Sabato 6 dicembre

Ieri sera Anna ha avuto uno dei suoi tanti guizzi di genio chiedendo se la colazione era compresa. La tipa alla reception guarda il nostro voucher, e vedendo "honeymooners" ci dà un buono: Anna fa notare che stavamo due giorni e allora ci compila anche l'altro. Insomma, abbiamo la possibilità di sfruttare il buffet del Rockpool Restaurant, il che può sempre essere utile.
Siamo così passati a far colazione - "scesi" non è il termine giusto, siamo allo stesso piano - e abbiamo trovato una scena da "The Day After": una sala tutta apparecchiata, con il buffet relativamente pieno di roba, e nessuno. Nemmeno una persona all'ingresso per prendere i nostri buoni. Noi non ci siamo però fatti intimidire, e ci siamo tranquillamente seduti al tavolo che ci piaceva di più. Dopo qualche minuto è arrivata la cameriera, e alla fine ci sono persino stati degli altri clienti!

Il tempo non è certo dei migliori: è coperto e minaccia pioggia. Ma noi siamo sprezzanti del pericolo e optiamo per fare una crociera da mezza giornata. D'altra parte l'alternativa, oltre a non fare nulla, era andare a fare un giro organizzato sulla Ninety Mile Beach. A dire il vero, il nome è un po' esagerato: nella punta di Northland ci sono "solo" 110 chilometri di spiaggia che è possibile percorrere con la bassa marea. Ma non li si può percorrere con l'auto in noleggio. Infatti tutte le compagnie hanno una clausola per vietare quel percorso. Più che altro, temono che qualcuno faccia una manovra sbagliata e finisca nelle sabbie mobili. La cosa non dovrebbe capitare con i bus, non tanto perché "sono sempre in contatto radio tra loro" e "hanno mezzi appositamente preparati", quanto perché gli autisti sono più abituati, e comunque un bus è più potente. Ad ogni modo dovevamo fare una scelta, e sembrava più simpatico andare in barca.

La nave dove siamo saliti aveva un equipaggio tutto femminile, per la cronaca e la parità tra i sessi. La capitana si sentiva poi in dovere di spiegare tutto quello che dovevamo vedere nel nostro giro. In effetti le isolette della baia erano splendide anche con il tempo non dei migliori: i primi coloni inglesi non erano certo stupidi, così come non lo erano i maori che abitavano la zona.
La specialità della zona sembra essere il "buco con la roccia intorno": direi che non ci sono grandi flussi turistici da qui verso Capri, e quindi i turisti sono pronti ad arrivarci; se come oggi il mare non è troppo grosso, la nave ci passa sotto, poi ritorna in retromarcia, si ferma, si sposta per far vedere la formazione rocciosa da ogni possibile angolatura, con i bonus dei pesci che nuotano felici in acqua e i gabbiani che invece nidificano sulle rocce lì vicino... Il tutto naturalmente per un numero ben definito di minuti, visto che poi toccherà alla barca successiva. I vari boat operator si devono essere messi d'accordo per gli slot, manco fosse un aeroporto trafficato. Oserei dire che il tutto era leggermente esagerato.
Il giro turistico prevede anche un'ora di sosta a Urupukapuka, una delle isole più grandi della baia. In quel momento il cielo era miracolosamente sereno, o almeno il sole si faceva vedere. Abbiamo fatto una breve passeggiata per vedere l'oceano da un cocuzzolo. Dal sentiero si potevano vedere anche un certo numero di pecore, non esattamente felici che qualcuno andasse a disturbarle. Ah, i turisti tedeschi continuano ad essere in buon numero.

