Questa sezione raccoglie una serie di immagini (spesso tristemente)
buffe.
L'"Engrish" sarebbe l'inglese molto approssimativo usato dai giapponesi
(che come i cinesi hanno un unico suono per le lettere "l" ed "r": nel loro
caso assomiglia più a una "r"). Anche in Italia abbiamo comunque ottimi
esempi di "ingrese", come potete vedere qui sotto.
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Questo negozio parla di Cruises e cose del genere, tutto bilingue. Però il
Turismo, non si sa bene perché, è diventato un Turism che sembra più
che altro lombardo. E dire che il Touring Club dovrebbe essere un nome
relativamente noto, anche se non volessimo pensare al Tour de France...
Non è che il riferimento culturale sia il Puttan-tur?
(foto presa il 22 maggio 2007 in via Ugo Bassi, Milano)
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| Per i curiosi, il negozio in questione è in via Bazzi quasi angolo
la circonvallazione. Il cartellone pubblicitario sta sul ponte ferroviario
lì dietro. Mi chiedo però quanto possa essere grande quella shoow room, per
avere diritto a ben due o.
(foto presa il 24 marzo 2007)
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Milano, via Giulio Carcano. L'igiene è una cosa importante, anche se
proprio in quei giorni un'indagine ha mostrato come gli inglesi non
è che siano così puliti. Ad ogni modo, ecco qua l'igiene albionica.
(foto presa il 18 marzo 2006)
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Il risparmio sulle lettere doppie (pardon, le letere dopie) impazza a Milano. Dopo la "Coffe house" qui sotto, vediamo questo esempio di negozio immagino di moda in via Cappellini (Capelini?). Una "gallery" probabilmente non sarebbe sembrata sufficientemente esotica.
(foto presa il 16 marzo 2006)
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Mentre il mio amico Ignazio era in Cadore a fare una settimana bianca, gli è naturalmente capitato di prendere la seggiovia. Fortuna che è italiofono, perché a leggere la "traduzione" inglese uno si chiede esattamente il significato. Intendiamoci, "obligatory" esiste e ha il significato di "mandatory", quindi "obbligatorio": in compenso, "to go up" per un britannico significa "frequentare un'università", mentre se detto di un attore è "diventare confuso", come sarà capitato a molti di quelli che avranno letto la scritta.
(foto presa il 28 febbraio 2006 da Ignazio Guerrieri)
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All'Old Fashion Cafè presso la Triennale di Milano dovrebbero avere una clientela multilingue, quindi non c'è nulla di strano se il cartello con cui pregano la clientela di non entrare con grandi borse è bilingue. Però bisogna dire che - a parte la sintassi un po' traballante della frase inglese - riuscire a trasformare luggage in lagagge è davvero un colpo di genio!
(foto presa il 30 ottobre 2005)
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Questo bar in via Pola a Milano dovrebbe essere una "Coffee House", secondo
loro. Già capisco poco perché ci voglia un nome inglese, ma tant'è. Solo che
si sono forse accorti che l'insegna non era larga a sufficienza, oppure
hanno detto loro che il costo della scritta era calcolato sul numero di lettere
utilizzate, e così hanno pensato bene di risparmiare sulle "e" di "Coffee".
Tanto non se ne accorge nessuno...
(foto presa il 25 settembre 2005)
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Liveri è un paesino in provincia di Napoli, vicino a Nola. Non è in realtà
cosi vicino al golfo di Napoli, però da questo cartello
sembrerebbe quasi che l'amministrazione indichi
una "buona baia"...
(foto presa il 15 dicembre 2004 da Piero Fabbri)
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Siete in un aeroporto, e trovate un banco "Check-In Point" con per giunta il
logo di Alitalia. A cosa può servire? A fare un check-in? Sbagliato.
(Foto presa il 12 novembre 2003, Fiumicino, partenze nazionali.
Qualcuno deve poi essersi accorto della scarsa logica: hanno cambiato
tutto l'arredo.)
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L'engrish si può trovare nei posti più impensati. Questa foto è
ad esempio stata scattata
il 15 dicembre 2001 a Milano, tra Piazzale Cadorna e Piazza Castello. Ottimo
biglietto da visita, no? (beh, a luglio 2004 non c'era più, per fortuna)
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Non è necessario scrivere in inglese per avere degli usi "creativi"
di una lingua. Anche l'italiano è sufficiente, a volte...
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Siamo ai bordi della Chinatown milanese. Di per sé è anche comprensibile che
i titolari non siano così ferrati nell'italico idioma da sapere che noi
diremmo "abbigliamento 4 stagioni" senza preposizione. Però il nome del
negozio fa troppo film di serie B per non essere citato.
(foto presa il 22 maggio 2007, via Montello, Milano)
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Non c'è nulla di male ad avere un negozio gestito da arabi in viale Padova a
Milano. Al limite è un po' strano, visto che siamo in una zona più che altro
cinese. La scritta araba insomma va benissimo: quella italiana però un po' di
meno, considerando che la bilgietteria a me fa ricordare più che altro
qualcosa di turco... (foto presa il 9 marzo 2007)
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Vabbè, forse è un po' cattivo tacciare di ignoranza questo lavoratore autonomo
che arriva tutte le mattine un po' prima delle 9 in piazza Abbiategrasso
a Milano... e si mette a fare il venditore ambulante. Non so, può darsi
che sia io ad aver capito male, e che "iNbianchino" sia il cognome del signore!
(foto presa l'11 ottobre 2006)
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Rozzano è una città che pensa ai suoi abitanti, e così ha creato uno "sportello unico" che inizialmente era stato collocato all'interno del centro commerciale locale: ottima scelta, intendiamoci. Però poi devono avere pensato che sarebbe stato utile avere uno anche presso il comune. Così è uscito fuori questo cartellone, senza che nessuno si sia accorto che se lo sportello è unico, non può essere doppio...
(foto presa il 23 febbraio 2006)
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Questo cartello faidatè si trova da qualche parte a Bologna, dice il mio
corrispondente. L'ipotesi più probabile è che Katarina abbia imparato
l'italiano dai romagnoli, che hanno un approccio alle vocali molto
personalizzato.
(foto presa il 25 settembre 2005 da Federico Croci)
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Coin - ho scattato questa foto in piazza XXIV maggio - fa degli sconti
primaverili. Buon per loro. Lo sconto non è in contanti, ma viene dato
un buono: anche qui, nulla di male. Peccato che - come non ci sono
i "buoni pasti" ma i "buoni pasto" - il plurale dovrebbe fare "buoni sconto".
O forse volevano indicare che i loro sconti sono davvero buoni, mica come
quelli che fanno gli altri?
(foto presa il 13 aprile 2005)
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