'ora buona prima, e quindi non sono
affatto pentito.
Come entrambi immaginavamo, le due ore di
anticipo erano largamente in eccesso: non
dico arrivare alle 6:30, ma le 6 potevano
andare bene. Il peggio è che non c'è nemmeno
un vantaggio di alcun tipo ad arrivare presto: i posti nelle
tratte intercontinentali sono preassegnati, e
pur provando a pietire una fila all'altezza dell'uscita
di emergenza non ho trovato nulla. Siamo
rimasti così un'ora a far nulla, vedendo che i
monitor delle informazioni sui voli non erano ancora in funzione e
mostravano un bel monoscopio, e
scoprendo che anche i sistemi con Linux si
possono piantare in avvio.
Il volo fino a Francoforte non è stato
particolarmente interessante, salvo notare
che Lufthansa ha i tovagliolini sponsorizzati.
Il volo è arrivato un
po' in ritardo, così non abbiamo potuto vedere come è
cambiato lo scalo, a parte notare che ci sono
già le luci natalizie e che il passaggio
sotterraneo tra i due terminal è stato
abbellito con luci che cambiano man mano e un
nastro bucolico con uccellini
cinguettanti.
Io non avevo più volato negli USA dopo l'11
settembre, così non mi aspettavo quello che mi sono
trovato: una zona "modificata su richiesta
del governo nordamericano" con personale USA
che ci ha fatto un controllo completo. Io ho
dovuto anche togliere le mie scarpe, che
probabilmente sono troppo alte e potevano
nascondere chissà cosa nel tacco. I
passaporti sono stati guardati relativamente
poco, in compenso. Forse la lettura ottica
serve davvero a qualcosa. L'aereo è
naturalmente pieno, con una donna forse russa
e sicuramente non troppo in salute che occupa
il posto accanto ad Anna e anche qualcosa in
più. Il volo è poi partito con un'ora e un
quarto di ritardo "per problemi ai radar
aeroportuali": sarà, ma venti minuti dopo
l'orario previsto di partenza abbiamo ancora
visto gente salire, a dire il vero.
Confermo. La vicina di Anna è russa, come
abbiamo potuto vedere quando ci ha chiesto di
compilarle il Visa Waiver - che serve anche a
noi, anche se siamo in transito. Il guaio è
che la signora Ludmilla non parla una parola
di inglese né di tedesco, almeno immagino, e
il russo non fa parte del mio bagaglio
culturale. Io ho copiato un po' di dati dal
passaporto (ancora CCCP anche se è
nuovissimo. Misteri) e ne ho inventati altri
cercando di essere il più plausibile
possibile. Non so che le succederà
all'Immigration angelina. Tra l'altro il
modulo contiene sempre le solite domande,
tranne che ormai non si chiede più se sei
stato comunista.
La sosta a Los Angeles è stata una
tragedia. Sarebbe anche iniziata bene: non
c'era praticamente cosa all'Immigration, dove
ho potuto fieramente dire all'impiegato che
ni chiedeva se io e Anna eravamo insieme
"She's my wife!" e le valigie sono arrivate
praticamente subito. Peccato che ci siano poi
state sette ore a fare assolutamente
nulla, perché non valeva la pena di prendere
un taxi e andare da qualche parte, nè
l'aeroporto offre chissà cosa: anzi mi sono
stupito della sua povertà. Così ci siamo
spesi 35$ per mangiarci della robaccia, e
siamo stati lì in attesa che annunciassero il
nostro volo, con gli occhi che si chiudevano.
Non so affatto cosa sia successo alla
partenza, sono letteralmente crollato non
appena toccato il sedile.
Una volta svegliatomi, ho notato come l'aereo
sembrasse un po' raccogliticcio, impressione
rafforzata dalle toilette che non solo si
aprivano in maniera differente, ma avevano le
scitte in inglese e brasiliano. Spero abbiano fatto
meglio con le parti strutturali. Qui ci sono
più di dodici ore da riempire: sono stati
proiettati quattro film,
che non mi sono nemmeno messo a guardare.
Il vicino di posto, Jerry, ci ha detto che ha
una zia siciliana ed è stato un mese e mezzo
là, imparando a parlare in maniera
invidiabile. Che aggiungere? i moduli per
l'immigration sono più aggiornati di quelli americani, e chiedono
anche l'indirizzo email oltre che notizie
per fare attenzione alla SARS.