Repubblica Italiana contro Project Gutenberg: un case study

Questa storia comincia a metà aprile, con la FIEG che chiede all’AGCOM di chiudere Telegram perché è il mezzo con cui si diffondono illegalmente i quotidiani italiani. Niente da eccepire sulla richiesta di bloccare la diffusione illegale; potremmo chiederci perché scrivere titoloni sui giornali e non andare direttamente per vie legali, ma in effetti per loro il costo marginale è nullo; meno chiaro il rivolgersi all’AGCOM e non direttamente a un giudice.

Il giudice però alla fine a quanto pare è stato chiamato in causa da qualcuno: così ha sguinzagliato la Guardia di Finanza, ha aspettato i loro risultati e a metà maggio ha disposto quell’ossimoro legale che va sotto il nome di “sequestro preventivo mediante ‘oscuramento'”, come da articolo 321 del codice di procedura penale. L’oscuramento è stato chiesto nei confronti di una decina di canali Telegram e già che c’era di un paio di dozzine di siti web, che “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in violazione dell’art. 16 L.633/1941, a fine di lucro (costituito dalla cessione dei dati personali a fine di pubblicità), distribuivano, trasmettevano e diffondevano in formato pdf, riviste, giornali e libri (beni tutelati dal diritto d’autore), dopo aver acquisito illecitamente numerosissimi files informatici con il relativo contenuto, comunicandoli al pubblico, immettendoli in un sistema di reti telematiche”. (Immagino abbiano lo stampino per questo testo. Riconosco solo il “comunicandoli al pubblico” che nasce con la direttiva copyright InfoSoc del 2001, quella che sarà sostituita dalla nuova direttiva che sta per essere recepita anche da noi.

[disegno criminoso]

Una grande vittoria contro la pirateria? Forse. Però qualcuno si è accorto che tra i siti warez più o meno noti c’era anche quello di quello di Project Gutenberg. Alla maggior parte di voi il nome non dirà nulla, ma per i vecchietti come me Project Gutenberg (d’ora in poi PG) ha un significato molto particolare. È stato infatti il primo progetto al mondo per rendere fruibili in modo digitale le opere nel pubblico dominio (o per cui gli autori hanno dato specifica licenza, ma questo non c’entra nella nostra storia). Hanno cominciato mezzo secolo fa, nel 1971, quando Internet non esisteva ancora e i computer praticamente nemmeno: si erano insomma portati molto avanti col lavoro. Io credo di aver saputo della loro esistenza a fine anni ’80, quando computer e reti di calcolatori cominciavano a esistere; avere un testo ASCII a disposizione e visualizzarlo sul monitor 80×25 a fosfori ambra era una gran cosa. Ma a parte l’amarcord, sottolineo ancora una volta che PG ha solo opere nel pubblico dominio, controllate a una a una. Insomma non ha nulla a che fare con gli altri siti indicati nell’elenco, se non perché anche da lì si scaricano libri.

Che fare, dunque? La risposta corretta sarebbe stata “cerchiamo un avvocato che faccia istanza di dissequestro parziale, mostrando come le ipotesi di reato indicate nel provvedimento non sussistano”. E in effetti avevo cominciato a fare così, dopo aver reso noto quanto stava succedendo. Purtroppo però c’è stato qualcuno che ha pensato di scrivere direttamente ai finanzieri dicendo loro che ci doveva essere stato un grande errore, e di far dissequestrare il sito di PG. I finanzieri avrebbero risposto “sì, è vero, PG non c’entra con gli altri siti, ma…”

Il “ma” è pare che la Guardia di Finanza non abbia nessun problema a far dissequestrare il sito di PG, ma abbia trovato 5 (cinque) libri sotto copyright, libri scritti da Sibilla Aleramo e Massimo Bontempelli. Una volta tolti quei cinque libri, è tutto a posto. Ma come, direte voi. Ho detto che PG ha solo libri in pubblico dominio, e adesso una banale ispezione trova libri sotto copyright? Sì, è così. Ma…

Mettetevi comodi, perché questo secondo “ma” vi aprirà nuovi mondi. Secondo la legge italiana (ed europea), il copyright su un’opera letteraria scade dopo 70 anni dalla morte dell’autore. Aleramo e Bontempelli sono morti nel 1960, quindi le loro opere entreranno nel pubblico dominio nel 2031. Ma secondo la legge statunitense, le opere pubblicate fino al 1978 hanno un copyright di 95 anni dalla data di pubblicazione. Questo significa che le opere pubblicate prima del 1924 di un autore morto dopo il 1950 sono PD-USA ma non PD-EU. Project Gutenberg ha insomma tutti i diritti di distribuire quelle opere: per esempio, Una donna dell’Aleramo è del 1906, e La vita operosa di Bontempelli del 1921. Né si vede perché debba togliere quei libri: il suo pubblico di riferimento è quello statunitense, e c’è un disclaimer che specifica che i libri potrebbero non essere di pubblico dominio al di fuori degli USA.

