È sempre bello vedere terminare l'accanimento terapeutico. Finalmente la Naming Authority ha deciso di porre autonomamente fine alla propria esistenza, mettendo fine a un periodo di tre anni in cui ha formalmente definito le regole di assegnazione di dominii sotto .it senza in realtà assolutamente operare.

L'unica cosa che mi dispiace è non avere potuto presenziare a questo atto finale: il giorno dell'assemblea ero infatti in Nuova Zelanda, e stavo per prendere l'aereo per tornare dal mio viaggio di nozze: mi spiace, ma ho le mie priorità. (E non sono paranoico: la sovrapposizione delle date è stato un caso). Prima di fare un commento generale a quanto è successo nell'ultimo anno, lasciatemi spendere qualche riga a proposito dei miei risultati.
Penso di avere avuto il secondo peggior risultato nella storia delle votazioni per la presidenza: non essendo ancora pubblici i verbali non so quanti voti possa avere preso, ma immagino sui cinque o sei. Magari ce ne sarebbe stato qualcuno in più se la votazione fosse stata a scrutinio segreto, ma il risultato finale non sarebbe cambiato, né mi aspettavo qualcosa di diverso. Colgo comunque l'occasione per ringraziare quei pochi coraggiosi. Mi dispiace invece un po' che il mio delegato non abbia insistito per candidarmi al Policy Board: è vero che a ottobre avevo detto che non ero interessato a farne parte, ma è anche vero che nella delega scritta - datata 15 novembre - che gli avevo lasciato c'era espressamente scritto che avrebbe potuto ritirare o aggiungere mie candidature a suo piacere. Di nuovo, non credo proprio che sarei stato eletto: però almeno ci sarebbe stata una parvenza di votazione. (ah: lo statuto della Naming Authority recita(va) che il voto è pubblico, non che debba essere palese :-) )

Un anno di dolce far nulla

Bene. Terminato di parlare delle mie miserie, passiamo alle cose serie. Eravamo fermi a esattamente un anno fa, quando assieme a Vittorio Bertola avevamo lanciato una campagna contro la proposta "Fondazione Antonio Meucci" che avrebbe messo tutto quello che riguarda Internet in Italia sotto tutela governativa (leggi "maggioranza nominata dal governo").
La riunione tra NA, RA e governo (il cosiddetto Tavolo dei Dominii) del 20 dicembre 2002 è stata in realtà interlocutoria, senza che lo statuto della Fondazione fosse ancora messo nero su bianco. Tutto quello che si aveva era la vecchia bozza del suo articolato. Oops, scusate l'imperdonabile errore: le persone "NA" erano state invitate a titolo personale, dimenticavo.
Man mano che i mesi passavano, non capitava più nulla. Però il Presidente NA Claudio Allocchio ci rassicurava tutti, dicendo che si stava continuando a lavorare, ma chiaramente non era ancora possibile dare dei ragguagli puntuali fino a che non si fosse arrivati a una bozza stabile. Si sa come sono i politici!
D'altra parte anche lo stesso staff del ministro Gasparri aveva pubblicamente annunciato la prossima nascita della Fondazione, oltre ad essere fiero di aver pensato ad intitolarla a questo italico pioniere della telefonia ingiustamente dimenticato: chi siamo noi per non credergli?

Sta di fatto che la scadenza annuale per l'assemblea, cioè metà maggio, arriva e passa senza che ci sia traccia di una convocazione, che però a detta del presidente era sempre lì dietro l'angolo, non appena si fossero sciolti gli ultimi dubbi sulla Fondazione e l'Assemblea potesse votare la proposta. Passano maggio, giugno, luglio. Niente di nuovo. Arriva settembre: nulla.
Provo a vedere se si riesce ad autoconvocare un'assemblea, scopro che i "duri e puri" sono ben pochi, e in compenso mi becco una serie di attacchi personali niente male. Da un certo punto di vista avevano anche ragione: in fin dei conti ero il vicepresidente NA, e quindi avrei dovuto fare qualcosa, no? A questo punto, decido per coerenza di dimettermi, oltre che candidarmi contestualmente a presidente. Per me era chiarissimo il non avere nessuna speranza, ma ho almeno avuto la possibilità di indicare le mie idee su cosa la NA dovrebbe fare.

Ma cosa è successo al Tavolo dei Dominii? A posteriori credo si possa dire che i problemi sono stati tutti all'interno del governo, con i vari ministeri (Comunicazioni, Innovazione, Istruzione, Attività produttive) che cercavano di passare avanti ai colleghi e avere una posizione di preminenza.
Non so se la Registration Authority abbia messo dei paletti tra le ruote: sicuramente il Comitato Esecutivo della NA non ha fatto nulla del genere. In pratica, nell'unica riunione che è stata fatta tra gennaio e ottobre 2003 il CE si è limitato a mettere una moratoria sui nomi a dominio corrispondenti a una codifica IDN, vale a dire rappresentanti caratteri non puri ASCII: dalle lettere accentate agli ideogrammi.

