monotono
In una delle millanta interviste da lui rilasciate – diciamocelo: il suo presenzialismo ha fatto impallidire quello berlusconiano – il presidente del Consiglio Mario Monti ha cercato di spiegare agli italiani che il posto di lavoro fisso se lo devono scordare, e per addolcire la pillola ha commentato che “che monotonia, un posto fisso per tutta la vita!” La parola scelta, e soprattutto il suo corrispondente aggettivo monovocalico monotono, hanno una storia non lunghissima ma comunque con qualche simpatico guizzo.
Innanzitutto la parola “monotono” deriva dal latino monotonum, che però il De Mauro segnala come tardo latino, il che mi sa significhi che se lo sono inventati gli umanisti, prendendo due pezzetti di parole greche: monos-, che come certo sapete significa “solo, unico” e -tonos, che significa… “tono”. Quello che probabilmente non sapevate neppure voi, a meno che non abbiate fatto il classico, è che -tonos deriva dal verbo greco corrispondente al nostro “tendere”. Dopo averlo letto mi sono detto che era naturale: in fin dei conti la teoria musicale greca nasce tendendo corde di varia lunghezza e spessore, no?
La prima occorrenza della parola, per la precisione di “monotonia”, nella lingua italiana è in effetti musicale: nel 1647 il musicologo Giovanni Battista Doni nel suo De praestantia musicae veteris parla di «uniformità di molte sillabe proferite sotto l'istesso tuono, detta da' Greci monotonia». Pensateci un attimo: chi ha ascoltato le millanta interviste di cui sopra sicuramente assocerà la monotonia alla sua voce, più che al posto fisso… (Nota musicale: Doni è stato quello che ha cambiato il nome della prima nota musicale, perché a suo parere l'“ut” di Guido D'Arezzo era scomodo da pronunciare. Essendo una personcina modesta, scelse la prima sillaba del suo cognome…) Se invece vogliamo trovare la parola monotono bisogna aspettare fino al 1803, con il volume (postumo) del Dizionario universale critico ed enciclopedico della lingua italiana compilato dal lessicografo ligure Francesco Alberti di Villanova, anche se è chiaro che un dizionario riporta qualcosa che è già usato e quindi la parola è un po' più antica. Quello che forse è meno chiaro, e che il dizionario biografico Treccani ben riporta, è che l'Alberti, a differenza della Crusca che le snobbava, «registrava con molto scrupolo le voci attinenti alle scienze, arti e mestieri». Ecco forse come la parola è poi riuscita a passare dal lessico tecnico-musicale a quello di tutti i giorni.
Ma non starei parlando di questa parola se non ci fosse anche un significato matematico: e in effetti nel 1932 si registra la prima occorrenza della frase “funzione monotona”, che non ha un posto fisso ma semplicemente continua ad andare nella stessa direzione. Più precisamente y=f(x) è una funzione monotona non decrescente se al crescere di x la y cresce anch'essa, o perlomeno resta costante: si sa che i matematici sono molto pignoli. Similmente una funzione monotona non crescente è quella per cui al crescere di x la y diminuisce in valore, o almeno resta costante.
C'è solo un problemuccio: la parola usata normalmente è sdrucciola, “monòtono”, perché in latino era così; la parola matematica è invece piana, “monotòno”, probabilmente perché arriva dall'inglese o dal tedesco. Non sbagliate accento!
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