lunedì 6 agosto 2007

La sveglia alle 6:15 non è esattamente una delle cose che preferisco. Fortunatamente, il mal di testa che avevo avuto ieri mi era passato, e da come ho sudato credo di avere buttato fuori un bel po' di roba. Fatto un simulacro di colazione e chiuso casa, siamo partiti assolutamente secondo la tabella di marcia, e ci siamo presi il bus per Malpensa, mentre Marina - che come sempre è molto più mattiniera e soprattutto partiva da Novara - iniziava a mandarci messaggi contrastanti sul punto di incontro.

Arrivati all'aeroporto, ci siamo immediatamente scontrati con l'italica capacità di incasinare le cose. La coda al check in era abbastanza lunga, ma noi non c'eravamo preoccupati più di tanto: c'eravamo infatti fatti il web checkin da casa e quindi l'unica operazione rimasta era il posare le valigie al Fast Drop. Ecco: il guaio è credere che significato della parola "fast" sia lo stesso in italiano, e non un'abbreviazione di "fàmolo strano". Il tempo medio per riuscire a far passare una persona è stato tre minuti e mezzo, con due operatrici che si grattavano la testa perché non sapevano assolutamente che fare. Se si aggiunge che a fianco dello sportello c'erano le macchinette per il self checkin, e un'altra signorina Alitalia spiegava ad alcuni riottosi passeggeri come usarla - a dire il vero, la situazione mi ricordava quella del boy scout che costringeva la povera vecchietta ad attraversare la strada - vi lascio immaginare come la situazione stesse diventando preoccupante, nonostante fossimo arivati con congruo anticipo. Anche la signorina Alitalia se ne dev'essere accorta, perché a un certo punto è sparita lasciando le tre macchinette tre desolantemente vuote. Però a questo punto l'equilibrio cosmico ha fatto naturalmente sì che le operazioni di carico delle valigie si accelerassero improvvisamente; persino il passaggio al metal detector è stato rapido, anche se le mie Birkenstock non sono state apprezzate... ma la guardia ha deciso di graziarmi comunque. D'altra parte, le misure di sicurezza sono state tali che nessuno ha guardato la mia carta d'identità quando mi sono imbarcato, diciamocela tutta.

Il volo è stato tranquillo, a parte un'attesa di venti minuti da quando hanno chiuso le porte con l'aereo che si spostava qua e là senza sapere dove andare; l'atterraggio è stato perfetto, quasi da applauso. Beh, qualcuno ha in effetti applaudito, ma si sa che in questi voli sale gente di tutti i tipi; ad esempio c'era una tizia che avrei dovuto fotografare per inviarla alle Malvestite che si è fatta il segno della croce per lo scampato pericolo. Anche le valigie sono arrivate subito, e siamo così usciti a trovare il tassista Giuseppe che carico come una Duracell ha continuato a parlare per tutto il viaggio fino a Trapani. Dopo avere scoperto che il traghetto partiva dopo un'ora, ma soprattutto che quello del ritorno sarebbe partito alle 6:30 (zzzz...) abbiamo raggiunto il gruppetto degli amici di Marina, lasciato loro le nostre valigie in ostaggio - il che è stato un po' cattivo, perché quella di Paolo non era arrivata - e ci siamo fatti un rapido pranzo "da Angelino", come consigliatoci dal logorroico Giuseppe.

Il viaggio in aliscafo non è stato il massimo: non solo ballava abbastanza, ma mi sono sentito poco bene e temevo di vomitare l'anima. La situazione non è migliorata di molto dopo lo sbarco, anche perché a quanto pare si sono persi le stanze del nostro gruppetto di otto persone (e valigie per sette...). Per la precisione, continuavano ad essere convinti che noi fossimo in sette: un problema, visto che eravamo in tre coppie più due singoli, quindi le camere necessarie erano cinque. Alla fine siamo riusciti a trovare una sistemazione più o meno simile a quella richiesta: Anna, io e Marina siamo finiti in un'appartamento appena costruito con una matrimoniale e una camera singola. Abbiamo un bagno e non due come da prenotazione, ma in compenso c'è un frigorifero che non era compreso (nel costo della settimana sono compresi pranzi e cene, ma le colazioni sono a parte). Peccato che non funzioni: si accendono tutte le luci, si sente anche un gorgoglio, ma non si raffredda per nulla.

Dopo lunghe e vane lotte per convincere il frigo a fare il suo mestiere, siamo usciti a fare il giro del paese - non ci vuole molto - e a prenderci una granita. A un certo punto Anna mi fa "ma hai visto Gasparri?" Beh, se non era lui era uno che ci assomiglia molto e parlava quasi uguale. La parte più divertente è stata quando ha radunato una quindicina di bambini e fatto una specie di comizio, probabilmente partendo dal fatto che gli elettori è meglio coltivarseli da giovani. Rientrati abbiamo ancora trovato un altro problemino di gioventù: la tapparella in camera di Marina non scendeva. Dopo qualche tentativo, abbiamo chiamato la signora Maria che è la padrona di casa, che è arrivata con suo marito; entrambi hanno iniziato a cercare di smuoverla, con imprecazioni varie in siciliano stretto, mentre noi uscivamo.

Ci siamo alfine ritrovati per la cena in una terrazza probabilmente al di fuori di ogni ufficialità, soprattutto per la scala a chiocciola che porta fin lassù. D'altra parte si è mangiato abbastanza bene, il che porta bene per i prossimi giorni: avevamo pomodorini freschi con melanzane fritte, pasta ai frutti di mare e della ricciola. Anche il rientro in casa è stato meno avventuroso del previsto, considerando che mancava ancora la luce nella scala interna che portava al primo piano dove appunto si trova l'appartamento, e che la scala è stretta e senza mancorrente. Fortunatamente, però, bastava la luce esterna per vederci abbastanza e rientrare senza rovinare giù dalle scale. La tapparella era a posto, anche se pezzetti vari di intonaco per terra ci hanno fatto capire che non era stata una lotta facile.


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