È il momento della partenza da Hvar. Come sempre, io mi sono svegliato un'ora in anticipo, non riuscendo più a prendere sonno per bene. Ci siamo comunque preparati con calma, e scesi in città portati da Zivko, che abbiamo calorosamente salutato. Il catamarano è arrivato regolarmente, ci siamo fatti spazio tra il gruppone di turisti organizzati che doveva prendere quello successivo, e abbiamo iniziato il percorso verso Spalato. L'unica cosa degna di nota è che qui continuiamo a vedere cose di seconda mano: delle sedie del teatro ho gia parlato, mentre i bus scassati erano tedeschi - non so se est o ovest, ma le scritte erano indubbiamente ostrogote. Il nostro catamarano aveva invece avuto una prima vita in Svezia, almeno a giudicare dalle scritte di sicurezza che si vedevano in giro.
L'impatto con Spalato non è stato dei migliori. Decidiamo di fare colazione sul lungomare, e si dimenticano di portarci i croissant, dopo che avevamo accuratamente cercato un bar che li avesse nel menu - un hamburger alle 9 del mattino non è il massimo. Arrivati poi all'ufficio informazioni pubblico, scopriamo che loro non fanno servizio prenotazione, e dobbiamo tornare all'altro ufficio, quello privato. Lì ci dicono che non si fanno prenotazioni e bisogna pagare in anticipo, e fin qua nulla di male. Ci offrono poi una camera con bagno in comune, che noi rifiutiamo, e solo alla fine spunta una stanza in una casa che così ad occhio è a un chilometro dal porto. D'altra parte non abbiamo molta scelta, quindi abbiamo accettato. O meglio, scelta ce ne sarebbe: è pieno di gente che ti ferma per strada e ti offre una "soba, camera, room, zimmer, quarto"; il massimo è il vecchietto fuori dall'ufficio informazioni... Un'altra differenza con Hvar sta nella quantità di mendicanti, anche bambini, che ti vengono a chiedere monete. In questi giorni mi era capitato di vedere solo un invalido per strada, qui in venti minuti ne sono passati tre.
Ci incamminiamo verso il molo alla ricerca della Katarina Line, che gestirà la nostra crociera. Troviamo una tipa che ci dà il nome della barca - ammetto che non l'avevo chiesto - ci dice che è più avanti, e di parlare con la sua collega lì davanti. Altro pezzetto do molo, trovata la signorina Andrijana con la n che dice "ma la mia collega non vi ha detto nulla?" Era successo che ieri c'era stato un incidente nell'attracco, e la nostra barca era stata danneggiata. Nulla che pregiudicasse la sicurezza, si affretta ad aggiungere la tipa; molto banalmente, la ringhiera esterna era stata piegata e divelta nello scontro con un'altra nave sempre della Katarina. Non dubitiamo che non ci fossero problemi di galleggiamento: però, considerando che l'altra barca era molto più bassa, l'unico modo in cui posso immaginare essere avvenuto l'incidente vede la nostra barca inclinarsi, agganciare l'altra, e quindi risollevarsi. Il tutto non dà grosse garanzie nei riguardi del capitano. A questo punto il pranzo è confermato per le 13, ma la partenza subirà un ritardo, anche perché in questo momento il capitano è in capitaneria a discutere sull'accaduto.