Il guaio è che c'erano molte cose da fare. Già sugli IDN occorreva decidere se e quali nomi accettare; poi si sarebbe dovuto rendere possibile registrare più di un nome a dominio anche ai privati cittadini; semplificare le procedure di registrazione; tenere infine conto della privacy nei dati di registrazione, modificando la visualizzazione dei valori whois.
Non si è fatto nulla di tutto questo: la Registration Authority ha fatto informalmente notare che non avevano nessuna voglia di accettare decisioni esterne e soprattutto di persone senza legittimazione. Invero è difficile dare completamente torto su questo a Franco Denoth, direttore dell'istituto del CNR che gestisce la RA (l'IIT). Certo che se ci fosse stata più collaborazione negli ultimi tre anni, si sarebbe potuto collaborare.

A fine ottobre il CE si è improvvisamente riunito, e ha deliberato un nuovo MoU tra NA e RA: un documento cioè in cui si indicano gli obblighi reciproci dei contraenti. (Scusatemi per il link alla mailing list: quarantacinque giorni non sono stati sufficienti per avere il sito Naming Authority aggiornato). In pratica, la RA avrebbe creato un Policy Board che, anche se nominalmente sarebbe stato espressione della NA, doveva però essere diviso in "constituencies", cioè i vari attori con interessi nel campo avrebbero avuto rigidamente divisi i posti secondo un manuale Cencelli. La validità del MoU sarebbe comunque limitata alla fine di gennaio 2004, quando presumibilmente il Policy Board sarebbe stato parte integrante della RA.

L'assemblea e il futuro

Date queste premesse, cosa si poteva pensare sarebbe successo nell'assemblea della Naming Authority, che finalmente è stata indetta a Pisa per il 9 dicembre 2003? Sbagliato. Si vede che non sapete come funzionano le cose nell'orticello dell'internet nostrana.
Dopo un'intenso scambio di messaggi di cui qualche rivolo è anche terminato sulla lista ITA-PE, si è arrivati alla mattina dell'assemblea con una mozione presentata da Andrea Monti e aggiustata fino all'ultimo momento. Al momento il sito web non contiene ancora il testo della mozione, che comunque è stato immediatamente postato, anche se purtroppo il troncamento ASCII non è il massimo della leggibilità.
Si può comunque vedere come il Policy Board non è affatto parte della Naming Authority, ma piuttosto interno al Registro (la RA); che se questa ipotesi non venisse accettata, dal primo febbraio 2004 il Registro sarebbe comunque andato avanti per la propria strada; che eleggere un Comitato Esecutivo pertanto non aveva alcun significato.

Ergo, si è deliberato di non eleggere un nuovo CE (anche se a qualcuno deve essere venuto in mente che lo statuto attuale non poteva essere stravolto così tanto, e quindi si è prorogato il presente "per l'ordinaria amministrazione", qualunque cosa significhi. Immagino che il risultato pratico sarà non aggiungere le parole "fino al 9 dicembre 2003" nella pagina web che indica tutte le cariche storiche nella NA).
Si è poi eletto il Policy Board secondo le richieste del Registro: sei componenti, di cui uno proposto da ISOC, uno da Assoprovider, uno da AIIP, due dai maintainer, e uno dalla lista ita-pe. Inoltre, esternamente al Policy Board - faccio notare che è stato necessario ripetere la votazione sulla mozione, perché Denoth riteneva che non fosse sufficientemente esplicito che non ne faceva parte - c'è un "Delegato degli Enti Conduttori" che rappresenti le loro istanze e le posizioni, e già che c'è si faccia carico della "manutenzione ed aggiornamento delle pagine relative agli Enti Conduttori e Procedure di Riassegnazione" (ferme da un paio d'anni o giù di lì).
C'è stata qualche isolatissima voce contraria, con la presentazione di una mozione alternativa e una candidatura dell'ultimo momento alla vicepresidenza. Le votazioni hanno comunque avuto un esito bulgaro. D'altra parte con sei candidati per sei posti nel policy board, che si voleva fare?

Insomma, come dicevo all'inizio la NA ha deliberato la sua morte. Finalmente. Dal mio punto di vista, piuttosto che trascinare la situazione di stallo degli ultimi tre anni, è molto meglio darci un taglio secco, e non si può dire che il testo della mozione nasconda la realtà. Sì, ci sono le belle parole sul "teniamo insieme questo consesso di esperti!"; ma non so come, mi sembrano esattamente identiche a quelle dei necrologi o dei comunicati di licenziamento di un allenatore.
Questo però non significa che la situazione attuale abbia ancora un senso. Iniziamo dal Policy Board. È immediatamente evidente come la sua composizione espliciti la volontà dello IIT ad ampliare il suo ruolo e diventare de facto il vero punto di riferimento per tutta l'Internet in Italia, e non solamente per le regole per i nomi a dominio.

