Il tempo non è affatto migliorato: anzi, continua a piovicchiare.
Decisamente l'estremo nord della Nuova Zelanda non ci ha voluto deliziare
con il massimo della sua ospitabilità. È così andata a finire che siamo
persino riusciti a partire davvero presto per i nostri standard: alle
9:45 siamo già in viaggio.
La prima sosta la facciamo quasi subito, però: ci fermiamo infatti a
Kawakawa per vedere di persona l'ultima opera che il famoso architetto
austriaco Hundertwasser ha creato prima di morire, e che era doverosamente
segnalata dalla Lonely Planet. Hundertwasser si era ritirato a vita
privata da queste parti - e chiamalo stupido - ma alla fine fu convinto a
fare questo progetto. Nomen omen, dicevano i latini, e il signor
"Cent'acqua" non fa certo eccezione. Infatti l'opera che ha creato per
la comunità locale sono... i cessi pubblici. Detto tra noi, queste toilet
saranno anche famose, sono sicuramente molto colorate e tridimensionali;
anche le soluzioni per così dire "pratiche" sono interessanti, ma non è
che siano chissà quale cosa. Non sono poi nemmeno così ben segnalate,
a dire il vero: prima di riuscire a trovarle, siamo passati in auto
su e giù un paio di volte per la strada principale, che ha tra l'altro
la caratteristica di avere in mezzo i binari del treno. Ramo secco chiuso
una quindicina di anni fa, va bene, ma io non mi fiderei troppo.
Già che ci eravamo fermati e che in quel momento non pioveva, abbiamo fatto
un giro per qualcosa che a prima vista assomigliava a un mercato delle pulci,
ma a un esame più attento sembrava piuttosto una garage sale fatta in comune.
Quello che ci ha colpito di più è stato vedere la popolazione, che è in
buona parte maori. Sapete, un conto è leggere che sono la parte più povera
della popolazione neozelandese, un altro conto è vederli così grassi - da
junk food - e generalmente malmessi. Non siamo riusciti a capire come sia
possibile questa disparità, visto che il paese non è certamente povero.
Ripreso il viaggio, è anche ricominciato a piovere, a tratti anche
davvero forte. Abbiamo provato a fare una deviazione per Waipu, che in fin
dei conti era anche più o meno nominato nelle guide: ma c'era così poco di
visibile e la pioggia continuava a cadere instancabile, tanto che
non ci siamo nemmeno fermati e abbiamo di nuovo ripreso la Highway 1.
Ma noi non ci lasciamo fermare da nulla, così decidiamo di fare un'altra
deviazione e prendere la statale 16, definita "scenografica". Può darsi.
Con quella pioggia non siamo riusciti nemmeno a vedere il panorama, che
possiamo dire? Fortunatamente il tempo è lentamente migliorato, e quando ci
siamo fermati a mangiare ad Helensville all'Upper Crust Cafe non pioveva
più, e pareva quasi possibile che rispuntasse il sole.
Anche se la visibilità era migliore, la segnaletica continua ad essere
quella tipica neozelandese, quindi con i segnali stradali al solito
inutili. Dopo Waitakere e un po' di giri vari, ci siamo trovati sulla
numero 18 che anche se di per sé ritorna un po' indietro almeno ci avrebbe
riportato sulla retta via; peccato che mi sono trovato nella direzione
opposta, cioè verso nord.
Mentre cercavamo la strada giusta, abbiamo visto tanti alberi di Natale in vendita. Giusto per spiegare bene la cosa, ricordo che qua Natale viene in estate. Nulla di strano, è la geografia. Però tutti si comportano come se in realtà fosse in pieno inverno: quindi le cartoline di auguri mostrano cime innevate, le luminarie - sì, ci sono anche quelle - sono con immagini da alta montagna, e gli alberi di Natale non sono le palme ma gli abeti, anche se tanto avere un sempreverde non è così necessario.
Insomma ce l'abbiamo fatta ad arrivare a Auckland; a questo punto è
sorta una discussione tra me e Anna se ci conveniva passare prima
nell'albergo a lasciare le nostre valigie, oppure andare alla Maui che
ovviamente sta vicino all'aeroporto e poi ritornare carichi. Ho vinto io,
così siamo usciti dall'autostrada e ci siamo infilati, stranamente senza
troppe difficoltà, per le vie del centro fino ad arrivare al nostro
albergo, dove abbiamo affastellato le valigie. Ripresa la macchina,
torniamo in autostrada ma ci fanno uscire quasi subito su una straduccia
che non aveva proprio l'aria di essere quella dell'aeroporto, tanto che mi
fermo a cercare di far quadrare le cose con la cartina.
