Un prete siciliano viene trasferito a Milano. La prima domenica in cui celebra messa, inizia la predica dicendo:
"Allora fratelli, oggi vi parlerò di Adamo ed Eva. Adamo, bravo picciotto, lavuraturi, servu di Dio, SICILIANU iera.
Eva, grande bagascia, prostituta del diavolo, tentatrice, M-I-L-A-N-E-S-E iera".

Tutti i fedeli si lamentano, tanto che il vescovo chiama il prete e gli raccomanda vivamente di non dare mai più interpretazioni della Bibbia di quel genere, se non vuole essere punito: il prete assicura che non ripeterà più un errore del genere.

La domenica successiva, il prete inizia il suo sermone così:
"Allora, cari confratelli, oggi vi parlerò di Abele e Caino. Abele, ca ci faciia i sacrifizi a Dio, onesto, picciuttu a modo, degnu figghiu ri su patri, SICILIANU iera.
Caino, traditore, figghiu di bottana, fratricida e pezzo di medda, iera M-I-L-A-N-E-S-E".

Si ripetono le scene della domenica precedente, e stavolta il vescovo si presenta direttamente lui al prete, dicendogli di avere intenzione di cacciarlo dalla città.
Il prete garantisce e promette di non farlo più, finché il vescovo non si convince di consentirgli un'ultima prova, assistendo lui direttamente al rito.

Arrivò quindi la domenica successiva, e il prete iniziò così la sua predica:
"Fratelli, oggi vi parlerò dell'Ultima Cena:
"...e Cristo disse: Picciutteddi beddi, vagghiu a diri ca in verità unu ri voi mi tradirà". Scende lo sconcerto fra gli apostoli...
San Pietro: Signuruzzu beddu, ca pi ccasu sugnu iu?
No, no, 'n si tu... Tu si nu bravu picciuttu devoto.
San Giovanni: Che sugnu iu, allora, signuruzzo miu?
No, no, nun si mancu tu, nun tàvi a prioccupare.
Giuda: Ueh pirla, e alòra... sarù minga mi?".

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