Mercoledì 21 gennaio

La mattina è iniziata tardi, e con una sorpresa: piove. Le previsioni davano pioggia per giovedì, ma qualcuno deve avere avuto fretta. A questo punto fretta non ce l'avevamo certo noi, e ce ne siamo andati con molta calma a vedere il museo dell'antichità macedone, arrivandoci ben dopo le 11.

Il museo (ingressso 6 euro, 8 se si vuole anche il biglietto per quello dell'arte bizantina) è moderno, non è grandissimo, e ci sono troppe statue/busti/steli per i miei gusti. Ha però il grande vantaggio di avere tutti i cartelli esplicativi in greco e inglese, e quindi di essere comprensibile anche senza audioguida, che comunque non ci è stata nemmeno proposta. L'altra cosa che mi ha stupito è che era vuoto, a parte alcuni guardiani... due almeno dei quali stavano dormicchiando quando siamo arrivati noi. La cosa più buffa è stata comunque vedere l'ex mostra permanente su Alessandro Magno, fatta insieme all'Italia e terminata da un mesetto: non avendo ancora bisogno dello spazio espositivo, hanno lasciato tutto il percorso... con le foto dei reperti. Oltre a qualche copia, in questa mostra rimaneva solo una corona d'oro, resa nel 2007 dal Paul Getty Museum "grazie alla collaborazione del governo italiano", come era scritto chiaramente. Se non ricordo male il Rutellone stava cercando di recuperare le nostre opere trafugate e vendute agli americani.

Usciti dal museo quasi alle 14, abbiamo sfruttato il fatto che avesse smesso di piovere e abbiamo ancora fatto due passi per vedere qualcosa prima dell'orario di chiusura di tutto, e ci siamo diretti nuovamente a san Demetrio. Nel percorso siamo passati alla Rotonda, che è in fase di restauro ma aperta: lo spazio interno è davvero enorme, a parte la cupola con l'altare che mi sa sia un'aggiunta successiva. All'ingresso, l'icona di san Giorgio e la croce con su scritto 1912 sovrastano una scritta in arabo: chissà qual era l'uso dell'edificio sotto gli Ottomani.

A proposito di scritte arabe, nascosta ben in fondo a un corridoio della cripta di san Demetrio c'è una lapide in arabo, la prima che mi sia capitata di vedere in vita mia. Ah, la commistione di stili! La cripta contiene tante belle cose, ma sfortunatamente le scritte sono tutte in greco. A dire il vero, qua e là si vedevano dei contenitori di plexigas con su scritto in inglese e in caratteri cirillici "per favore riponete qui i fogli informativi", ma di fogli non ve n'era traccia.

Dopo una diatriba con Anna su dove pranzare, alla fine siamo finiti al Sofis che è nella via dell'albergo: terminato di mangiare, siamo tornati in stanza a dormicchiare e fare nulla fino al tardo pomeriggio, dove siamo usciti alla ricerca del museo della presenza ebraica. Confesso che la scelta è stata fatta perché il foglio farlocco che ci avevano dato all'ufficio turistico lo dava aperto il mercoledì e giovedì pomeriggio (vero) e locato in Agios Mina 13. La via l'abbiamo trovata, e abbiamo anche visto la chiesa corrispondente: peccato che l'ultimo numero civico della via fosse l'11. Dopo esserci passati due volte in lungo e in largo, alla fine abbiamo scoperto il portone del museo, ben nascosto dopo un ponteggio ed effettivamente con il numero civico 13 pur essendo situato tra il 9 e l'11.

A parte un controllo di borse e zaini all'ingresso, che purtroppo comprendo, siamo riusciti a entrare (3 euro) e a vedere le sale. Il piano terra contiene i reperti del cimitero ebraico che era enorme ed è stato completamente distrutto nel 1942 da Hitler, che con gli ebrei doveva averci un dente molto avvelenato: per la cronaca, è nella zona dove adesso ci sono la fiera e il politecnico. Di sopra viene raccontata invece la storia degli ebrei, da quando sono arrivati a Salonicco - praticamente alla sua fondazione - alla seconda guerra mondiale. La spinta maggiore è stata sicuramente data dall'arrivo degli ebrei sefarditi cacciati dalla Spagna nel 1492: 15000 persone, pari alla popolazione esistente in quel momento. La comunità continuò a usare come lingua l'ispano-giudaico: ancora nel 1943 ci sono documenti emessi dal Consiglio locale in quella lingua. A proposito della Shoah, vedere i documenti ufficiali che imponevano agli ebrei la "rilocazione" in Polonia, nel perfetto stile burocratico tedesco che sembra quasi un'organizzazione di villaggi vacanze, è ancora più orribile.

Per cena siamo finiti in un posto che è sicuramente tipico, o detto in altro modo è una piola in stile greco: il Negroponte. Il menu è rigorosamente in greco, e il titolare ci ha tradotto il nome di qualche piatto: Anna si è presa il polipo mentre io ho preso uno spezzatino con riso (troppo cotto) e funghi. Con mezzo litro di vino e un dolcetto efferto dalla casa siamo arrivati a spendere 30 euro.


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