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Christian Rocca - Chiudete Internet

Note e citazioni

(sono indicati i nomi dei capitoli e non le posizioni, per ragioni tecniche. I miei commenti sono in corsivo)

Il rincretinimento generale

▪ o che il wikibiografo di Philip Roth pretenda di conoscere la genesi di un suo romanzo meglio dello stesso autore. E quando Roth ha provato a far cancellare la falsa informazione, Wikipedia ha risposto che sul suo romanzo, proprio perché ne è l’autore, Roth non è una fonte attendibile, ma solo un inaffidabile esperto, a differenza di un qualsiasi «nostro cugino».

(Ovviamente le cose sono un po' diverse: il pensiero del critico, per quanto falso, è del critico, e a Roth è stato semplicemente detto che se voleva dire quello che ufficialmente era il suo pensiero (vero o falso che fosse… Non possiamo mica leggere nella mente di qualcuno) non poteva cambiare il testo ma doveva creare una fonte. Si è fatto intervistare e la voce è stata aggiornata.)

La gabbia

▪ Google, Facebook e tutti gli altri intrappolano gli utenti dentro una «Skinner box» virtuale, una di quelle gabbie da esperimenti per topi grazie alle quali gli scienziati sono in grado di anticipare le scelte delle cavie e addirittura di determinarle in base agli stimoli trasmessi.

(Che ci rinchiudano in scatole è vero. Ma il loro punto è semplicemente generare più profitti: degli esperimenti non può loro importare meno. Detto in altri termini, certo che possono influenzare le elezioni o in genere i pensieri, ma lo fanno per conto di chi paga di più.)

▪ In particolare, i programmatori di un sofisticato software capace di generare testi che sembrano scritti da esseri umani hanno deciso di tenere per sé i codici, in modo da prevenire possibili abusi ed evitare un’automazione su scala industriale delle fake news.

(Questo è uno dei tanti esempi che mostrano come questo libro non sia altro che un pamphlet. Fateci caso: quando Rocca scrive di queste notizie, non cita mai una fonte, buona o cattiva che sia. Fake news anche quelle?)

Il populismo del ’93

▪ o morale sono stati insopportabili. Nel 1993 si è iniziato ad accarezzare l’idea – probabilmente ingenua, ma eticamente doverosa – che si potesse davvero raddrizzare il legno storto dell’umanità. Era questo il dibattito occidentale, mentre si ponevano le basi della rivoluzione digitale. In Italia, invece, nel 1993 c’è stato uno scontro di inciviltà: da una parte la corruzione politica e dall’altra la via giudiziaria al potere, tutto il resto è stato schiacciato. Il 1993 è stato l’anno delle tangenti, dei suicidi, della carcerazione usata come strumento di confessione, dei partiti diventati bande da sgominare, dei processi sommari in piazza e sui giornali anziché nelle aule dei tribunali.

(La seconda parte è vera, anche se qui curiosamente Rocca dimentica il ruolo della stampa (è della Fininvest). La prima un po' meno, soprattutto fuori dagli USA.)

▪ L’imprenditore fattosi politico Silvio Berlusconi, campione populista ma tutto sommato liberale,

(Berlusconi non è mai stato liberale, anche se ama dirlo.)

La resa del giornalismo

▪ e nelle more abbia affossato l’unico esperimento riformatore, liberale e progressista degli ultimi decenni?

(che sarebbe?)

Questa persona non è reale

▪ Si dice che se il servizio è gratis, il prodotto è l’utente. Ma non è così. Il prodotto è la capacità di determinare il cambiamento di un comportamento dell’utente.

(Punto da ponderare, in effetti.)

▪ Lanier fornisce l’antidoto e l’antidoto è rigettare il dogma della gratuità, far pagare gli utenti per le ricerche su Google e per le amicizie su Facebook, come aveva scritto Guia Soncini su quella copertina di «IL Magazine». Sembra una follia, apparentemente, ma Netflix ha rilanciato il business della tv facendo pagare una quota mensile, quindi perché escludere che possa funzionare per i social?

