Il venerdì era il giorno che avevamo dedicato alla gita "Discover Sal", così ci siamo svegliati prima del solito, in una giornata di nuovo con cielo coperto, e ci siamo radunati per la partenza. Noi siamo saliti su un camion che aveva dietro una dozzina di posti; c'era anche un altro pulmino più o meno simile e infine cinque jeep piuttosto nuove - a differenza degli altri due mezzi - dove si sono raggruppati gli altri.
La nostra guida si chiamava "Pasquale". Beh, presumo fosse Pascual e infatti l'ho sempre chiamato così, ma lui ci aveva tenuto a presentarsi con il nome italianizzato. La prima tappa è stata a Igrejnha, spiaggia dalla parte opposta di Santa Maria dove teoricamente le tartarughe arrivano a deporre le uova. In pratica non ho bene capito il motivo della sosta, se non che non c'era nessuno e così Pascual ha potuto darci una serie di notizie su Capo Verde che probabilmente si è imparato dal Manuale della Brava Guida Turistica; quando ho provato a fargli qualche domanda, le risposte si potevano in genere tradurre come "non ho capito cosa hai detto, ti rispondo comunque di sì per farti contento". D'altronde il mio portoghese è inesistente... Ah, no, c'è anche un altro motivo della sosta: avevamo con noi la fotografa ufficiale del villaggio che poi alla modica cifra di sette euro vende agli interessati gli scatti fatti.
Mentre il sole iniziava a splendere, ci siamo poi avviati verso Palmeira, e intanto siamo venuti a sapere che ieri sera durante lo spettacolo hanno rubato in tre stanze, nemmeno troppo lontane dalla nostra. In effetti mentre rientravamo in stanza abbiamo visto nell'altra ala un capannello di persone che stavano a parlare davanti a una porta, ma avevamo deciso che non erano fatti nostri ed eravamo entrati. La cosa in effetti non sarebbe stata molto piacevole se fosse capitata a noi: il mio palmare è sempre rimasto in stanza, spesso in bella vista perché in carica.
Non è che Palmeira sia chissà cosa, anche se c'è il porto commerciale dell'isola. La fermata è consistita praticamente in una "sosta pentole". Presente quelle gite a poco prezzo che pubblicizzavano una decina di anni fa, e che servivano appunto per portarti in un negozio dove cercavano di venderti un set completo di pentole? Ecco, il concetto è lo stesso. L'unica differenza è che qui il commercio è di oggetti di antiquariato nemmeno troppo locale, anche se indubbiamente africano. In compenso, i prezzi sono indubbiamente minori che a Santa Maria. Ah, non eravamo i soli in gita turistica isolana. C'era anche un altro gruppone, che avremo ancora incrociato in seguito, che sembrava tanto una gita lavorativa fantozziana: tutti con un'identica maglietta azzurra con scritto sul petto quello che immagino sia il nome della loro società, qualcosa tipo Desinery.
A Palmeira ci sono anche i depositi di carburante dell'isola, uno della Shell e uno della locale Enacol, e l'unica centrale elettrica, che incredibilmente è a gasolio. Sembra impossibile, ma con tutto il sole e il deserto che c'è non si è pensato a mettere pannelli solari o creare centrali eoliche. A Santa Maria abbiamo visto un solo albergo con i suoi bei pannelli, oltre a qualche casa ad Espargos; quanto alle pale eoliche, vicino a Palmeira ce n'è una solitaria, dopo che della sua sorella rimane solamente il fusto. Mah.
Abbiamo poi seguito per quelli che saranno stati venti minuti una pista che ci ha portati fino a Buracona; la nostra percezione del tempo si è però dilatata enormemente, tra i sobbalzi nonostante si viaggiasse a passo d'uomo e la polvere che si insinuava ovunque. Buracona consiste in una specie di fiordo dove dovrebbe esserci una piscina naturale: secondo Pascual, la settimana scorsa la gente ci ha fatto il bagno. Oggi non era proprio il caso: le onde si infrangevano sopra le rocce con una violenza tale da fare spruzzi fino a dieci metri di altezza. L'altra attrattiva del posto consiste in una "grotta naturale", dove si può appunto vedere l'acqua di mare. Solo che questa grotta non dev'essere così facile da notare, immagino: altrimenti non mi spiego perché hanno dovuto scriverglielo sopra. Unici esseri viventi, oltre alle orde di turisti, un gatto che non ho ben capito come fosse arrivato e ovviamente un venditore di oggetti di artigianato che aveva steso la sua mercanzia a terra e prometteva di farci "i saldi" sulla sua mercanzia.
