Siamo dei volpini. Ci avevano detto "presentatevi due ore in anticipo", noi siamo arrivati anche un po' prima, mentre bastava leggere il foglio e scoprire che in realtà bastava un'ora e mezzo. Insomma, abbiamo un'ora di nulladafarismo in questo terminal 2 che è il vecchio Malpensa, e assomiglia quindi a Linate. Al momento siamo alla caccia di riviste enigmistiche, anche se lascerò stare l'altra enigmistica, ancorché "stampata su raffinata carta da scrittura".
E' proprio vero: i charter sono una cosa completamente diversa rispetto ai voli normali. Dopo che ci hanno dato i biglietti, abbiamo tentato di andare al check-in, che era ai banchi 18 e 19. Peccato che non si capisse assolutamente come fosse formata la coda, che aveva delle volute assolutamente surreali. Dopo un po' di non-movimento, Anna scopre che la coda al banco 19 era molto più corta, e quindi ci spostiamo là. Io con occhio di falco vedo poi che al banco 20, nominalmente chiuso, c'era ancora una tipa che faceva accettazioni, e con il mio sguardo più ingenuo sono riuscito a passare (per ultimo) e a farci dare i posti sull'ala che sono notoriamente più comodi per le mie gambe.
Il volo è stato quello che ci si può aspettare con tutta quella gente che non è abituata a prendere un aereo: operazioni di imbarco che non finivano più, gente che si alza ad ogni momento, e l'applauso all'atterraggio.
Occhei, sono un perfetto idiota. Non solo avevo lasciato il portafoglio al check-in, e fortunatamente me l'avevano trovato al bancone: ma arrivati ad Heraklion scopro di avere lasciato la patente a Milano. Stamattina avevo tolto un po' di tessere che non mi servivano, e non ho notato che ce n'era anche una rosa... Questo significa che Anna si dovrà sciroppare due settimane di guida: come si può immaginare, non ne è affatto felice, anche perché l'Opel Corsa che ci hanno dato non ha servosterzo.
Il viaggio insomma non è iniziato bene. Già avevamo aspettato più di mezz'ora prima che i bagagli iniziassero ad arrivare sul nastro, e uscire da Heraklion non è stato facilissimo. Ma il peggio doveva ancora venire.
La strada era abbastanza buona, salvo il passaggio nei paesini: ad Agia Varvàra ci siamo trovati nel bel mezzo di un matrimonio, il che significava tutto il paese allegramente in mezzo alla strada senza fretta. In effetti, non sembra che i cretesi abbiano fretta... a meno che non stiano guidando, nel qual caso sono assolutamente assatanati. I guai sono iniziati ad Agia Deka, quando si faceva buio e soprattutto non c'erano indicazioni. Ogni tanto ci fermavamo a chiedere informazioni, con risultati non sempre utili; mi chiedo ancora però come abbia fatto un tipo cui avevo chiesto la strada in inglese a salutarmi con "arrivederci". A un certo punto, ed eravamo già nel cuore della notte, abbiamo fatto cinque o sei chilometri per una stradina prima di decidere che non era quella giusta: beh, fosse stato di giorno e con un fuoristrada sarebbe andata bene...
Alla fine siamo riusciti a passare le montagne ed arrivare a questo villaggio. I Levin Apartments li abbiamo trovati subito, ma non c'era nessuno ad attenderci. Io ero già completamente nel pallone, quando un vicino di casa crucco ci ha detto che il nostro studio doveva essere il numero 1, che in effetti aveva la chiave fuori... Siamo entrati, senza capire come far partire l'aria condizionata, ma importava poco. Lo "studio" è una stanza con kitchenette, un letto a una piazza e mezzo e uno a piazza singola che ci fa da deposito, e un bagnetto.