Decrescita infelice

In sei mesi a casa nostra si sono rotti ben due piccoli elettrodomestici: un tostapane (no, era qualcosa di ben più spacchiuso a dire il vero) e il food processor. Per due volte mi sono pericolosamente portato in bicicletta l’elettrodomestico in un centro riparazione (lo stesso, anche se le marche erano Kenwood e Philips: non so bene come funzionino le cose). Per due volte mi hanno detto che la riparazione sarebbe stata troppo costosa; per dire, cambiare il motore del food processor da solo sarebbe costato cento euro, con un rischio di aggiungere un’altra trentina per la scheda; il food processor ha una decina d’anni abbondante e comprarne uno nuovo costerà duecento-trecento euro, il che a questo punto diventa competitivo.

Io però continuo a pensare che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato se riparare qualcosa costi più della metà di acquistare qualcosa di nuovo. Non penso nemmeno ci sia un problema di manodopera, qui saremmo comunque a una sostituzione di un pezzo. Come possiamo pensare a una civiltà del riciclo?

(sì, lo so che la riparazione costa la metà di un oggetto nuovo. Ma è improbabile che l’oggetto riparato mi duri altri dieci anni e più: c’è da tenere conto anche questo)

Ultimo aggiornamento: 2014-11-09 16:49

14 pensieri su “Decrescita infelice

  1. hronir

    Non è così implausibile come lo descrivi: la produzione in massa ha delle economie di scala così efficienti — consente di spalmare i costi fissi su così tanti oggetti — che il singolo prodotto ha un costo minimo; al contrario la riparazione, che per fortuna si necessita in casi molto minori rispetto al numero di prodotti venduti, non può avvantaggiarsi delle stesse economie di scala, e dunque “costa di più”.
    In pratica non dobbiamo interpretare la storia dal punto di vista del “la riparazione costa troppo!”, ma da quello del “l’oggetto nuovo costa davvero pochissimo!”.
    E dunque la domanda è: perché mai dovremmo lamentarci di un tale stato delle cose?

    1. Albetron

      Forse perché comporta sprechi di risorse e sovrapproduzione di rifiuti che in scala globale e sul lungo termine sono insostenibili?

    1. .mau. Autore articolo

      un food processor è un robo che sminuzza e centrifuga cibi. Quanto alla tua controdomanda, dimentichi che c’è sempre un costo implicito nel buttar via delle cose…

      1. mestesso

        Qualsiasi cosa ha un costo economico, che sia più o meno visibile questa è una altra faccenda (il riciclo *costa*). Se il costo del riciclo supera quello del ricompro vai in perdita, anche se moralmente è senza dubbio più figo.

        Giusto per essere espliciti in Italia il costo della plastica recuperata è più alto di quella nuova e la prima la si sbatte in cose che paga la collettività (panchine, sculture,…) dato che nessuna attività economica non sovvenzionata la acquisterebbe. In Germania il riciclo è ben altra cosa e strutturato in maniera decisamente differente, ma per quanto riguarda l’elettronica e gli elettrodomestici i più fighi li sbattono in Bangladesh od in vietnam dove il ragazzino si ammala di esalazioni per una scodella di riso (Germania inclusa).

  2. hronir

    Ti riferisci ad un costo psicologico? Morale? O alla Tari?
    No, perché io quando devo decidere se riparare o ri-comprare, non vedo altri costi…

  3. Diego

    Ecco, adesso passa di qui qualche genio del marketing e inventa una linea di prodotti la cui riparazione costi al più il 25% del prezzo di vendita.
    (Che poi lo faccia duplicando il prezzo di vendita originale è, ovviamente, ininfluente).

