La giornata è iniziata prestissimo: alle quattro infatti Anna mi sveglia per farmi vedere il cielo stellato. La luna era tramontata, il cielo era sereno: la visuale era fantastica, anche se ovviamente non sapevamo riconoscere una costellazione una. Non che abbiamo grandi risultati anche qui nell'emisfero nord, occhei. La via Lattea era però splendente, e quella la riconosciamo.
Dopo essercene ritornati a dormire - confesso che la mia visione non era
al 100%, ogni tanto l'occhietto mi si chiudeva - abbiamo dato il via alla
mattinata con la solita colazione, stavolta con uova strapazzate al salmone.
Il mio stomaco non sopporta generalmente quella roba prima di pranzo, ma
devo avere avuto i ritmi un po' sballati.
Prima di partire, decidiamo di fare un salto da un orafo che dovrebbe
trovarsi a breve distanza, Oro Workshop. Peccato che non abbiamo pensato a
tenerci a mente il numero civico, visto che tanto sembrava fosse una
vietta. In effetti era breve, ma senza nessuna insegna. Arrivati in fondo
alla strada, vediamo un tipo che ci guarda un po' male, presumo perché
eravamo nel suo territorio. Gli chiedo se conosce il negozio, e lui fa "mai
sentito". Vabbé, risaliamo, e proviamo a entrare per una stradina laterale.
Era quella giusta: bastava sapere che il civico era l'8, e sarebbe stato
tutto più semplice. Ormai che eravamo lì, abbiamo anche comprato qualche
perla nera che verrà incastonata in un paio di orecchini per Anna.
Ritornati a prendere la macchina, abbiamo salutato Jim and Rosa, e
naturalmente il loro cane, che come immaginavo è ormai vecchiotto, ma a
detta di Rosa sogna ancora di cacciare i conigli. "Sogna" nel senso che si
dimena nel sonno come se fosse davvero a caccia. Io non so, ma posso
assicurare che alla frase "chasing rabbits" l'ho vista (è una lei) per la
prima volta vivacissima, e non in stile Droopy!
Il tratto da percorrere oggi si rivelerà il più lungo di tutto il nostro
viaggio: a sera avremo percorso ben 420 chilometri. L'inizio è stato
relativamente tranquillo: abbiamo attraversato il ponte sul Firth of
Thames, che con la bassa marea è piuttosto bruttino con un'acqua marrone
melmosa. Il ponte tra l'altro è a senso unico alternato con semaforo, data
la sua lunghezza non indifferente. In compenso, quando abbiamo deciso di
seguire il consiglio di Rosa e fare la strada panoramica, abbiamo visto un
bellissimo insieme di colori sull'acqua di questo estuario o insenatura che
dir si voglia. L'acqua da verde-marrone diventa verde acqua, celeste,
azzurra e verde smeraldo: non so come sia possibile tutta questa varietà in
quello che poi sarà un chilometro. In compenso, i fiumi continuano ad
essere marroni.
La strada sarà anche panoramica, ma come al solito è poco segnalata, se non
quando non serve a niente perché non ci sono bivi a vista d'occhio.
Ci siamo così riusciti a perdere dopo Clevedon: c'erano tante stradine,
ciascuna con i suoi bravi cartelli che indicavano tanti bei paesini.
Peccato che nessuno di essi appariva nelle nostre cartine a grana
grossolana, probabilmente perché coperte dalla grandezza di Auckland che è
da quelle parti. Insomma, cerco di mettere in funzione il mio senso
dell'orientamento, sfruttando i rari momenti in cui c'è il sole per
ricavare dov'è il nord. Provo anche a utilizzare il metodo Dirk Gently,
specificato dal buonanima di Douglas Adams: si segue qualcuno che sembra
sappia dove stia andando. Ci infiliamo in posti ancora più improbabili.
Alla fine riusciamo miracolosamente a trovare un cartello "Motorway", lo
seguiamo, e scopro che il mio senso dell'orientamento era perfettamente
sballato: ero convinto di dovere andare nella direzione opposta.