Invece che completare il giro, siamo scesi un quarto d'ora prima a Russell, il paesino dall'altra parte di Paihia che però si può raggiungere in auto solo facendosi una quarantina di chilometri su stradine sterrate, oppure una ventina di chilometri più un traghetto apposito che parte appunto a una decina di chilometri di distanza. Russell è famosa, si fa per dire, per essere stata la prima capitale della Nuova Zelanda, o se si preferisce il primo posto dove dei coloni britannici hanno detto "bene, qui comandiamo noi".
A parte un panino non memorabile mangiato allo York Street Cafe, abbiamo fatto una rapida camminata sul "centro storico" del paese, composto di posti per mangiare e posti per comprare souvenir: abbiamo poi proseguito la passeggiata salendo verso la Flag Hill. Il posto si chiama così perché gli inglesi ci mettevano la loro bandiera e i maori gliela segavano via. Questo per cinque volte, fino a che gli inglesi hanno deciso di lasciar perdere la bandiera e limitarsi a far fuori i maori. Niente di nuovo sotto il sole, anzi sotto la pioggerella che a tratti arrivava.
Per amor di completezza, noi avremmo voluto andare a vedere Long Beach. Ma ho sbagliato direzione, non essendo mai sato troppo bravo a leggere le mappe. Unica consolazione, il tempo non era esattamente quello adatto per prendere il sole.

Abbiamo quindi preso il ferry per Paihia: il servizio è molto frequente, con una corsa ogni venti minuti da una delle tre compagnie che si dividono da brave compagne il mercato. Barchette da poco, non crediate che siano degli yacht! Chissà cosa succederà adesso che un nuovo vettore vuole entrare in gioco, con una nave veloce che in dieci minuti farà il percorso.
Ripresa la macchina, siamo andati in auto alla volta di Kerikeri. A dire il vero, vista la solita carenza di indicazioni utili, abbiamo sbagliato strada e siamo finiti a Waitangi. Di per sé il posto è anche famoso, visto che qua venne firmato il primo trattato tra inglesi e maori; quello che adesso ha dato il nome all'omonimo Tribunale che verifica se negli anni successivi i maori siano stati fregati. Occhei, è chiaro che sì. Meno ovvio scoprire che effettivamente il Waitangi Tribunal stia dando loro ragione anche in pratica.

Tornati sulla strada giusta, siamo arrivati allo Stone Store, il più vecchio edificio in pietra della Nuova Zelanda, o almeno il più vecchio rimasto in piedi. Secondo le usanze tipiche neozelandesi, l'ingresso è a pagamento. Entrare costa 3.50$, poi al suo interno si possono acquistare copie di tutto quanto poteva esserci a metà '800, dal pennywhistle a pennini e calamai. È però istruttivo vedere come l'edificio è stato usato letteralmente per tutto: negozio, scuola anglicana, rifugio per senzatetto... Dopo questa botta di cultura, ci siamo fermati al Kauri Store dove ci siamo presi dei coltellini in legno. Spero sia davvero kauri, ma non saprei certo dirlo!

La chiesa anglicana di St. Paul a Paihia, tanto per cambiare, afferma di essere la prima della Nuova Zelanda. Indubbiamente è un bell'edificio in pietra, stile neogotico anglicano. Non è molto grande, ma ha all'interno un simpatico organo a canne. Ho chiesto informazioni all'organista, e lei mi ha raccontato che inizialmente era a mantice a pedali: una faticaccia. Qualche anno fa sono riusciti però a trasformarlo in elettrico. Da un certo punto di vista però la cosa mi dispiace, perché aveva persino i rulli di musica! Ho visto dei pianoforti a rullo, ma mai un organo... Ah, in un impeto di ecumenismo la chiesa viene prestata ai cattolici che non hanno un edificio a meno di venti chilometri di distanza... o a Russell.

Abbiamo cenato al Bistro 40, dove ho cercato di portarmi via uno schienale di sedia. Avete presente quelle stile regista, con un pezzo di tela che fa da schienale? Bene, appena uscito mi sento cadere qualcosa dietro, mi volto e vedo quel coso. Con aria piuttosto contrita rientro a metterlo a posto: per fortuna mi hanno detto che non sono il primo a fare di queste cose.

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