Tra l’altro, ci sono casi opposti. Il romanzo The Great Gatsby di Scott Fitzgerald è del 1925, e quindi – per i prossimi sei mesi – sotto copyright negli USA. Però Scott Fitzgerald è morto da più di settant’anni, e quindi il testo è scaricabile da un parallelo progetto australiano, per l’ottima ragione che lì almeno fino al 2005 la protezione era diversa e durante l’armonizzazione con gli USA ci fu una clausola specifica per non rimettere sotto copyright testi che erano diventati di pubblico dominio… cosa che non capitò in Italia quando il copyright fu portato da 50 a 70 anni dopo la morte dell’autore. Le malelingue affermano che fu Mondadori che voleva riprendersi l’esclusiva su Pirandello a bloccare tale clausola.

[Terms of Use di Project Gutenberg]

La mia ipotesi – non suffragata da alcuna prova, non ho certo accesso agli atti – è che i finanzieri si siano accorti che i capi di imputazione contro PG non stavano in piedi. Lasciando perdere il “medesimo disegno criminoso” che è giusto una coloritura, PG non ha fini di lucro, non chiede dati personali e non guadagna dalla pubblicità; né ha acquisito quei testi illecitamente. A questo punto però hanno provato a vedere se trovavano qualcos’altro, e si sono accorti di quei file che a posteriori mostravano quanto loro fossero nel giusto. L’ipotesi alternativa – che cioè fossero stati subito notati – è possibile ma a mio giudizio improbabile, perché in quel caso si sarebbero fatti due provvedimenti distinti – uno per PG e l’altro per i restanti siti – e soprattutto il primo non sarebbe stato “contro ignoti”: non c’è nessun problema a scoprire chi gestisce il progetto.

Il risultato finale? Beh, gli altri siti cambieranno nome e ripartiranno più piratanti che pria; Project Gutenberg rimarrà bloccato in saecula saeculorum, visto che nessun giudice citerà mai a giudizio gli americani (per cosa, poi? Loro non hanno fatto nulla di illegale: al più è chi scarica quei libri a essere colpevole). D’altra parte PG non ha nessun rappresentante legale in Italia, e ovviamente a questo punto si guarderanno bene dal cercarlo. Il GIP si accontenterà di avere mostrato che il potente braccio della legge ha fatto il suo dovere, almeno per chi non conosce il modo per bypassare questo oscuramento. (Per la cronaca: anche se la legge permetterebbe l’oscuramento di singoli file, e nel caso di PG la cosa sarebbe tecnicamente fattibile perché i loro URL sono statici, i provider non potrebbero comunque farlo legalmente, perché in tal caso controllerebbero il traffico internet).

Una soluzione rispettosa di diritti e di obblighi potrebbe essere che PG indichi sulle pagine dei singoli libri non PD-UE (ce ne sono anche di tedeschi, per esempio) che non possono essere scaricati dall’Italia; ma dubito che la nostra magistratura accetterebbe qualcosa del genere. Mi chiedo anche se ci siano margini per affermare che il blocco totale di un sito – che ricordo essere legale per la sua legislazione, e non stiamo parlando di stati canaglia – per impedire che un piccolo numero di file illegali in Italia sia una misura proporzionata. Ma non essendo io un esperto di legge non ho certo una risposta.

Per finire, un paio di chicche. In primo luogo, sarebbe simpatico sapere chi ha i diritti per le edizioni elettroniche di quei file. Sicuramente fino al 1960 nessun contratto di cessione dei diritti prevedeva anche quelli in formato elettronico; quindi bisognerebbe scoprire se gli eredi dei summenzionati autori hanno effettivamente ceduto quei diritti. Per quanto riguarda La vita operosa, ho fatto un controllo su Amazon. Non esistono edizioni digitali acquistabili; per quanto riguarda quelle cartacee, ce n’è una pubblicata nel 2014 da Unicopli (avranno ottenuto i diritti da Mondadori, che ha pubblicato per l’ultima volta il libro nel 1970?) e un’altra edizione di Nabu Press che, almeno a giudicare dal testo, si direbbe stampata direttamente a partire dall’edizione del Project Gutenberg. Che dite, chiediamo alla magistratura di oscurare Amazon finché non tolgono quei testi oppure dimostrano che non violano il diritto d’autore?