Usciti da Buracona, abbiamo continuato a viaggiare su piste più o meno segnate e sicuramente non troppo piane. A furia di sollecitazioni, a un certo punto una delle barre di metallo del telaio, nella parte posteriore del cassone, si è dissaldata e ha iniziato a sbatacchiare che era un piacere, giusto per aggiungere ancora un po' di rumore a quello della nostra carovana. La zona percorsa era quella di Terra Boa, vale a dire "terra buona"; sarà. Magari nella stagione delle piogge - sì, piove anche a Sal, tra agosto e novembre; possono persino esserci sette giorni di pioggia in un mese - effettivamente si riuscirà a coltivare granturco. Ma al momento non pareva proprio il caso. Eppure abbiamo visto in lontananza persino delle mucche al pascolo (pascolo?). Per completezza occorre aggiungere che abbiamo visto, meno in lontananza, una mucca stecchita, proprio come nei film western. C'è stata una pausa in the middle of nowhere per farci vedere i miraggi, come se l'asfalto italiano agostano non ce ne avesse mai dato l'occasione, e un passaggio attraverso la zona nordo di Espargos, tra le favelas e il liceo scientifico che almeno visto dall'esterno deve essere giustamente vanto degli isolani.
L'ultima tappa prima del pranzo è stata la salina di Pedra de Lume. Essa è situata dentro il cratere di un vulcano spento, e tra l'altro si trova sette metri sotto il livello del mare. Fino all'indipendenza di Capo Verde è stata utilizzata per l'esporrtazione del sale, e si vede ancora la teleferica che serviva a portare via il sale per la successiva raffinazione. Adesso c'è solo una piccola produzione domestica, e la salina è più che altro un'attrazione turistica, dove ti puoi fare il bagno in un'acqua ventisei volte più salata che quella di mare, e ti poi puoi fare una doccia davvero rapida dietro pagamento dell'euro che a quanto pare è lo standard da queste parti. L'aspetto della salina, che ti si para davanti una volta passati attraverso un piccolo tunnel, è ad ogni modo davvero fantastico.
È seguito un lungo (nel senso che siamo stati fermi quasi due ore) pranzo a Pedra de Lume, paese formato praticamente dalle saline e da questo ristorante "Ca' da mosto". Che poi, io sono sicuro che il cognome del navigatore Alvise da cui il ristorante prende il nome l'avevo sempre letto tutto attaccato, "Cadamosto"; ma in effetti l'etimologia qui mostrataci potrebbe anche essere quella giusta. A questo punto, siamo ritornati ad Espargos fermandoci prima davanti a un negozietto di souvenir che secondo me ha stretto un patto con le guide. Mentre stavamo per incamminarci verso il "mercatino locale", l'altro pulmino non riesce a mettersi in moto. Dopo una serie di tentativi a vuoto, la decisione delle guide è stata di fare salire tutti negli altri mezzi, per iniziare a fare le poche centinaia di metri verso il mercato.
Lo spettacolo che ci siamo trovati è stato davvero deprimente. Il mercato lo si poteva definire locale solo definendo tale una distanza di almeno cinquecento chilometri, fino al Senegal. Infatti tutti i banchi vendevano gli stessi manufatti di artigianato, e tutti i venditori erano senegalesi. Questo non è casuale: tutti i venditori ambulanti nell'isola, a partire dal Carlos e dal tipo che si faceva chiamare "Picasso" di cui abbiamo fatto controvoglia conoscenza fin da domenica, arrivano di là. La cosa torna anche con lo stile "niente fretta" dei capoverdiani: avessimo deciso di entrare in un negozietto locale, una Mercearia, avremmo sì trovato cose di tutti i giorni, ma sicuramente non saremo stati assaliti dal negoziante.
Anna e io dopo un rapidissimo giro abbiamo deciso che il mercato non faceva per noi; visto che fuori di esso la situazione era ancora peggiore, dato che c'era una sfilza di ambulanti ancora più pressanti, siamo risaliti sul camion, che in fin dei conti era arieggiato e ci faceva ombra. Subito dopo è salito anche l'autista, facendoci cenno che lui sarebbe andatovia col camion: noi abbiamo risposto di fare pure, tanto di stare là non ci interessava, e siamo così finiti a fare benzina, trovandoci anche l'altro pulmino, che forse era rimasto senza benzina ma sicuramente faceva un rumore che non era affatto bello. Siamo ad ogni modo riusciti a partire tutti insieme per Punta Preta che però noi avevamo già visto, e a tornare finalmente al villaggio, anche se con una nemmeno così inimmaginabile mancanza di logica siamo passati davanti al Criuola senza fermarci, abbiamo proseguito per il Djadsal dove abbiamo scaricato gli altri, e infine siamo tornati indietro.
La serata è passata tranquilla, senza la visione dello spettacolo di varietà; gli unici momenti interessanti sono stati un blackout che ha lasciato per qualche minuto il villaggio e non solo al buio, e la scelta di una foto da farci stampare, dopo aver deciso che una foto nostra insieme è un evento così raro che può effettivamente valere sette euro.
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