(Perché non avresti i numeri sufficienti. Io posso pagare per frenf.it perché c'è qualche decina di utenti con cui mi interessa interagire e soprattutto non ce sono migliaia che preferisco evitare. Dovessi pagare per un abbonamento a Facebook, saluterei immediatamente la compagnia. Per quanto riguarda Google, chi mi assicurerebbe che se io pagassi un abbonamento allora non mi darebbe risultati addomesticati?)

▪ Siamo nel mondo della realtà contraffatta o della fake reality sfuggita di mano ai suoi creatori

(No che non è sfuggita, l'hai scritto tu stesso due pagine prima che l'hanno fatto apposta.)

La strategia di Putin

▪ L’attore protagonista del caos globale è Vladimir Putin.

(Qui non entro nel merito, non ne so abbastanza.)

La capitolazione delle élite

▪ andato in giro per l’America con «i mezzi pubblici» (che non esistono)

(Esistono, anche se rari. Poi non so cosa abbia effettivamente preso Dibba.)

▪ Al primo punto del programma dovrebbe esserci la regolamentazione e il controllo indipendente delle piattaforme digitali, da far valere in ogni sede nazionale e sovranazionale.

(Al posto del TG1 di Stato, il Facebook di Stato. Cosa mai potrebbe andare male?)

▪ L’elettore razionale non esiste

(Non è mai esistito, a dire il vero.)

▪ È la risposta politica che è mutata: non più assegnazione di posto fisso, non più corsi di formazione, non più cooperative sociali, ma distribuzione diretta del denaro,

(Detto così sembra fin meglio, l'unico vantaggio della disintermediazione.)

La sfida dei (prossimi) dieci anni

▪ Con un processo politico e legislativo travagliato, il Parlamento europeo e le altre istituzioni europee sono andati oltre e hanno preparato la direttiva sul copyright che, al riparo da ogni enfasi, si può definire come il primo tentativo di protezione dei diritti dei produttori di contenuti giornalistici dall’uso commerciale senza consenso sulle grandi piattaforme digitali.

(certo, virgola, certo)

▪ I detrattori hanno definito la norma una link tax, ma la tassa o, meglio, la riduzione dei profitti sarebbe a carico di Google e di Facebook, non degli utenti.

(E quindi non sarebbe una tassa?)

▪ un’estensione del diritto d’autore anche agli snippet,

(Proprio così, anche se tecnicamente è un ancillary right. Un copyright in più che non esisteva prima.)

▪ per chi produce news rappresenta una protezione del proprio business simile a quella già in vigore per la musica, il cinema e la televisione,

(No, lì non c'è nulla del genere. Ci sono ovviamente le protezioni del copyright, ma quelle c'erano già anche per le news.)

▪ un sostegno a un sistema di informazione di qualità messo in crisi dalla circolazione gratuita

(Circolazione gratuita scelta dai media, a dire il vero.)

▪ che imponeva alle piattaforme digitali di istituire un sistema di filtri,

(Manca la parolina magica della direttica: “automatici”.)

▪ I meme si possono sacrificare, del resto abbiamo vissuto oltre duemila anni senza sentirne il bisogno. (Peccato che già nelle bozze della direttiva si permettevano i memi

(che a me tra l'altro dicono poco), anche perché non hanno a che fare con il “giornalismo di qualità”.)

▪ Al contrario, se quel lavoro sarà retribuito è probabile che ci saranno più articoli e più fotografie in circolazione, non di meno.

(Di qualità? La domanda non è retorica. Come scrive lo stesso Rocca, la gente preferisce la robaccia.)

Conclusione. Una modesta proposta

▪ l’anonimato va combattuto;

(a dire il vero, rabbia d risentimento arrivano da persone che hanno nome d cognome…)

▪ eludendo peraltro le imposte fiscali dovute alla collettività perché il loro business è considerato immateriale e quindi non circoscrivibile in un territorio nazionale.

(Ecco. La domanda continua a essere “Perché gli organismi sovrannazionali non correggono questa stortura?”)

▪ le pagine di Wikipedia consultate ogni mese sono 18 miliardi.

(da cui la WMF ricava notoriamente i miliardi, tanto che fa in modo che la gente rimanga nel wallet garden di Wikipedia. Che c'entra Wikipedia in questo contesto?)

note/9788829701674.txt · Last modified: 2019/12/13 14:26 by xmau