Martedì 2 dicembre

Scusate l'inizio molto personale. Stamattina ho pensato che il mio palmare, lo Zaurus dove scrivo tutti gli appunti di viaggio che dovrebbero alla fine diventare il mio diario, si fosse completamente scassato.
Ieri sera l'avevo attaccato per ricaricarsi alla presa del rasoio, come faccio in genere. È comoda perché è multistandard, e quindi non devo prendere un adattatore; ha un limitatore di tensione, ma tanto non devo caricare chissà quanto. Però ieri sera avevo visto che la presa non era così ben schermata, e infatti c'era stata una scintilla cui non avevo fatto molto caso. Peccato che stamattina lo accenda, e subito mi si spegne. Non riesco ad accenderlo nemmeno riconnettendolo alla presa.
Come sempre, io non avevo backup completi: prima di partire avevo salvato tutto, ma avevo solo copiato sulla schedina di memoria gli appunti dei primi giorni. Quindi non osavo fare un reset completo dei dati. Mi sono alla fine deciso per un reset parziale, che fa ribustrappare linux ma lascia la maggior parte dei dati a posto. Il reset è servito a far ripartire lo Zaurus attaccato alla presa, ma la batteria continuava a non funzionare. Meglio che nulla. Ho immaginato che si fosse semplicemente rovinata la batteria, che magari riuscivo a trovare anche qui.

Dopo questo inizio non beneaugurale, abbiamo guardato i vari percorsi indicati nel libretto e abbiamo deciso di fare una passeggiata al Blue Lake. Non che il lago sia così tanto blu, a dire il vero, se non nelle cartoline. Tra l'altro l'acqua è chiara, ma a riva arriva un po' di schiuma che non dà un bell'effetto. C'è un bel sentiero in compenso, che fa il giro di quasi tutto il lago. La prima metà è molto ampia, anche se non abbiamo provato a seguire la deviazione verso il Green Lake non sapendo quanto fosse lontano. Peccato, avremmo potuto verificare la differenza di colore. La seconda parte invece non è ben segnalata, anche se è difficile perdersi visto che si rimane tra il lago e la strada, che anzi bisogna percorrere per fare l'ultimo tratto del circuito.

Dopo la passeggiata, abbiamo ripreso l'auto per andare in giro nella zona di Rotorua. Il tempo era variabile, però più tendente al sereno. Per strada continuano ad esserci molti camion che portano tronchi (logging trucks) su e giù, senza una precisa direzione: almeno così ci sembra. Bisogna però dire che c'è una grande differenza con l'Italia: anche qui i camion vanno a velocità impossibili, almeno in pianura; però quando sono costretti ad andare più piano perché la strada è in salita e perdono di potenza loro si spostano sul ciglio della carreggiata e fanno passare gli automobilisti non appena trovano un minimo slargo.
Finalmente poi abbiamo visto i cartelloni indicanti un rischio di incendio "basso". Qui è pieno di legno, quindi gli incendi sono ritenuti a ragione un pericolo reale. In tutti gli alberghi c'è sempre un cartello ben visibile con le uscite di sicurezza: quando dico "ben visibile" intendo che è impossibile correre il rischio di non accorgersene, a differenza di qui da noi. Poi come ho scritto ci sono per strada una quantità incredibile di questi cartelloni, che hanno una scala di rischio da "basso" a "altamente probabile", con valori che per noi erano assurdi: dopo che era stato coperto con pioggia per due giorni, erano ancora a "medio-alto". Ero quasi convinto che ci fossero dei ragazzini che si divertivano a spostare le freccione, poi una volta che viaggiavo a velocità moderata mi sono accorto che non era il caso: le frecce sono bloccate con dei lucchetti mica male.

La nostra tappa successiva è stata alla Rainbow Forest. Il posto è chiamato così non perché sia una foresta, ma perché le rocce intorno sono tutte variopinte, a causa delle formazioni minerali che sono rimaste esposte per l'attività vulcanica. In fotografia non rendono molto bene, ma assicuro che il colpo d'occhio non è affatto male. C'è anche un altro Green Lake, che si vede dall'alto mentre si percorre il sentiero; questa volta non c'è dubbio sul colore.
Siamo quindi andati a vedere la zona geotermica di Waiotapu, con qualche dubbio mio visto che il biglietto di ingresso costa 18.50$ a testa. Anna mi ha poi convinto, e siamo entrati: tra l'altro questo è il primo posto che abbiamo trovato dove c'era un depliant - una fotocopia, non stiamo a sottilizzare - in italiano. Si vede che qua di turisti ne hanno davvero a pacchi: in effetti erano tutti a lavorare per rifare da capo il centro di accoglienza, quindi gli utili non devono essere male.

La riserva di Waiotapu è di 17 chilometri quadrati, anche se la parte visitabile è più ridotta, oltre che con una serie di percorsi obbligati: non si sa mai, può sempre cascarti la terra sotto i piedi. Non scherzo, ogni tanto si apre una nuova pozza. Nel percorso si possono vedere varie cose, partendo dalle bolle di fango per arrivare ai geyser - purtroppo non quando siamo passati noi - e alle pozze dei colori più sgargianti: l'acqua bollente che arriva dal fondo, oltre allo zolfo, porta infatti con sé manganese, antimonio e altri metalli pesanti che danno il loro caratteristico colore. La puzza invece è solo dovuta allo zolfo.
La cosa più straordinaria è che ci sono degli esseri viventi in questo ambiente. Passi per le piante, che comunque sono molto specializzate; ma non avrei mai creduto ci fossero anche degli uccelli, che trovano molto comodo il fatto di non dovere covare le uova, sfruttando il calore del terreno. Si spera solo che scelgano bene la posizione del nido, per non trovarsi pulcini alla coque.
Una menzione tra le varie buche va sicuramente alla "pozza di champagne". In questo caso l'acqua arriva da una profondità di 2000 metri e alla temperatura di 200 gradi, anche se alla superficie è solo a 70 gradi. Le bollicine sono proprio di acido carbonico, anche se non è consigliabile provare a bere l'acqua!

Noi non abbiamo nemmeno pensato di andare a vedere il vicino "vero villaggio maori" di Whakarewarewa. Non ci pareva il caso. Siamo quindi rientrati nella nostra stanza, e dopo l'esperienza culinaria di ieri ce ne siamo andati a cenare da Herbs, che si vanta di essere il più vecchio ristorante con licenza di alcolici della zona: più di quarant'anni di esistenza... Ad ogni modo la carne era ottima.

Ah, nel pomeriggio lo Zaurus è ripartito. Può darsi che il problema fosse banalmente dovuto a un po' d'acqua che non so bene come era arrivata nel vano batteria. Beh, lasciarlo sul lavandino ha aiutato, ma mica l'avevo messo sotto l'acqua corrente! Ad ogni buon conto, un sano backup degli appunti di viaggio non me l'ha tolto nessuno.

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