Non è stato banale dormire stanotte. Nell'appartamento sopra di noi c'era un gruppo di romani che continuavano a discutere e a urlare, il che a mezzanotte non è esattamente una bella cosa. Terminata la caciara, ho provato ad allungarmi sul letto, scoprendo che era corto - e fin qua nulla di strano, il guaio di essere un po' più alti della media - ma soprattutto che al fondo aveva una testatina, bassa ma sufficiente per darmi fastidio se ci mettevo sopra i piedi. Una tragedia, ho continuato a girarmi a trovare una posizione: sto già tremando per la settimana in barca.
La sveglia al mattino ci ha perlomeno deliziato con un bellissimo panorama dalla nostra finestra, con il cielo terso come da capitolato e le isolette davanti. La colazione è stata indubbiamente ricca, compresa tra l'altro una marmellata fatta in casa dalla signora Petričić, di mele e carote(!)
Con i nostri usuali tempi tranquilli, siamo poi scesi verso il mare. Qui si parla di scogli, inutile dirlo. Per prendere il sole sono anche meglio della spiaggia sabbiosa, per non parlare di quella sassosa, ma entrare in acqua risulta un po' difficile. Aggiungiamo poi che non mi sono fatto bene la lista delle cose da portare: a parte il cuscino gonfiabile da nuca, che in effetti non è poi che lo usi così, ho dimenticato gli occhialini da nuoto, senza i quali io non metto la testa in acqua.
Il primo posto che avevamo scelto è stato colonizzato dopo una mezz'oretta da tre famiglie di pugliesi, e abbiamo così sentito l'impulso a spostarci su un altro scoglio. L'acqua è indubbiamente pulita, abbiamo visto pomodori di mare, ricci e una stella di mare (a sei punte. Ma non ne avevano cinque?), ma troppo fredda per i miei gusti.
Dopo avere preso una congrua quantità di sole, abbiamo deciso di andare verso la metropoli di Hvar. La ricerca di un bancomat non è stata così difficile: mio zio aveva ragione, se ne trovano ovunque, anche in un paesino che d'inverno fa sì e no mille abitanti. Ci sono anche vari supermercati, con orari belli lunghi: quello più grande era aperto dalle 7 alle 23, tanto per dire. Ma gli orari sono piuttosto particolari, come quello di una banca che apriva al mattino dalle 8 ale 12, e poi la sera dalle 18 alle 20. Il nostro pranzo si è limitato a un pezzo di pizza, prima di rientrare alla nostra stanza - una mezz'oretta dal centro - per una doverosa pennichellache non fa mai male.
Il giro ulteriore di Hvar ce lo siamo fatti nel pomeriggio inoltrato, passando dalle mura del castello, salendo e scendendo da una miriade di scalette che ci ricordavano come il concetto di pianura da queste parti sia sconosciuto, e facendoci largo tra la folla che praticava la nobile arte dello struscio sul lungomare, parlando generalmente in italiano con accenti centromeridionali, con la notevole eccezione di una tizia che inveiva contro i compagni in comasco stretto. Non siamo riusciti a visitare la cattedrale perché in "abbigliamento sconveniente", anche se non ho mai capito quale sia il problema di arrivare in pantaloncini corti o a spalle scoperte; abbiamo avuto più fortuna a San Francesco, dove stava finendo la messa. L'interno della chiesa è molto strano: c'è una navata laterale, e quella principale ha un muro a metà, con una porta che dà sul coro e infine sull'altare. Quasi una iconostasi, se non fosse che qui sono cattolici, non ortodossi. La chiesa è davvero bella, anche se tenuta molto male: già in genere soldi ce ne sono pochini, ma qua penso si sia anche aggiunto il quarantennio titino a complicare la vita. A fianco della chiesa c'è un bel chiostro in pietra, momentaneamente pieno di sedie per il concerto di violino e pianoforte che si sarebbe tenuto quella sera, da cui si può entrare al locale museo, che a quell'ora era chiuso.
Prima di andare a cena, Anna voleva comprarmi a tuti i costi degli occhialini: ho storto il naso sul modelo da 85 kune, trovandone poi in un altro negozio un paio che saranno forse un po' più brutti ma ne costavano 22. Anna afferma che saranno da bambino, ma di per sé mi stanno in testa. Abbiamo anche cercato di scoprire a che ora partiràil traghetto per Spalato: alla Jadrolinija ci hanno detto che c'è solo alle 6.30, il che non è affatto bello, mentre poi a una delle tante agenzie di viaggi ci hanno detto che ce n'é anche uno passeggeri alle 7.45. Sempre levataccia, ma meno impossibile. Il problema è scoprire dove si trovano i biglietti, ma per questo c'è ancora tempo.
Abbiamo cenato al Paradise Garden, sempre in mezzo a nugoli di italiani. Stavolta siamo passati al pesce, che stranamente costa più della carne: secondo Anna i dalmati non hanno una tradizione di pescatori, anche per colpa delle incursioni pirata dei turchi che non facevano venire voglia di andare in mare. Il prezzo della nostra cena, non striminzita ma nemmeno luculliana, continua a essere tra le 300 e le 400 kune: non si può più dire che la Croazia sia a buon mercato.
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