Prendiamo ad esempio i due rappresentanti (su sei...) degli Internet Provider. D'accordo, sono due perché le associazioni di provider sono due, non c'è nemmeno da dirlo. Ma qual è la loro rilevanza per le regole a dominio? Nessuna, perché gli interlocutori "aziendali" sono in realtà i maintainer. Tra l'altro, non importa affatto che uno di loro abbia fatto richiesta di iscrizione a ITA-PE in data 6 dicembre 2003: ricordo che ormai si parla di constituency, quindi di rappresentanti di una lobby - nel senso buono del termine! - che porteranno l'esperienza di tutto il gruppo che sta loro dietro.
Strana anche l'assenza ufficiale di esperti legali: abbiamo come visto la liaison tra Policy Board ed Enti Conduttori e un avvocato nominato in rappresentanza della lista ITA-PE, ma comprenderete benissimo che se si decide di prendere questa strada non si può poi usare mezzucci di questo tipo per dare rappresentanza a una classe di esperti.
Gli utenti? Beh, mi pare chiaro che oggi come oggi l'unica opzione per loro sensata è iscriversi al capitolo italiano di ISOC e organizzarsi al suo interno. Il posto degli utenti non può essere ITA-PE: essa era infatti nata come rappresentanza di tutti e questo modello muore immediatamente quando partono le constituency. Altrimenti corriamo davvero il rischio di trovarci persone "con più cappellini" che scelgono dove farsi nominare, il che a me almeno non pare affatto bello. Molto meglio far parte di un'associazione nata proprio allo scopo di sviluppare Internet, e fatta crescere in maniera illuminata dal suo presidente Stefano Trumpy. Sì, è lo stesso Trumpy che è stato direttore dello IAT prima di Denoth e anzi per alcuni mesi era tornato ad esserlo ad interim, a causa di una strana storia di erroneo pensionamento. Non ho appena scritto che Internet in Italia è un orticello?

Spero di essere riuscito a chiarificare un po' la situazione attuale, e che ora che si è esplicitamente ratificata una conversione a 180 gradi della Internet Governance sia possibile fare un nuovo salto di qualità. Purtroppo non tutto è roseo, nonostante la ritrovata unità. Ho scritto all'inizio che il Tavolo dei Dominii è fallito perché i vari ministeri non si sono accordati tra loro: ma nulla impedisce che uno di essi, approfittando di una situazione politica generale confusa, faccia approvare una leggina della serie "faccio tutto io", e non credo che la comunità "dal basso" avrebbe comunque la forza di opporvisi.
Non sto facendo l'uccello del malaugurio. Una rapida storia: il 12 dicembre dell'anno scorso, viene promulgata la legge 273/02 sulle "Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza". L'articolo 15, comma 1, dava delega al Governo di preparare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni in materia di proprietà industriale, tra cui l'"adeguamento della disciplina alle moderne tecnologie informatiche". Il ministero delle attività produttive ha pertanto prodotto un Codice della Proprietà Industriale" che è stato presentato lo scorso 4 dicembre.
Stranamente non è possibile ad oggi vedere il testo all'interno del sito del Ministero stesso: però se uno sa esattamente dove andare a cercare può scoprire che il capitolo italiano dell'"Associazione Internazionale per la Protezione della Proprietà Industriale" ha messo in linea la bozza del luglio scorso. Spulciando bene, si scopre che gli articoli dal 118 al 124 formano la sezione "Nomi a Dominio". E guarda caso rispunta in buona parte il testo del disegno di legge Passigli come emendato dalla commissione Caruso alla fine della scorsa legislatura, come approvato in commissione. Il testo non è passato come legge solo perché non c'è stato tempo sufficiente prima della fine della legislatura: ma occorre riconoscere che la memoria dei politici è da elefante. Lascio agli interessati la lettura degli articoli: faccio solo notare che adesso sono riassegnati i nomi per cui "la registrazione concerne in una denominazione generica di un prodotto o servizio tale da attribuire al richiedente un ingiustificato privilegio oppure da comportare un ostacolo rilevante allo sviluppo di iniziative commerciali nel settore".

Mica male, vero? Chissà, forse sarebbe stato meglio avere la Fondazione Meucci...

versione 1.00, 18 dicembre 2003, .mau.
torna alla pagina sulla NA
torna alla home page di .mau.