[Volete comprare il libro?]

P.S.: Tra gli altri che hanno parlato della storia, segnalo InfoSec, l’Osservatorio Balcani-Caucaso. The Submarine, Valerio Di Stefano, Il dubbio, LSDI, l’Associazione Italiana Biblioteche, Carlo Franza su un blog del Giornale. Se sapete di altre fonti (che non riprendano pedissequamente altri articoli…), segnalatemele e le aggiungerò.

7 pensieri su “Repubblica Italiana contro Project Gutenberg: un case study

  1. nicola

    La mia personalissima opinione inutile è che le leggi sul copyright tutelino oggi solo chi ha sete di potere e denaro (e già ha sia potere che denaro) e molto poco gli autori e loro eredi. Per questo caso ho cambiato i DNS e il PG lo visito quando mi pare. (La cosa curiosa è che lo visito raramente, quindi senza questo provvedimento ci sarei finito su probabilmente nel 2031.) (Per i diversamente conoscitori delle lingue straniere, segnalerei LiberLiber che fa la stessa cosa in Italia con opere per lo più italiane.)

  2. Bubbo Bubboni

    Una democrazia moderna senza firewall e blocco delle VPN praticamente non può esercitare la giustizia nel proprio territorio e quindi non può tutelare i diritti dei poveri cittadini ‘gnoranti. Curioso.

    1. .mau. Autore articolo

      Immagino che esercitare la giustizia nel proprio territorio sia molto complicato e costoso, e quindi si cerchino soluzioni alternative a basso prezzo. Poi in questo caso specifico è interessante notare come i pochi delinquenti che sono interessati ai libri piratati da Gutenberg dovrebbero essere quasi tutti abbastanza esperti da scavalcare quel blocco, che quindi dal punto di vista pratico è inutile.

      1. Bubbo Bubboni

        Mah, credo che le moderne democrazie stiano evolvendo seguendo l’esempio di altre forme di governo (essendo già perfette dico “evolvendo” nel senso di segnare il passo del tempo). In quei posti il blocco è superabile da parte di alcuni ma solo fino a quando non strombazzano quello che stanno facendo. Chi esagera non scavalca proprio nulla.

      2. Mestesso

        La cosa ancora piu’ buffa in tutto questa operazione di pura facciata e’ che leggendo l’atto della GdF ho preso conoscenza di una serie di siti di materiale pirata che non conoscevo prima a costo e fatica zero. Vale a dire che adesso tutti conoscono tutto, e scaricano meglio di prima! Alcuni dei siti inclusi sono veramente tosti, ben riforniti e pure ben fatti…

        Penso che il tutto serva essenzialmente a limitare un poco il consumo di materiale pirata, nel senso che in diversi non conoscono come bypassare il sequestro e quindi finisce li’ (telegram invece ha chiuso il rubinetto, quindi i quotidiani sono oggi di molto meno facili da reperire, e qui il guadagno per gli editori e’ chiaro). Poi sullo specifico, e’ molto meglio dire “ma PG ha materiale piratato” (poco) che dire “scusate sono un cretino ho sbagliato”, quindi per me e’ andata cosi’.

  3. .mau. Autore articolo

    @bubboni: eppure alcuni dei post che ho linkato specificano cosa si deve fare per bypassare il blocco, e Aranzulla sicuramente avrà un tutorial al riguardo.

    @mestesso: ma tu fai parte dell’élite di cui dicevo sopra, insomma non conti. Sull’altra tua frase, questa è proprio la ragione per cui bisognava passare dal giudice (che avendo dato mandato ad altri di controllare non sarebbe comunque stato additato come cretino).

  4. Bubbo Bubboni

    Passato e futuro si intersecano. Se le democrazie mettono firewall o, per risparmiare (soldi e testa), taroccano solo i DNS, tollerano o meno le VPN in base alla visibilità di chi le usa, ecc. in definitiva ricadono in una antica pratica che io attribuisco ai Borboni ma potrebbe anche essere precedente. In sintesi era assolutamente tollerato che i sudditi operassero nell’illegalità ma era essenziale che sapessero che in qualsiasi momento l’autorità poteva schiacciarli forte non già dell’arbitrio ma del diritto. Se non erro furono rese illegali delle cose assolutamente normali nel mondo agricolo senza alcuna intenzione di impedirle, perché se tutti erano criminali ecco che c’era un vantaggio forte e stabile per lo stato colonizzatore. E’ il paradosso della sicurezza della rete in taluni stati: se è invalicabile è un problema ma se di fatto non lo è anche… perché è più sofisticata e richiede comportamenti molto più raffinati.

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