Avendo un paio d'ore di tempo, siamo andati a vederci la città storica. Il cosiddetto Palazzo di Diocleziano è una specie di concetto teorico. L'imperatore, che era nato da queste parti, si era infatti fatto costruire questo palazzo di circa 200 metri per lato che però aveva all'interno anche la guarnigione militare, qualche tempio e via discorrendo; una specie di Milano 2 dell'anno 300. Tre secoli dopo, quando sono arrivate le invasioni barbariche, la popolazione della vicina Salona si rifugiò dentro il palazzo che ormai era disabitato, e cominciò a riutilizzare e costruire qua e là, tutto dentro le mura del palazzo originale. Quando proprio non c'è stato più spazio, hanno costurito a fianco del lato ovest, avendo così Stari Grad e Novi Grad, città vecchia e nuova rispettivamente. Adesso c'è un coacervo di case casette una sopra l'altra, vicoli chiusi, stili diversi riunificati solamente dalla pietra calcarea bianca che si vede che qui trovavano a poco. Anna trova la città magica, io mi sento claustrofobo. Visto che la giornata era piuttosto calda, abbiamo pensato di fare una visita nei sotterranei del palazzo (8 kune). Sono enormi. Molto più alti e ampi ad esempio della parte di Domus Aurea che si può visitare, e il pensioero che siano rimasti più o meno intatti per diciassette secoli esatti ha quasi dell'incredibile. Mettere in un'ala dei sotterranei un'esposizione d'arte contemporanea è stato un tocco curioso... Altra curiosità è il "biglietto" d'ingresso, che in pratica è una cartolina che si può tranquillamente spedire. In fin dei conti, è un modo di farsi pubblicità, no?
Prima di tornare alla nave per il pranzo ci siamo presi da bere a un bar in una delle piazze nella città nuova, dove abbiamo notato come il cameriere abbia deciso autonomamente di arrotondare il conto da 19 a 20 kune: ha preso la mia banconota da 100, me ne ha date quattro da venti dietro, ha salutato ed è scappato via. Niente male, vero? Siamo poi passati da San Domenico, dove il fondatore dell'ordine era dipinto in tutte le salse, addirittura come quadro all'interno di un quadro, e dal mercato, dove ho visto che i prezzi di frutta e verdura erano quasi la metà che a Hvar.
Dopo il pranzo, Andrijana comincia a dare un po' di spiegazioni varie. Innanzitutto non si partirà fino alle 17 perché prima devono fare un po' di riparazioni al parapetto; a questo punto, visto che comunque è tardi, si farà il giro alla rovescia rispetto a quanto indicato, e stasera ci fermeremo in una baietta nell'isola di Šolta. Fino a qua nulla di troppo preoccupante, anche se comunque vuol dire perdersi mezza giornata di crociera: ce lo avessero detto subito, avremmo anche potuto decidere si saltare pranzo e andare a vedere Salona. Ma le sorprese proseguono: le bevande, compresa l'acqua, si devono pagare a parte e soprattutto non si possono portare in barca; dulcis in fundo, occorre pagare anche la tassa di soggiorno. Questo ci ha fatto incazzare anzichenò, non tanto per il costo - in due per una settimana sono 14 euro - quanto perché il nostro voucher indicava esplicitamente che era già stata pagata. Anna ha iniziato una discussione di quelle che lei fa molto meglio di me, ma la tipa è stata irremovibile: "È un problema vostro con Adriatica.net". Le cose di principio, come noto, sono le più difficili da digerire. Purtroppo sembra che Adriatica.net non abbia uffici locali, ma la cosa non mi smonta e provo a telefonare alla sede di Zagabria anche se con poche speranza, essendo sabato pomeriggio. Sulle prime penso di essere fortunato, perché sento un risponditore automatico che dice - in italiano! - che tutti gli operatori sono occupati. Peccato che poi mi sia sorbito cinque minuti di musichetta senza più alcuna voce, reale o registrata. Si direbbe che non sono nemmeno in grado di cambiare messaggio quando gli uffici sono chiusi, oppure che hanno un numero telefonico con autoricarica. Torneremo all'attacco lunedì, e ad ogni modo sto già studiando una campagna di pubblicità negativa se come penso ci diranno picche.
