Non c'è due senza tre. Puntuale come le una tantum italiane, la terza bordata di spam dalla lista Bonino e/o dal partito radicale - perdonatemi, ma non sono mai riuscito a capire la differenza precisa. Presumo sia un caso di repackaging, ma confesso che la cosa non mi interessa - ha colpito la mia casella email come quella di decine di migliaia di navigatori italiani, rigorosamente in multipla copia. E dire che non più tardi di qualche settimana fa, il responsabile della campagna pubblicitaria della Emma, l'ineffabile Rino Spampanato (nomen omen...) aveva assicurato che l'increscioso accadimento non si sarebbe più verificato.
E in effetti i più attenti di voi avranno notato un'importante differenza: il messaggio non è infatti arrivato da emmabonino@elezioniradicali.it, ma bensì da emmabonino@elezioniradicali.ORG, giusto per essere sicuri che anche nell'improbabile caso che la Naming Authority decidesse che questo caso è abbastanza eclatante per potere finalmente applicare la regola di naming che porta alla sospensione di un nome a dominio, non potrebbe farci nulla: gli indirizzi IP sono sempre i soliti, ma il nome è diverso. Volete poi mettere il riferimento alla transnazionalità del partito radicale?
Emma però vuole farci sapere che lei ha fatto tutte le cose per bene, e
inserisce un puntatore a una pagina del suo sito dove spiega di avere
perfettamente diritto a inondarci con il suo spam elettorale, poiché ha
recuperato gli indirizzi da liste pubbliche e quindi non è tenuta ai
dettami della legge 675. Bontà sua, ci concederebbe però di scrivere a un
certo indirizzo per essere eliminati dalla lista. E c'è chi ha detto che in
effetti questo è vero: dopo avere scritto durante la seconda ondata di
spam, è stato risparmiato dalla terza.
Peccato che ci siano un paio di problemucci. Innanzitutto, tutti coloro che
parlano della pubblicità per email concordano sul fatto che l'opt-out
(prima io ti metto nella lista, poi tu, se proprio vuoi, puoi farti
togliere) non è affatto un metodo valido per le iscrizioni: al limite viene
considerato lecito l'opt-in (io ti dico che c'è una lista, e se vuoi potrai
andare a iscriverti). A questo si aggiunge poi il banale fatto che io ad
esempio non saperi nemmeno a quali dei miei alias corrispondono le cinque
copie dell'ultima ondata di spam. E come faccio allora a togliermi dalle
loro liste?
A questo punto il lettore attento potrà domandarsi come possa essere
venuta ai radicali quest'intelligentissima idea di propaganda elettorale.
So già che molti diranno che sono anni che i radicali hanno il loro
sistema, Agorà, che da BBS è poi divenuta un sito internet. Girellando
sulla rete, però, si possono trovare dei documenti molto interessanti al
riguardo. Chi conosce il tedesco, ad esempio, può cliccare su
http://heise.de/presseinfo/extract/9907/online.shtml e leggere come nel
luglio dell'anno scorso la e-zine c't raccolse qualche decina di migliaia
di firme online contro lo spam elettronico e le consegnò all'allora
Commissario Europeo delegato alla Tutela del Consumatore. E provate a
indovinare chi era a quel tempo quel commissario? Non ci crederete mai:
Emma! Chissà, magari la prima scintilla della Soluzione Finale radicale è
arrivata da qui.
Indubbiamente la Tutela del Consumatore Internauta non sembra essere stata
considerata da Emma alla stessa stregua della tutela degli altri
consumatori: altrimenti avrebbe letto molto più attentamente il documento
della Commissione - alla fine Emma non faceva più il commissario, è vero,
ma le prime versioni saranno poi state così diverse? - dove il problema
della raccolta di indirizzi email dalla rete viene trattato con dovizia di
particolari. Il documento, tra l'altro, è visibile a
http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/media/dataprot/wpdocs/wp28en.htm.
Cosa si può fare? Come ho scritto all'inizio, non sembra ci siano possibilità "legali" di ottenere un risultato via Naming Authority e Registration Authority, anche se qualcuno ritiene che ci siano degli spazi possibili andando nelle pieghe delle regole. Fare un esposto a uno dei tanti Garanti, parlando magari della par condicio violata, è rischioso, sicuramente non immediato, e forse addirittura controproducente. Resta l'ipotesi "fai-da-te" che alcuni provider hanno prospettato: rifiutare automaticamente tutta la posta elettronica in arrivo da indirizzi IP corrispondenti ai siti degli spammatori. Nessuno è infatti obbligato a ricevere posta da un qualunque sito email: se si riuscisse a coagulare il consenso di molti provider anche grandi, e soprattutto a pubblicizzare la cosa, l'impatto nei confronti del grande pubblico sarebbe ben diverso, e toglierebbe la voglia di continuare a spammare impunemente. Sempre che non s'alzi la solita persona che pianga l'imbavagliamento dell'unica voce libera al di fuori dei due poli...