La notte è stata un po' meglio di quella precedente, ma nemmeno troppo. Tutte le volte che ci muovevamo c'erano rumorosissimi cigolii della testata del letto - e non pensate male, che vi conosco... - e inoltre c'era un'autoclave che continuava a girare. Sul primo punto credo che la causa del tutto sia il letto che in questi giorni si è spostato, mentre per l'autoclave sembra che i nostri dirimpettai siano rimasti senz'acqua, almeno a quanto danno le notizie raccolte da Anna e Marina mentre andavano a comprare focaccia e yogurt per la colazione.
Qui occorre aprire una parentesi. Mentre come ho scritto in precedenza qui a Marettimo il concetto di pannello solare è sconosciuto, quello di cisterna d'acqua no. Ogni casa ha la sua bella cisterna sul tetto; non so se l'isola abbia sorgenti sufficienti di suo oppure l'acquedotto sia anche alimentato da navi cisterna, ma resta il fatto che tutti pompano acqua quando c'è, in modo da essere sufficientemente garantiti nei periodi di secca... tranne per i nostri vicini, a quanto pare.
L'altra notizia raccolta dalle fanciulle è che mentre i sub faranno le loro immersioni, gli altri avranno il loro giro in barca nonostante il mare mosso. A questo punto c'è stato un consiglio di famiglia allargata che alla fine ha optato per una separazione temporanea: loro se ne sarebbero andate in barca, mentre io avrei dato corso alla mia vocazione montanara e avrei provato a raggiungere la cima del Pizzo Falcone, che con i suoi 689 metri svetta sull'isola. Lasciatele al loro destino, sono ancora rimasto a poltrire un po' in casa, mentre sentivo le urla della signora Maria e di suo marito Gino che cercavano di capire che cosa stesse effettivamente succedendo con l'acqua, e finalmente alle 11:05 mi sono messo in marcia.
Occhei, ho leggermente esagerato con la mia "vocazione montanara". La mia è una vocazione cittadina. Me ne sono subito accorto con la fatica che ho fatto per tornare a Case Romane, nonostante la strada lastricata e lo zaino assolutamente leggero. Preso un po' di fiato - era già passata ben mezz'ora da quando ero partito... - avevo la scelta tra due sentieri: quello interno, durata prevista un'ora e cinque minuti, e quello esterno, cinque minuti in più. Ho pensato che il sentiero più lungo sarebbe stato più tranquillo, e l'ho imboccato. Ho sbagliato. Il sentiero è molto "scenic", come direbbe un inglese, girando per buona parte a mezza costa; però è molto pietroso, secondo me si rischia anche di scivolare soprattutto in discesa, e soprattutto non è adatto per chi soffre di vertigini: non è proprio a strapiombo, ma il pendio è bello scosceso. Peggio ancora quando ha preso a salire sul serio, anche perché il pizzo era lì a svettare: mi fermavo ogni dieci metri a prendere fiato, e stavo meditando se valesse proprio la pena di salire fin lassù.
Il cartello del bivio che mi avrebbe riportato verso l'altro sentiero mi ha rinfrancato un po', e soprattutto il sentiero era molto migliorato e la cima non sembrava poi così in alto; sono così arrivato a un punto di sella, dove finalmente sono riuscito a vedere il lato opposto dell'isola e soprattutto il cartello per la cima. Lì non c'è più un sentiero, ma si sale sulla roccia. Di per sé per seguire il percorso giusto ci sarebbero stati i tumuletti di pietre; ma probabilmente chi ha fatto il tutto ha pensato alla capacità discernitoria media dell'italico turista e ha dipinto sulle rocce una serie di freccione rosse che nemmeno uno svincolo dell'autostrada.
Sono così arrivato in cima anche più in fretta di quanto pensassi, visto che da Case Romane ci ho messo un'ora e un quarto e in tutto un'ora e tre quarti: certo che l'altro Paolo me l'aveva venduta stamattina come camminata da un'ora e mezzo, ma non posso dirmi troppo dispiaciuto delle mie capacità. L'unica fregatura, oltre al vento gelido soprattutto sulla mia maglietta madida, è stato il tempo: era nuvolo, e soprattutto c'era parecchia foschia soprattutto sul mare, che mi ha impedito di prendere delle belle foto. Dopo una decina di minuti ho ripreso la strada in discesa, stavolta dall'altro sentiero. A parte due ragazzotti che ho incontrato quasi in cima, anche a scendere non c'era nessuno, e soprattutto i tempi sono stati più brevi: in un'ora e un quarto ero giù a casa, così stanco da non avere nemmeno voglia di pranzare, il che per me è assolutamente incredibile.
Dopo un po' di riposo, non lo si può nemmeno chiamare pennica visto che non mi sono nemmeno addormentato del tutto, ho sollevato le mie stanche membra e me ne sono andato al porto, giusto in tempo per recuperare Anna e Marina che alle 16:30 venivano sbarcate. Un rapido giro per prendere qualche provvista e poi nulla di particolare (leggasi: ho avuto il tempo per scrivere questo diario di bordo) fino al tardo pomeriggio.
Sono poi andato a messa, la quale messa era in suffragio della marettimese d'adozione che era morta nell'incidente del traghetto di qualche giorno fa; tra l'altro, ho anche scoperto che era stata calpestata dall calca, il che dev'essere qualcosa di orribile. La funzione non si è celebrata in chiesa, ma all'aperto, in un ampio spiazzo davanti all'asilo; personalmente vedere una croce appesa a un albero con delle corde mi ha fatto un certo qual effetto, ma forse sono fantasie mie. Lo spiazzo era pieno di gente, c'era un coretto di bambini e soprattutto ho visto per la prima volta in vita mia le Autorità presentarsi in divisa e prendere il loro posto in prima fila. Occhei, siamo a Marettimo e bisogna accontentarsi di quel che che c'è: le Autorità consistevano in un finanziere e tre tipi della Marina Militare. C'era anche Gasparri, dire con moglie e figlia, quest'ultima nel coro: stavo già per dargli qualche punto in più considerando che se ne è rimasto tranquillo in disparte, anche se non esattamente partecipe, ma me li ha persi tutti quando ha tirato fuori il telefonino durante la comunione.
Terminata la mesa, sono passato a salutare l'ottimo mio collega Franco Pampado appena sbarcato per la sua settimana da sub e che se ne stava a prendere l'aperitivo al nostro bar usuale. Per la serie "corsi e ricorsi storici" la cameriera è riuscita a versare addosso a qualcuno del suo gruppo gli aperitivi esattamente come l'aveva fatto col nostro gruppo il primo giorno... si direbbe quasi che sia un rito di iniziazione. Poi me ne sono tornato sulla nostra splendida terrazza dove c'era un aperitivo fai-da-te col nostro gruppetto. Non so come, ma a differenza di quanto capita di solito il cibo era scarso (commento: "ma ero convinta di avere comprato una quantità enorme di formaggio!") mentre il vino era abbondante...
La cena, oltre ai soliti antipasti, una pasta al pesto siciliano, e dei tranci di spada, comprendeva anche dei cannoli che però non ho nemmeno toccato: non per chissà quale fioretto o perché non mi piacessero, ma perché non avevo più fame. Tra l'altro, una delle traverse vicino alla casa di Ignazio era stata semplicemente bloccata perché stavano facendo una festa per l'inaugurazione di una casa, e avevano pensato bene di mettere i tavoli in mezzo alla strada: uno dei grandi vantaggi nel non avere traffico automobilistico. L'unico vero mistero è come facesse la roba a non scivolare, visto che la strada, e quindi i tavoli, erano in pendenza.
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