Come ho scritto ieri, l'albergo era indubbiamente bellissimo, ma
purtroppo era anche piuttosto rumoroso.
Tralasciamo il fatto che ho contribuito al rumore complessivo, avendo
acceso - al minimo! - il termosifone elettrico:
quando partiva, anche se non avevo fatto mettere in moto i
ventilatori, faceva un bel rumore. Aggiungiamo
invece che Anna è probabilmente allergica a
qualche pianta locale: è qualche giorno che
tossisce e stanotte non è riuscita a addormentarsi
se non molto tardi. Insomma, la sveglia è stata
lenta e tarda.
Scesi alla reception alle 9:40, abbiamo scoperto
che ormai l'orario della colazione era terminato:
non è stata una grande fregatura, visto che tanto l'avremmo dovuta pagare a
parte come sempre qua.
A questo punto abbiamo fatto il checkout e
ci siamo diretti al centro della metropoli, dove ci
siamo fatti un sano succo-e-toast. Tra l'altro,
oltre al burro danno anche una confezioncina
di "vegemite": Anna dice che dopo averla
provata in Australia pensa di avere fatto
abbastanza, io non oso nemmeno annusarla.
Sarà che oggi è lunedì e la gente non è in
giro per il finesettimana, sarà che siamo
lontani da Wellington, ma le auto in giro sono
di nuovo pochissime. In compenso, ci sono
molti animali morti sulla strada, che evidentemente
hanno attraversato nel momento sbagliato. Dovrebbero essere degli opossum,
se non andiamo errati.
Avendo un po' più di tempo per osservare i
cartelli stradali, ho notato come quelli che indicano le velocità
consigliate in curva terminano sempre con un
"5". Sarà per farle distinguere dai limiti
obbligatori? Ci sono cose strane qui in Nuova Zelanda: ad esempio, lo
sapevate che è vietato parcheggiare sul lato della strada opposto a quello
di circolazione, insomma il loro equivalente del nostro parcheggiare a
sinistra? Se un vigile vi vede la macchina in sosta così, prende e vi dà la
multa.
L'idea originale per la giornata era di fare qualche
passeggiata all'interno del parco del
Tongariro. Questo parco nazionale è nato per un'idea (una visione?)
di Horonuku Te HeuHeu Tukino, capo della tribù maori che viveva in
quella zona alla fine del secolo diciannovesimo.
Costui aveva visto come i coloni europei dividevano la
terra in lotti, cosa che non riusciva nemmeno a comprendere troppo:
per i maori infatti il terreno era una proprietà di tutti.
Quei luoghi poi erano anche sacri, e quindi voleva conservarli intatti
per quanto possibile. È vero che il possesso
della terra era tecnicamente maori, ma per il
trattato allora in vigore il governo inglese poteva
espropriarlo senza dare troppe ragioni, e semplicemente dando un po' di
soldi. Il capo pensò bene allora di
regalarlo direttamente alla regina e
a tutto il popolo neozelandese, salvaguardandone
così l'unità. Il nucleo iniziale divenne appunto un parco nazionale, il
primo della Nuova Zelanda; oggi è anche Patrimonio dell'Umanità sia per la
sua importanza naturale che per quella culturale.
Eravamo però davvero stanchi, così abbiamo cambiato
al volo programma. Ci siamo fermati un attimo
al centro informazioni di Whakapapa, dove
ci sono tra l'altro informazioni sulle specie in
pericolo e sui predatori d'importazione, come
opossum ed ermellini introdotti per le pellicce e
poi diventati endemici; siamo quindi tornati
indietro, limitandoci a fare due giretti veloci alle Tawhai
Falls, cascatelle simpatiche ma nulla più, e ai Moulds, collinette di terra
dalle origini più svariate tutte più o meno fumosamente spiegate nei
cartelli onnipresenti.
Proseguendo il nostro viaggio in direzione di Turangi, abbiamo
sostato per mangiarci i nostri panini a
Opataka, che secondo le indicazioni sul posto
e la nostra guida dovrebbe essere un posto storico
con due antichi insediamenti maori. Noi non li
abbiamo trovati. D'altra parte, per vedere i pa maori ti consigliano di
usare lenti polarizzate e magari passare verso l'infrarosso, dato che tutto
quello che rimane è una parte di terreno impercettibilmente diversa dalle
altre parti di terreno tutt'intorno: e la differenza non sta nel minor
numero di cacche di pecora. In compenso, il lago Rotoaira
era molto carino, con dei cigni neri che ogni
tanto facevano prove di partenza in volo
dall'acqua.
Suggeriamo a chi fa quella strada
di fermarsi anche qualche chilometro dopo allo
"Scenic Lookout" locale, per ammirare il lago
Taupo con il fiume Tongariro e tutta la valle intorno, compresa di una
collinetta non meglio identificata a forma di pan di zucchero.
A proposito della città di Taupo, mi pregio
segnalare il "SuperLoo": una toilette (a
pagamento, cosa già strana qui in Nuova Zelanda) che si fregia al
suo interno di una
targa che rende noto al visitatore che ha vinto il primo
premio per l'igiene, nell'anno 2000. No, non so
perché non l'abbia più rivinto, né se si sia ancora tenuto il concorso.
Anna comunque ha apprezzato le facilities.
Per le attrattive per così dire più turistiche
della cittadina, noi non abbiamo fatto né
paracadutismo acrobatico nè bungee jumping,
che qui è anche presente nella versione "finisci il salto con un bel tuffo in
acqua". Siamo invece andati a vedere le Huka
Falls, che sono uno spettacolo carino ma a
dire il vero sembrano più che altro delle rapide,
e i "crateri della luna".
Questi ultimi sono un insieme di fumarole e pozze di fango bollente.
Essi hanno una storia strana. L'attività
geotermica di questa zona sembra essere
iniziata circa 10000 anni fa. Ma quando negli
anni '50 venne costruita una centrale geotermica,
come ovvio il livello generale dell'acqua si abbassò, e la zona della
Waikarei Valley perse quasi tutte le sue pozze,
tanto che da Geyser Valley dovette essere
chiamata Thermal Valley; ah, i nomi. In compenso
i Craters of the Moon iniziarono a fiorire, e si
stanno ancora ampliando.
Finalmente abbiamo proseguito verso
Rotorua, dove ci siamo fatti quindici minuti di
coda al centro informazioni per comprarci la cartina con tutti i sentieri
della zona, solo per scoprire che non si
comprava là, ma all'ufficio nell'altra porta. Mi sono un po' arrabbiato.
Rotorua è proprio al centro di questa zona geotermica:
in molti punti della cittadina si sente distintamente l'odore
di zolfo, tanto che alcuni motel si peritano di
assicurare che da loro questo non capita. Ma
tutta la vita locale è legata intimamente al calore
della terra: c'è infatti Geyser Television, una
emittente locale che fa pubblicità ai vari posti
che si trovano in zona, e il riscaldamento è spesso fornito usando
direttamente il calore terrestre, o almeno capita così al
Ledwich Lodge, il nostro albergo.
Sfruttando l'esistenza di una cucina, abbiamo
cenato in stanza; ma vista la parata, abbiamo evitato cibi da cuocere con
l'acqua e ci siamo
limitati a una serie di surgelati tra cui le "penne
Alfredo", che il mio stomaco non ha particolarmente
apprezzato nonostante il nome fosse una
garanzia (e ci fosse scritto che erano state
cotte al dente...)