Giovedì 22 gennaio

Per l'ultima mattinata di libertà abbiamo deciso di spostarci nei dintorni e fare visita a Pella. Partiti col nostro solito orario tranquillo, siamo arrivati alla stazione dei bus KTEL alle 10 in punto. Il tipo che ci aveva dato gli orari martedì aveva detto che il primo bus disponibile era alle 10:30, ma visto che avevo notato nell'orario scritto a mano dentro il cubicolo una scritta "10:00 KA" siamo corsi a vedere allo stallo dove partono i bus per Pella. In effetti ne stava partendo uno che aveva scritto in alto ΠΕΛΛΑΣ; l'abbiamo fermato, abbiamo chiesto all'autista "Pella?", ci ha risposto di sì e siamo saliti.

Il bus era indubbiamente riciclato, visto che sul davanti la scritta "non parlare al conducente" era in olandese; ma era stato brandizzato: erano infatti stati appesi alcuni santini, ormai un po' sbiaditi. Non so se le icone servano perché vista la qualità del traffico locale è meglio avere qualche santo in paradiso; ma l'usanza si direbbe abbastanza comune, visto che anche il bus urbano che ci ha portato al KTEL ne aveva un paio. Presa la statale, a un certo punto abbiamo visto un cartello che indicava che sulla destra c'era il bivio per Pella; il bus ha svoltato, ha fatto venti metri, si è fermato e l'autista ci ha fatti scendere, indicandoci un cartello sulla sinistra con su scritto "sito archeologico" e dicendo qualcosa che probabilmente era "andate di là, non vi potete sbagliare". Notate che la cittadina era un paio di chilometri più in su, da un'altra direzione. Visto che non potevamo fare altro, ci siamo incamminati: perlomeno non pioveva.

Percorso circa un chilometro, siamo arrivati al museo+sito (6 euro), che tanto per cambiare era assolutamente vuoto; solo quando siamo usciti è arrivata una scolaresca. Il museo non è grande, ma presenta dei reperti molto belli, tra cui alcuni mosaici trovati sul pavimento della Villa di Dioniso; e soprattutto ha tutto il testo bilingue. La storia di Pella non copre chissà quale arco di tempo, visto che è stata costruita (sul mare! adesso la costa è a più di venti chilometri) nel V secolo a.C. secondo rigidi criteri di isolati squadrati ed è stata improvvisamente distrutta forse da un terremoto e abbandonata intorno al 90 a.C., tanto che la Pella di cui parlano i Romani è a qualche chilometro di distanza; ma proprio per quello si sono trovati parecchi reperti. Il sito archeologico, a parte il pezzo che sito non era e dove ci siamo inzaccherati col fango, è più o meno come tutti gli altri siti archeologici, nel senso che non si capisce nulla; però c'erano diversi cartelloni esplicativi bilingue che perlomeno tentavano di dare un'idea di cosa c'era. Credo che però il metodo migliore per capire com'era il sito sia vederlo dal satellite: iil quadratone è l'Agorà della città.

Rifatto il chilometro indietro sulla strada - che una volta era quella principale: poi si sono accorti che non era bello tagliasse a metà l'area archeologica e allora hanno fatto una deviazione) siamo arrivati all'incrocio dove eravamo scesi all'andata. In quel momento, un bus stava svoltando dalla via principale. L'autista abbassa il finestrino, io gli dico "Thessaloniki", e lui ci fa segno di salire. Bel colpo di fortuna! Il percorso non era diretto, ma ha toccato qualche paesino qua e là, il che non era un grande problema; più preoccupante era il caldo estremo. A parte che era finalmente apparso il sole, e già all'aperto la temperatura ha toccato i 19 gradi, c'era un altro guaio. Sembra infatti che in Grecia nei luoghi chiusi, dai musei in giù, il riscaldamento vada a manetta. Avevo indosso solo la polo e stavo sudando: gli altri occupanti del bus continuavano però ad essere intabarrati, magari perché sono tarati sulle temperature estive greche che non scherzano mica. Ah, per la cronaca il bus era più moderno: le scritte erano in tedesco e non in olandese, e non c'erano santini attaccati.

Il resto della giornata me la sono passata da solo: a parte il pezzo di pizza (Hut) a pranzo e un riposo pomeridiano piuttosto lungo, mi sono dedicato a vedere l'esterno delle chiese che stanno sull'Egnatia e dintorni, tanto per avere un'idea di cosa ci fosse. Nell'ordine, sono passato davanti a Panagia Chalkeon, Panagia Achiropiliton, Agia Sofia, Sotir - chiesetta che tutte le volte che passavamo col bus mi vedevo lì incassata un metro e mezzo sotto la strada e mi chiedevo cosa fosse - l'Arco di Galerio che chiesa non è ma fa era comunque in zona e infine Agias Marinas. Il tutto con una fatica boia per fare foto non troppo sfocate, considerando che era già buio, il flash era assolutamente inutile e la modalità "scenario notturno" mi dava tempi di esposizione da un secondo e mezzo a due secondi e mezzo. Sono anche riuscito a passare in mezzo alla preparazione di una manifestazione studentesca che si stava concentrando su via Aristotelous... manifestazione che poi è passata sotto le finestre del nostro albergo dopo le 20. Non erano tantissimi, direi meno di 500; ma in Italia non c'è nessuno che manifesta fuori dagli orari in cui si lavora :-)

La cena l'abbiamo fatta all'Agora (Kalodistriou 5), un altro dei millanta ristoranti dietro Venizelous: posto sicuramente più alla moda del Negroponte, ma comunque non si mangia male. Finalmente poi siamo riusciti a mangiare pesce, cosa che sembrava difficilotta nonostante Salonicco sia sul mare.


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