Ieri sera ci eravamo abituati troppo bene, mi sa tanto. Stamattina infatti ci siamo di nuovo svegliati con una pioggia tosta. Le previsioni del Die Welt, che mi guardo all'albergo la mattina, sono peggiorate rispetto a ieri: sembra che continueremo ad avere tempo variabile almeno fino a sabato. Però bisogna dare atto che alle 10, quando una volta terminato di fare le valigie siamo partiti, non solo era smesso di piovere ma sembrava persino che stesse spuntando qualche timido raggio di sole.
L'efficienza tedesca si misura anche dalle aree di servizio, le loro Raststatt: quella dopo Friburgo dove ci siamo fermati per fare la pipì si trova su un laghetto con papere e cigni che se ne stanno tranquilli nel prato, incuranti degli automobilisti che passano al loro fianco. Prima di entrare nell'edificio vero e proprio dell'autogrill, si trova anche la "stazione di servizio per cani", con acqua e cibo; ma la soluzione più strana che ho trovato è quella per i bagni. A Torino, ma credo non solo là, è abbastanza usuale vedere qualcuno che entra in un bar, chiede un caffè e la chiave del bagno. Qui l'ordine è inverso, e la realizzazione più moderna. Paghi 50 centesimi per espletare le tue funzioni fisiologiche, ma ti viene rilasciata una ricevuta che ti dà uno sconto di appunto 50 centesimi per gli acquisti all'autogrill. L'unico neo di tutta questa operazione è che se devi andare in bagno dopo mangiato ti tocca farlo prima del caffè, oppure tenersi in caldo il buono, che vale un anno.
La giornata di oggi era dedicata al trasferimento, ma ci eravamo comunque ritagliati alcune ore per un rapido sguardo a Tübingen, visto che era fondamentalmente sulla strada. Una volta arrivati e lasciata l'auto in uno dei soliti parcheggi sotterranei vicino a un centro commerciale, era ora di pranzo; o meglio, era il momento in cui stavo per collassare per la fame come al mio solito. Ci siamo trovati cosi un bar all'aperto proprio sotto la Stiftkirche (la collegiata, per chi non sopporta il tedesco) e ci siamo fatti il nostro simpatico panozzo con birra. Notato poi che la collegiata non era poi chissà cosa, abbiamo pensato che la cosa migliore da farsi era un giro per la città, che essendo universitaria è comunque piuttosto vivace. La visita è stata tridimensionale, ad ogni buon conto: siamo infatti saliti sulla torre del duomo, al modico prezzo di un euro e con la faticaccia di doversi fare 160 scalini a salire e naturalmente altrettanti a scendere, e poi ci siamo inerpicati verso il castello, limitandoci a stare sul cortile e vedere la città da un altro lato. Abbiamo anche cercato di capire quale fosse il "sentiero degli innamorati" che secondo la nostra guida scendeva dal castello, ma non siamo certi di avere preso proprio quello giusto. Speriamo che basti la buona volontà?
Prima di riprendere la macchina, ci siamo dedicati a qualche acquisto. Anna si è presa una specie di nastro per capelli tutto bello colorato; poi siamo entrati in una enoteca che una delle nostre numerose guide consigliava, e dopo avere assaggiato un po' dei vini della zona che erano in offerta - tutti bianchi, ma ce lo dovevamo aspettare - ci siamo comprati un paio di bottiglie. Infine, visto che tanto eravamo al centro commerciale, oltre alle decorazioni natalizie "che tanto ci si porta avanti col lavoro" abbiamo provveduto agli acquisti dei generi di prima necessità. La fumatrice del gruppo si è fiondata in una tabaccheria a prendersi un pacchetto di sigarette; la gioia nello scoprire che un pacchetto di Marlboro Lights costava solamente 3 euro e 80 invece che i 4 euro italici si è poi tramutata in sconcerto quando ha notato che il pacchetto conteneva 17 sigarette, e non le venti cui siamo abituati. Non è che avesse trovato un pacchetto fallato: anzi, si era accorta della cosa guardando la scritta del sigillo. Per sicurezza, si è anche fermata a contare le sigarette non appena aperto il pacchetto. Non che abbia ben capito come diciassette sigarette possano starsene ferme in un pacchetto che Anna spergiura essere delle stesse dimensioni di quelli italiani: mistero tabagista. L'altra cosa da comprare era dell'acqua in bottiglia: ma la cosa non è affatto semplice come si potrebbe pensare. Al piano più alto del centro commerciale c'era un dm; abbiamo visto della frutta che ci siamo comprati, ma niente acqua. La commessa alla cassa mi fa "no, dovete scendere al piano seminterrato". Ci andiamo, troviamo una situazione che ci fa rimpiangere i nostri bei supermercatini italiani, entriamo: niente acqua. Altra domanda, altra risposta: "è dall'altro lato". In effetti, nascostissimo, c'era un terzo supermercato destinato allo spaccio delle bevande: dall'acqua ai superalcolici. L'unica ragione che mi è venuta in mente per questa ghettizzazione è legata al costo esorbitante dell'acqua; costo ancora maggiorato per il fatto che ogni bottiglia di plastica ha 25 centesimi di Pfand, vale a dire di cauzione. Presumo che in questo modo il governo tedesco ritenga di contribuire alla raccolta differenziata: peccato che - essendo qua tutti tedeschi - se non ho capito male l'unico modo per farsi rimborsare il denaro estortoci con la forza sia avere lo scontrino originale. Non una grande idea per gente come noi che se ne va in giro, direi.
Dopo avere finalmente completato le spese, arriviamo alla macchina e partiamo in direzione di Bad Liebenzell. Dopo qualche chilometro, mi accorgo però che c'è un biglietto tra il tergicristallo e il parabrezza. Subito i pensieri peggiori vengono espressi a mezza voce: abbiamo forse parcheggiato dove non dovevamo? siamo stati toccati da qualcuno che ha fatto manovra? Mannò! Una volta fermatici abbiamo scoperto che qualcuno aveva semplicemente scritto "Ciao Italia" sul biglietto. O un conterraneo, o qualcuno che non se l'era presa troppo per i mondiali di calcio.
Siamo poi alfine arrivati a Bad Liebenzell. La nostra stanza non si può dire che sia così bella; d'altronde costa poco, e perlomeno è pulita. Non è proprio sull'albergo vero e proprio, ma in una dependence a fianco; fortunatamente non dà sulla strada. Essendo ora di cena, abbiamo provato a dare un'occhiata in giro; poi, su richiesta di Marina che era probabilmente in crisi di astinenza, abbiamo scelto la "pizzeria bei Francesco". Francesco è indubbiamente italiano, e lo fa sapere in tutti i modi: basti pensare che c'era un televisore acceso su Rai1 e ci siamo dovuti sorbire la partita di calcio Italia-Croazia. Se non ho capito male dai ritagli di giornale appesi in giro, il suo è un famoso esempio di pizza alla bellunese, probabilmente addirittura di seconda generazione perché la famiglia vive da molti anni nella zona; sicuramente è molto apprezzato dalla popolazione locale, e non siamo poi nemmeno stati troppo scontenti della nostra pizza.
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