  4. laperfidanera

    Guarda, mi son posta le stesse domande tue, da un anno a questa parte si è rotto praticamente tutto (ma alcuni elettrodomestici avevano abbondantemente superato i dieci anni di vita): una parte di un food processor (ma il motore è buono, lo uso con gli altri accessori), ben due lavastoviglie -quella di casa e quella della casa in campagna- , un asciugacapelli, un televisore che per poco non incendia la casa, un microonde, un boiler elettrico… Per non parlare di motoseghe, motocoltivatori, decespugliatrice ecc. Facendo gli scongiuri, resistono ancora lavatrici e frigoriferi (uno ha già 17 anni!).
    Quello che mi è seccato di più è il microonde, funzionava bene ma si è rotta la molla di chiusura dello sportello, in posizione credo irraggiungibile anche per il servizio tecnico.
    In compenso abbiamo potuto far aggiustare il combi lettoreDVD/lettore di videocassette, e a prezzo contenuto!
    Condivido solo in parte quanto commenta hronir, non mi pare che il costo del nuovo sia così basso, mentre è vero che la riparazione, fatta da un operaio specializzato e non da una macchina, inevitabilmente costa cara.
    Senza contare il prezzo dei ricambi! Anni fa mi pare sia stata fatta una ricerca per calcolare quanto sarebbe costata una comune auto utilitaria, comprata pezzo a pezzo: se ricordo bene, la somma dei vari pezzi ammontava al costo di un’auto di lusso!

    1. hronir

      Non c’è molto da condividere o meno: non intendevo dire che *secondo me* le cose nuove costino poco (rispetto a cosa?), intendevo dire che il giudicare elevato il costo delle riparazioni rispetto al nuovo è equivalente a giudicare basso il costo del prodotto nuovo (rispetto al costo dei pezzi di ricambio e alla manodopera).

  5. Luca

    “sì, lo so che la riparazione costa la metà di un oggetto nuovo. Ma è improbabile che l’oggetto riparato mi duri altri dieci anni e più: c’è da tenere conto anche questo”

    Dipende anche da come viene riparato l’oggetto. Io mi riparo in autonomia tutto quello che posso e ti garantisco che le cose che riparo durano almeno dieci volte quello che erano durate fino a quando si sono rotte. Motivo? C’è da metterci la testa e chiedersi “come mai s’è rotto?”.
    Chiaramente, l'”operaio” che lo fa di mestiere non è interessato ad un pensiero del genere: solitamente cambia il pezzo e avanti il prossimo. Neanche gli conviene, sennò non c’è più materia prima da riparare (e vai con gli sprechi).
    Aggiungerei, vista la mia esperienza personale, che progettare e costruire oggetti che durino quanto gli acquedotti romani non è di interesse neanche per i produttori, sennò “chi mi compra il prossimo -coso-?”.
    Mi è capitato di riparare oggetti che erano EVIDENTEMENTE fatti perché si rompessero. Così non li ho soltanto riparati ma migliorati.
    Ma io non lo faccio di mestiere, perché non ragiona così chi anche ha deciso di farne un mestiere?
    Purtroppo non sono molti ad accorgersi dell’obsolescenza programmata dei propri apparecchi, e sono molti di meno a saperla contrastare.

    1. .mau. Autore articolo

      (basta anche scrivere una sola volta…)
      Progettare e costruire oggetti durevoli non conviene ai costruttori, e di questo se ne sono accorti negli anni ’70 (dopo che era finita la crescita degli anni ’60 e in tanti si erano comprati i grandi elettrodomestici. Resta il fatto che per sapere riparare in modo “migliorativo” occorre conoscenza e soprattutto tempo.

      1. Luca

        (sorry, volevo apportare qualche migliorìa post-pubblicazione, ma ne ho rilevato l’impossibilità :P )

        Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo, più dell’oro e dei soldi e circa al pari della conoscenza.
        Però secondo me un oggetto che si guasta e che non viene (non conviene che sia / non può essere) riparato, nell’ottica del lungo periodo, ci “ruba” sia soldi, sia tempo, sia conoscenza.
        … Sono utopista? :)

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