Scopriamo che in effetti lo svincolo per l'aeroporto che mi era parso di
avere visto all'andata c'era, ma faceva un giro incredibile e quindi questa
era effettivamente la strada più breve per arrivarci. Forti di questa
certezza, ci accingiamo a fare benzina, visto che devo lasciare l'auto con
il pieno.
Ora non so se sono improvvisamente diventato un imbecille, ma mi sono trovato
con una pompa che continuava ad essere convinta che il mio serbatoio fosse
pieno, e quindi erogava davvero con il contagocce. Ho provato a chiedere ad
Anna di fare lei, ma il risultato sembrava essere lo stesso. Dopo qualche
minuto mi sono rotto, sono andato a pagare i quattordici dollari che ero
faticosamente riuscito a introdurre, chiedo al benzinaio se ne sapeva
qualcosa e lui "no, va tutto bene". La pompa del benzinaio vicino
all'aeroporto per fortuna funzionava meglio. Tra l'altro, sembra
incredibile ma sulla strada per l'aeroporto esiste una pista ciclabile! Io
ho sempre sognato di andare a prendere un aereo in bicicletta...
Arriviamo alla Maui, e rischio di fare un incidente: si vede che ormai
la tensione nervosa del guidare alla rovescia si era sciolta al pensiero di
lasciare l'auto, e ho girato a destra senza guardare. Fortuna che Anna mi
ha urlato di stare attento. Ah, siamo arrivati a fare 2740 chilometri in
dodici giorni. Niente male, vero?
Dopo una lunga attesa per consegnare le chiavi, ci facciamo chiamare un
taxi dall'aeroporto. Il tassista si direbbe un indiano: non parla molto,
ci porta all'albergo e ci fa pagare 25 dollari, la metà di quanto la guida
indicava come prezzo tipico per il percorso. A questo punto mi faccio
due conti e gli faccio "ma quanto prenderebbe per riportarci dopodomani
all'aeroporto?" Lui dice che se lo contattiamo direttamente ci fa lo stesso
prezzo, così mi faccio dare il suo biglietto da visita.
Il nostro albergo, come abbiamo detto, sta a downtown ed è anche
parecchio alto, tanto che la nostra stanza sta al dodicesimo piano.
"Stanza" è un termine parecchio riduttivo, però, considerando che a parte
il bagno c'è
un ingresso con cucinino, una sala e la camera vera e propria, e le
dimensioni sono ragguardevoli. Poi ci sono delle cose assolutamente
assurde, come avere due televisioni, una per stanza, ma un boiler locale
che contiene 90 litri d'acqua, cioè il sufficiente per 15 minuti di doccia.
Almeno così spiega il foglietto che si trova in bagno, che fa anche notare
come ci voglia più di mezz'ora per scaldare della nuova acqua. Mah.
Visto che ormai il tempo si era rimesso a posto, siamo andati a farci una
passeggiata verso il Victoria Market, che sta vicino al Victoria Park,
dimostrando così che i neozelandesi hanno una concezione molto ordinata
della loro vita: garantisco che il primo è un mercato e il secondo un
parco, non ti pigliano in giro. Il mercato è simpatico, ma nulla di più, e
anzi un po' ripetitivo con i negozi pieni delle solite mercanzie da
turisti.
Lì in zona c'è anche un supermercato della NewWorld, dove ci siamo presi un
po' di roba per cena. Confermo che non è assolutamente possibile comprarsi
una lattina di birra. O confezioni da 6 se va bene oppure 12, o tre
bottiglie. Forse nei Liquorstore c'è la possibilità di limitarsi un po' nel
bere, ma qui nei supermercati bisogna pensare IN GRANDE!. Eppure
l'alcolismo è una piaga nazionale, e anche qua come già a Paihia abbiamo
visto per strada i cartelli di coprifuoco alcolico: dal giovedì sera alla
domenica notte non solo non è possibile bere per strada, ma non si può
nemmeno avere una bottiglia in vista!