venerdì 18 agosto

Dopo alcuni giorni in cui bastava dormire un attimo di più e la pioggia lasciava spazio al sole, la pacchia è finita. Alla partenza per Heidelberg ci troviamo sotto la pioggia per tutto il percorso, il che effettivamente non è che renda il tragitto così piacevole. Né è piacevole l'arrivo alle informazioni turistiche della città. Heidelberg si presenterà anche come "la città con il cuore", ma mi chiedo se effettivamente il cuore sia la parte del corpo corretta per referenziare gli heidelberghiani. All'ufficio informazioni turistiche troviamo una tipa che dice "sì, posso cercarvi un albergo, ma c'è una tassa sopra", al che noi diciamo che ci va bene. Gli chiediamo se può trovarci un posto anche nei dintorni della città, visto che tanto siamo in auto e non è un problema spostarsi: niente da fare, o Heidelberg o nulla. La tipa fa quindi una rapida ricerca e dice "c'è solo l'Hotel Central (che a dispetto del nome è in periferia, visto che è a due passi da quell'ufficio informazioni), e ha solo due stanze libere. Prendere o lasciare?" Inutile dire che abbiamo preso: visto il favoloso clima in città, il pensiero di doverci muovere alla ricerca di un'albergo in giro per la zona non era esattamente in cima ai nostri pensieri. Riprendiamo l'auto, e con la cartina che ci è stata miracolosamente fornita gratuitamente con la prenotazione delle camere - altrimenti ci sarebbe costata un euro... - riusciamo ad arrivare all'albergo, passando in mezzo a una serie di cantieri per il prolungamento delle nuove linee tranviarie della città. La tipa alla reception è subito stata da noi soprannominata SS, vista la sua dolcezza intrinseca. Che voglia un numero di carta di credito per sicurezza non è un problema, ma sentirsi dire quando ad esempio abbiamo provato a chiedere se potevamo avere il conto separato "no, questa è una tariffa speciale ed è così bassa - si fa per dire, commento io - perché è stata fatta un'unica prenotazione" cominci a capire molte cose del tedesco tipo.

La zona dell'albergo, essendo ancora quella della stazione, non aveva parcheggi ma strisce blu. L'albergo aveva un parcheggio interno, immagino a pagamento, ma era pieno; dopo avere scaricato i bagagli abbiamo così iniziato a fare una serie di giri, impazzendo per i sensi unici e i lavori di cui sopra, fino a che abbiamo trovato una piazza dove si poteva parcheggiare, a qualche centinaio di metri dall'albergo e vicino alla chiesa di san Bonifacio. Intanto era tornato il sole, ma giusto perché si era alzato un fastidioso vento che rendeva il miglioramento meteorologico non così eccezionale. Arrivati sulla Hauptstrasse, ho notato come fosse esattamente identica a come me la ricordavo quando - ormai più di dieci anni fa... - andavo per i meeting Eurescom; incasinata, con pacchi di giapponesi e tantissimi italiani, visto che anche questa è una delle mete favorite dei nostri tour operator ufficiali e faidate.

Ad ogni modo, ci siamo fatti il giro canonico, con passaggio dalla cattedrale dove ho scoperto che fino al secolo scorso l'edificio era usato da cattolici e da protestanti, e per evitare scontri ci avevano semplicemente costruito un muro in mezzo; Marina ha poi voluto verificare tutti i venditori di souvenir intorno alla cattedrale per verificare i magneti da frigorifero che vendevano e capire se qualcuno era meno kitsch degli altri; abbiamo pranzato in uno dei locali sulla piazza, da Veri Turisti ™ e ci siamo fatti la scarpinata di rito per salire al castello, che naturalmente è la quintessenza del romanticismo, non foss'altro che perché è tutto mezzo scassato. A parte che mi sono perso un attimo perché siamo saliti dalla parte opposta a quella cui ero abituato, e quindi non mi ci ritrovavo, ci siamo accorti che avremmo potuto mangiare tranquillamente in uno dei locali ivi presenti - ma qui la colpa è stata mia, che come al solito alle 14 ho espresso il mio fermo intendimento a non muovermi se non fossi stato sfamato :-) All'interno del castello siamo invece andati a vedere il museo della farmacia, che è piuttosto simpatico, oltre ad avere una quantità enorme di pannelli in tedesco e inglese con le spiegazioni sulla storia delle farmacie (tedesche), il che come al solito ha solleticato il mio lato di tuttologo. Ma direi che anche le mie socie hanno apprezzato, visto che alla fine del giro si sono comprate un magnetino!

Rientrati in città, abbiamo scoperto che era tardi per un romantico giro in barca sul Neckar con la barca normale, e non è che il giro con la barca "solare", ad emissioni zero o giù di lì, ci ispirasse troppo, anche per il suo costo non certo banale. Così siamo tornati a farci un frappè sulla Hauptstrasse, con la doppia fregatura che non è che facesse così caldo (in effetti io mi sono preso una bella cioccolata con panna) e qualche ape che gironzolava intorno ai frappè infastidendoci non poco. A un certo punto una è persino affogata nel fondino che era rimasto... anzi no, dopo un po' l'abbiamo vista riprendersi anche se a fatica. Ah, la narcodipendenza entomologica! Ma anche la stupidaggine umana non è da meno. Dopo che Marina aveva finalmente scelto i suoi magneti heidelberghiani, abbiamo scoperto che sulla Hauptstrasse c'era un negozietto "tutto a un euro". Con la scusa di prendere delle pile AAA per il suo portachiavi-torcia, Marina ed io abbiamo iniziato a girare il negozio in lungo e in largo per vedere quali dei "mai più senza" potevamo portarci a casa, sotto lo sguardo non troppo felice di Anna. Alla fine io mi sono solo comprato qualche pila salina (quelle che non si trovano più negli ipermercati italiani, e a volte sono meglio delle alcaline) e una confezione di dieci matite di quelle fatte a incastro, che quando la punta è finita si toglie il pezzo in cima, lo si mette in fondo, et voila. Lo confesso, un ricordo della mia infanzia... è bello tornare bambini ogni tanto.

Per la cena, abbiamo deciso di fermarci nella zona dove avevamo lasciato l'auto durante il giorno, che ci sembrava abbastanza tranquilla e carina. Siamo andati così al Crocodile, che era anche un posto abbastanza simpatico ma con un cuoco che non sapeva per nulla cuocere la carne, almeno a detta di Anna. Io, che al proposito seguo la scuola di Sam Vimes, ovviamente non mi sono accorto di nulla. Divertente, invece, la scoperta finale. Anna era rimasta senza sigarette, chiede se c'è un qualche distributore in giro, e le viene detto "ce n'è uno qua, vicino ai bagni". Sì, è un classico trito e ritrito, ma non è quello il punto. Le Marlboro Light del distributore costano 4 euro invece che 3.80, e questo potrebbe sembrare una normale applicazione di un markup data la difficoltà di procurarsi altrimenti la droga necessaria. E invece no! I pacchetti dei distributori automatici non hanno 17 sigarette ma 18, e quindi il costo unitario di una sigaretta è persino leggermente minore. L'unica ragione che mi viene in mente per una simile differenza, a parte voli pindarici tipo "così si capisce dove il minorenne si è procurato il pacchetto" (occhei che siamo in Germania, ma non esageriamo...), è che così da un lato è più facile avere i soldi giusti per un distributore automatico, e dall'altro si cerca di ridurre la dipendenza dal fumo con il famoso metodo "usiamo un piatto più piccolo, e ci sembrerà di avere mangiato di più".


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