integrale
In analisi matematica, anzi più correttamente nel calcolo infinitesimale, si parla di derivata e integrale. La derivata non dà nessun problema di etimologia: è una funzione “derivata” da quella originale. Però, per uno di quei casi che possono capitare nelle scienze, l'antiderivata non si chiama antiderivata ma integrale, cosa che in parte rispecchia il fatto che i matematici si sono accorti solo dopo un po' che le operazioni di derivazione e integrazione, a prima vista così diverse, sono l'una l'inverso dell'altra. Ma cosa c'entra l'operazione matematica dal simbolo ∫ con la farina integrale, o se per questo con l'edizione integrale delle opere di un autore?
Inutile rimarcare che la prima accezione a essere usata nella lingua italiana è quella di tutti i giorni: intorno al 1350 la parola “integrale” entra nel nostro lessico, con il significato di “intero, totale”. Non che il termine latino integralis sia così antico: la prima sua attestazione risale infatti al VI secolo, in un commento a Cicerone. Mi chiedo chi avesse ancora voglia di commentare Cicerone in quel secolo di invasioni… Naturalmente integer, integri è invece già presente nel latino classico, e - colpo di scena! - ha la stessa radice di tangente. In pratica significa “che non viene toccato”, immagino nel senso che non viene diviso in frazioni o chissà cos'altro. Gli inglesi continuano a dire “integral numbers” per “numeri interi”, e così di quando in quando capita che qualche casa editrice pubblichi libri in cui si parla di “numeri integrali”, suscitando probabilmente ammirazione tra gli innumerati che si chiederanno chissà mai quale arcano concetto è sotteso.
Il passaggio di “integralis” all'operazione nel calcolo infinitesimale è merito di Jakob Bernoulli, che usò il termine nel 1690. Immagino che, più che il significato di “intero”, lui ci vedesse quello di “totale”; in fin dei conti l'integrale definito è proprio l'area totale racchiusa da una parte della funzione di partenza. Ci volle mezzo secolo prima di vedere la parola in italiano: nel 1742 Luigi Guido Grandi e nel 1748 Maria Gaetana Agnesi parlarono di “calcolo integrale” (quindi usandolo come aggettivo) e nel 1754 Jacopo Riccati lo usò come sostantivo. Da allora in poi i due significati se ne sono stati ben alla larga uno dall'altro!