Attraversata Auckland sull'autostrada, decidiamo di fermarci per pranzo
a Warkworth, altra cittadina indicataci da Rosa. Non che ci fosse chissà
cosa: devo dire che il dolcino "afgano" (con cioccolato e mandorle, e la
pasta soffiata leggera) era davvero buono. Ripresa la strada, sono entrato
in crisi di mancanza di benzina dopo Waipu: ero convinto di trovare un
benzinaio sulla strada, ma non ve n'era traccia. Così ho preso una
deviazione perché c'era un cartello che indicava un benzinaio. Faccio tre
chilometri e lo trovo, ovviamente con prezzo maggiore del 5% rispetto a
quello che avevo visto ultimamente - si sa, il mercato... Faccio il pieno,
ritorno sulla strada principale perché non mi fidavo di proseguire; dopo
meno di un chilometro ecco il distributore che mi aspettava.
A questo punto ci siamo fermati a Whangarei per un tè, e abbiamo dato una
scorsa al giornale locale, scoprendo che il fattore UV era arrivato,
nonostante il tempo fosse coperto, a 11+, che significa "smettetela di
stare fuori di giorno, se ci tenete alla vostra pelle" nel senso di
melanomi. Non siamo mai stati sotto il 9, ma l'isola del nord sembra
peggiore di quella del sud da questo punto di vista.
Una digressione a proposito dei giornali. In Nuova Zelanda, leggere i
giornali sembra essere il secondo sport nazionale dopo il rugby. Ogni
cittadina ha il suo quotidiano, e ne va fiera: cose che in Italia suonano
assolutamente assurde. Ma se diamo un'occhiata più attenta, cosa scopriamo?
I giornali hanno in prima pagina notizie tipo "Un nostro concittadino
piange la morte di suo figlio, buttatosi sotto la metropolitana londinese
per salvare un passante che era caduto" oppure "X.Y. racconta la sua
avventura: ferita in casa propria" (con foto). Garantisco di averli visti.
Tutta la prima sezione comprende notizie locali e al più nazionali,
terminando con l'ultima pagina dedicata alle previsioni del tempo e appunto
alla quantità di ultravioletti nelle varie province.
Lasciamo perdere la terza sezione, dedicata agli annunci economici e di
vendita case, altra passione dei neozelandesi, e concentriamoci su quella
centrale, che ha generalmente per titolo "World". Ah, direte voi, ecco
finalmente il posto giusto! No. Tolte le pubblicità in fondo, restano in
genere quattro pagine: una per l'Australia, una per i reali inglesi, e le
altre due che cercano di mettere più o meno tutto il resto. Garantisco che
l'unico sistema per sapere cosa stava succedendo nel mondo era vedere i
titoli della CNN: siamo persino riusciti a scoprire che la Gasparri era
stata definitivamente votata dal Parlamento.
Tra lunghezza del percorso e le nostre numerose pause, siamo giunti a
Paihia - accento sulla seconda i - quando stava per chiudere il centro
informazioni. Così ci siamo fiondati direttamente là, solo per scoprire che
per avere informazioni sulle crociere bastava andare negli uffici
delle compagnie che li gestiscono, uffici che ovviamente hanno orari molto
più elastici. Ci facciamo così dare un po' di depliant da guardare con
calma per decidere che fare.
Il nostro albergo, il Beachcomber Hotel, è di nuovo uno di quelli fatti con
lo stampino. Bisogna dire che ha un letto king size, però. I signori
dell'albergo si premurano poi di farci sapere che bisogna lasciare le
finestre chiuse di notte, perché siamo in un clima subtropicale e dalla
spiaggia potrebbero entrare ragni e insetti. Obbediremo.
Tra i vari posti per mangiare, decidiamo di fermarci a un improbabile
Swiss Cafè and Grill, limitandoci a un banale piatto di fish&chips. In
effetti, il posto aveva un certo numero di turisti che parlavano in
tedesco: chissà, forse è una colonia crucca.