“contrafforte volante”?

Premetto che ho molti amici traduttori :-) (e un paio di loro sono anche tra i miei ventun lettori… ma ovviamente non sto parlando di loro). In un libro (tradotto dall’inglese) che ho appena letto ho trovato a un certo punto scritta l’espressione “contrafforte volante”. Ora, come penso molti di voi io so più o meno cos’è un contrafforte, ma l’ultima volta che ne ho sentito parlare sarà stato all’inizio del liceo, cioè 45 anni fa (per me che sono anzyano: your mileage may vary). Tra l’altro manco sapevo come si dica in inglese “contrafforte”: sono andato a cercare e ho scoperto che è “buttress”. Una rapida ricerca mi ha fatto trovare la voce di Wikipedia in inglese “flying buttress”: l’ho aperta, ho controllato qual è il nome della versione in italiano e ho scoperto che si dice “arco rampante”. (Ok, a questo punto il mio neurone ha tirato fuori il disegnino dei contrafforti ad archi rampanti, ma questa è un’altra storia)

La mia domanda è semplice. È possibile che un traduttore trovi scritto “flying buttress”, traduca parola per parola, e non si renda conto che il sintagma in italiano non ha senso? È possibile che non gli sia mai venuto in mente di usare Wikipedia in questo modo non standard ma utilissimo per la terminologia tecnica? (E comunque anche Wordreference riporta la traduzione).

13 pensieri su ““contrafforte volante”?

    1. .mau. Autore articolo

      per le singole parole è meglio evitare Google Translate, che è tarato sulle frasi.

  1. mestessoit

    Non ci tengo a conoscere libro ed editore, ma mi limito a considerare le così dette condizioni di contorno, alias i tempi di consegna e compenso. L’insieme determina la qualità della traduzione.

    Essendo le case editrici delle industrie, la qualità media dei loro prodotti è di norma omogenea per collana: un esercizio per te sarebbe controllare se ne hai libri dello stesso editore/collana per verificare questo dettaglio.

    In generale quello che voglio dire è che la colpa non è nel traduttore, ma dell’editore o come dico io “il pesce puzza sempre prima dalla testa”.

    1. dag68

      No.

      Io sono un traduttore professionista, nel senso che è la mia unica attività professionale e mi dà da mangiare. È verissimo che in certi casi i compensi sono bassi, i tempi ristretti etc., ma:

      1) se lo sono al di sotto di un certo livello, non si accetta il lavoro, non è che lo si accetta e poi – figuratamente – si ammazza il paziente;

      2) non c’è bisogno di farsi coprire d’oro, né di un anno sabbatico per trovare i pochi secondi necessari per consultare una fonte digitale o cartacea e trovare un’espressione del tutto standard come quella di cui parla .mau.

  2. .mau. Autore articolo

    non importa molto qual è l’editore, tanto di queste maltraduzioni ce ne sono ovunque. Però non concordo: è chiaro che se i tempi sono stretti la traduzione è quel che è, ma qui non stiamo parlando di frasi zoppicanti ma proprio di termini semplici…

    1. mestessoit

      Io lo vedo come un problema di soglia: per avere un certo risultato devi prendere un traduttore di un certo profilo, e pagarlo. Nelle robe “un tot al chilo” prendi quello che trovi, ed errori di questo sono una banale conseguenza di qualcosa che è appunto determinato all’origine del processo. Poi i singoli traduttori son opiù o meno pazienti, ma c’è sempre il momento in cui lasci perdere e vaffanculo.

  3. Bubbo Bubboni

    A me oramai piacciono le traduzioni fatte così. Dopo anni di descrizione di componenti elettronici fatte con il traduttore automatico, trovo divertenti queste espressioni caratteristiche, da fondo di vocabolario e prive di senso. Dopotutto è un modo per lasciare l’originale in sottofondo, evidenziando i limiti che avrebbe anche una traduzione fatta bene.
    E dopo cotanta saggezza, me ne torno a grippare la matita che devo vergare la carta con i segni.

  4. Isa

    La qualità della traduzione la determina la competenza del traduttore (e poi del revisore), non i tempi di consegna né il compenso; d’altro canto, molti anni di esperienza mi hanno insegnato che spesso (non sempre, ma spesso) il traduttore incapace di negoziare per sé tempi di consegna e compensi decenti, cioè incompetente rispetto alla propria professionalità, è anche incompetente nel merito, cioè come traduttore. E uno scivolone come quello che segnala .mau. è tipico del traduttore senza antenne, che davanti a un’espressione inusuale non si fa venire un dubbio e non apre un dizionario ma “la tira via”, e quindi del traduttore senza stoffa (rivisto da un revisore senza stoffa), perché avere la stoffa del traduttore significa proprio farsi venire dubbi su tutto e cercare sul dizionario anche “table”, “chair”, “good” e “bad”. Con tutto il rispetto per i gusti personali del signor Bubboni, queste non sono traduzioni da fondo di vocabolario, ma da vocabolario mai aperto–che hanno il loro degno contraltare in revisioni dove trovi che un /crew cut/, dei “capelli a spazzola”, sono diventati un “taglio da gang”, perché pure il revisore non si fa venire il dubbio e per giunta pensa di saperne più del traduttore.

    1. Bubbo Bubboni

      Concordo e preciso “fondo di vocabolario” nel senso che sovente in una pessima traduzione saltano fuori certe parole desuete che solo un programma automatico senza testa (o, peggio, uno studente di latino con 1.84 kg di vocabolario) riesce a scovare e trascrivere senza porsi delle domande.

      Ora però modero lo stilo e torno a riempire i formati prima della fine del giorno di lavoro solare.

      1. .mau. Autore articolo

        ricordo perfettamente le mie traduzioni liceali di latino con le espressioni tirate fuori dai più oscuri recessi del dizionario per cercare di dare un qualsivoglia senso all’accozzaglia di parole che avevo trovato. (Senso che ovviamente non aveva solitamente molto a che fare con quello dell’originale). Ma ero appunto un giovane liceale, e soprattutto mi costringevano a fare una traduzione iperletterale…

        1. Bubbo Bubboni

          E’ una bella differenza rispetto ad oggi. Il problema del senso della frase non esiste più e vanno benissimo le parole più astruse “da ottava definizione”, a patto che stupidissimi aspetti grammaticali siano scrupolosamente rilevabili e valutabili. E credo che alcuni siano sinceramente convinti che delle frasi senza senso alcuno, tirate fuori solo dal furioso mulinare delle pagine del vocabolario, sviluppino il ragionamento logico…

          Argh, i pressanti formati da tracimare non penetrano le ore di frontiera! Torno agli impieghi mentali.

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