Avendo relativamente poco tempo a disposizione, decidiamo di passarlo visitando qualche monumento all'interno del palazzo di Diocleziano. Iniziamo con la cattedrale, dedicata a san Domno. Fuori c'è una tipa che fa notare come la chiesa sia chiusa fino alle 17: però con il modico pagamento di 5 kune possiamo andare a vedere il tesoro della cattedrale. E da dove si entra per vedere il tesoro? Ma è chiaro, dalla chiesa! Una soluzione davvero creativa per conciliare la difficoltà di chiedere un pagamento per l'ingresso in una chiesa con la volontà di farsi comunque dei soldi. La chiesa è in un certo senso strana, perché io non associavo la pianta ottagonale all'idea di un tempio romano quale essa era originariamente, né capisco come mai i cristiani abbiano poi lasciato il volto di Diocleziano in un fregio alla base della cupola. Anna, per una volta più cinica di me, ha congetturato che così gli veniva da schiattare tutte le volte che dicevano messa; piu facile che non l'avessero riconosciuto come tale. Il tesoro, tra l'altro, non è poi degno di nota, a meno che uno non apprezzi le teche con le ossa dei santi martiri, oppure i libri in pergamena datati dal 600 al 1200. Per simmetria, siamo anche andati a vedere il tempio di Giove - sempre 5 kune a testa. Qui l'unica cosa realmente interessante all'interno mi è sembrato essere la vasca battesimale, vale a dire il core business dopo l'arrivo dei cristiani che avevano convertito il tempio in un battisterio. Le grandi lastre di pietra erano tenute assieme in maniera un po' approssimativa con dei giunti di ferro: ci chiediamo se l'abbiano rimesso così a uso dei turisti, oppure se in origine era stuccato o qualcosa di simile per evitare che l'acqua defluisse per tutto il pavimento.
Rientrati sulla nave, naturalmente ci sono ancora i fabbri a lavorare e all'ora indicata non ci si muove: abbiamo dovuto aspettare fino alle 18. Intanto abbiamo visto gli altri partecipanti: una coppia di francesi, una di svizzeri, un gruppetto strano (tre australiani e una neozelandese con fidanzato croato), e altri due croati. Ci sono due altre coppie di italiani, Mimmo e Katia da Molfetta con qualche anno più di noi e Nicola e Michela che sono invece vicentini e con qualche anno in meno. Ma più o meno siamo tutti lì.
Se pensavamo che i nostri guai fossero finiti, ci sbagliavamo di grosso. Già mentre aspettavamo in barca il cielo si era rannuvolato; una mezz'oretta dopo la partenza il vento era diventato molto forte, e si vedeva che stavamo infilandoci proprio dentro il temporale. Il guaio è che dopo un po' anche il mare ha iniziato a diventare grosso, oltre ad avere gli scrosci di pioggia che ci bagnavano tutti nonostante le coperture ai fianchi: io sono una persona relativamente debole di stomaco, e alla fine ho vomitato la pesca che mi ero incautamente mangiato alla partenza, senza aspettarmi tutto questo subbuglio. Per fortuna è stata solo un cosa locale: una volta sgravatomi, ero di nuovo perfettamente in forma. Sempre meglio della fanciulla neozelandese, che alle prime avvisaglie di mare mosso si è messa il salvagente e non l'ha tolto se non una volta attraccati!
Dopo un'ora di sbatacchiamenti siamo ala fine arrivati nell'isoletta di Šolta, che non è poi così lontana da Spalato. Il paesino per la precisione si chiama Stomorska, sta su una baia relativamente tranquilla ma anche piccina, tanto che non ci siamo attraccati sul molo ma di fianco a un'altra barca. Anna mi spiega che questa modalità si chiama "ormeggio all'inglese": magari, azzardo io, perché il capitano della prima nave deve fare il gentleman e concedere il passaggio sopra la propria barca ai poveretti dell'altra che devono sbarcare. Siamo così andati a mangiare a un ristorante che si chiama Turanj, senza i vicentini perché a quanto pare Nicola è stato peggio di me. È vero che rispetto alla cena di ieri ci siamo limitati, e abbiamo preso carne e non pesce; però mi ha fatto piuttosto specie vedere che in quattro abbiamo speso meno della metà del conto di Milna in due. Mi sa tanto che qui siano un po' meno turistici che nell'assolata Hvar.
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