Parlare di moda e di matematica non sembra chissà quale grande idea, a meno che ci sia una frase negativa tipo “la matematica non è certo di moda”. Al più qualcuno potrebbe riesumare i favolosi anni Sessanta, e ricordarsi che nella moda di allora c'è stato un periodo di Op-art, che in fin dei conti usava le figure geometriche nel disegnare i motivi dei vestiti. Ma i matematici sono molto più bravi a rubare le parole per i loro scopi…
Innanzitutto uno scoop: “moda” è una parola transessuale! La sua origine è infatti la parola latina maschile modus, -i, che come tutti sapete significa… “misura”, come da proverbio “est modus in rebus” che non significa “c'è un modo per risolvere un rebus” ma “c'è una misura corretta per tutte le cose”. Chi vuole fare le cose in grande può seguire lo Schwartzman e scoprire che la radice indoeuropea è med-, il cui significato è appunto “prendere le misure appropriate”, e che ci ha anche dato le parole attuali rimedio (le misure appropriate per curare qualcuno) e moderno (aggiornato in modo appropriato). Ah, non preoccupatevi: tra i vari significati di modus c'è anche quello di “modo, maniera”.
Alla fine del XIV secolo, racconta il DELI, in Francia si comincia a dire “à la mode lombarde / de Caen / du pays”; come vedete, la parola è diventata femminile, e il significato è appunto “alla maniera dei lombardi”. Ma presto si elimina il contesto, e i francesi dicono semplicemente “à la mode”. Il termine entra in italiano nel 1648, col significato di “foggia corrente del vestire o dell'acconciarsi”, e subito prende anche il significato esteso di “usanza o costume”. Da qua la parola resta nei secoli fedele al suo significato, anche se naturalmente il concetto di “moda” è quanto di più aleatorio si possa immaginare.
In matematica, di per sé, di tutte queste cose non importava nulla. Però c'era qualcosa di cui si aveva bisogno, e cioè definire meglio il concetto di media. Come raccontavo sul Post, non è così facile parlare di media: i matematici avevano già formalizzato il concetto di media (la media aritmetica che si insegna a scuola) e mediana (il valore che divide i dati, lasciando da una parte la metà con un valore inferiore e dall'altra la metà col valore superiore), ma mancava ancora un concetto per definire il valore più frequente. Nel 1895 lo statistico inglese Karl Pearson – ma che dico statistico: il fondatore della statistica matematica! – scrisse un articolo intitolato Contributions to the Mathematical Theory of Evolution. II. Skew Variation in Homogeneous Material nel quale in una noticina affermò con un tipico stile inglese «I have found it convenient to use the term mode for the abscissa corresponding to the ordinate of maximum frequency. Thus the “mean,” the “mode,” and the “median” have all distinct characters important to the statistician.» La parola è stata poi portata in italiano come “moda”, appunto.
Resta il dubbio del perché Pearson abbia scelto quel termine. La mia sensazione è che abbia appositamente preso una parola che iniziasse con la lettera m, e che abbia scelto il termine importato dal francese (il Merriam-Webster indica “mode” come sinonimo di “fashion”, anche se tra gli ultimi significati del lemma: diciamo che viene usato solo da chi vuole fare il fighetto) proprio perché la massima frequenza è il valore più alla moda in una distribuzione. Mettiamola così: se non è vero è ben inventato, e sicuramente serve ad aiutare a ricordarsi il nome!
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