Archivi categoria: pipponi 2015

La colpa dell’inquinamento

Nei commenti alla copia su Facebook di questo mio post sul blocco delle auto a Milano mi è stato contestato che il (relativo) calo dei valori di PM10 milanesi lunedì scorso non era dovuto al blocco ma al fatto che molti se ne erano andati fuori città e quindi c’erano meno impianti di riscaldamento accesi. Visto l’imprevisto picco di martedì, presumo che ora affermeranno che sono tutti rientrati a casa (prima delle 10 o dopo le 16), per riandarsene subito via, almeno a quanto affermano i dati preliminari di ieri (mentre scrivo, sono disponibili solo quelli di una centralina su tre); o più probabilmente risponderebbero che questa è la prova che le auto non contano nulla.

La risposta più corretta è probabilmente “it’s complicated”. C’è un’estrema variabilità giornaliera, dovuta immagino alle microcondizioni meteo, e ci sono molti effetti concomitanti. Boris Limpopo ha segnalato questo interessante post che dai (pochi) dati a disposizione mostra come l’inquinamento causato dalle auto è in costante calo, ma sta crescendo quello dovuto alle attività umane tra cui il riscaldamento. Il killer non è però il gasolio, il cui contributo è in calo, quanto le biomasse: legna e pellet. In città il contributo è simile a quello dovuto al traffico; fuori città i vantaggi di avere poche auto sono vanificati dall’aumento dell’uso di quei combustibili.

In pratica insomma tutto fa brodo: un (vero) blocco in città non è una panacea ma aiuta, bisogna però prendere anche provvedimenti (non ho idea quali) per ridurre i fumi prodotti dalle biomasse. Poi, essendo la pianura padana quel che l’è, si può sempre pensare a spianare il Turchino.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-31 10:02

Fare i conti con i morti

Qualche giorno fa è stato reso noto che il numero di morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 era cresciuto dell’11% rispetto all’anno scorso. Ci avevo anche fatto una delle mie battute che non fanno ridere. I politici delle opposizioni hanno subito attaccato il governo, spiegandoci che l’inquinamento di queste ultime settimane ha avuto effetti così perversi che sono addirittura tornati indietro nel tempo: ma date le loro tipiche conoscenze scientifiche, non c’è poi molto da stupirsi.

Per fortuna che c’è chi, come il direttore di Le Scienze Marco Cattaneo, invece che fare proclami cerca ulteriori dati. Il Direttore ha recuperato i dati di mortalità degli ultimi quattro anni divisi per mese e ha segnalato, con l’aiuto di altri lettori ragionanti (ciao, Peppe!) alcune possibilità che vengono alla mente e che dovrebbero venire investigate: l’ondata di caldo del luglio 2015, peggiore di quella del 2012 ma meno pubblicizzata dai media; il calo delle vaccinazioni antinfluenzali nell’inverno scorso; la nuova normativa sulla notifica dei decessi; infine le fluttuazioni statistiche che nel 2013 e 2014 avevano fatto ridurre il numero di decessi. (Per favore, leggete l’articolo e i commenti, sono entrambi istruttivi ciascuno a modo suo)

Quali insegnamenti si possono trarre da questa storia? Parecchi. Innanzitutto, se si hanno troppo pochi dati (il numero totale di morti in un anno) non si può ricavare molto: i dati mensili hanno permesso di fare nuove ipotesi. (Ma attenzione a non esagerare: i Big Data sono tutta un’altra cosa e necessitano di un approccio completamente diverso!) Inoltre bisogna tenere a mente che – a differenza dei problemi che vengono dati da risolvere a scuola – nella vita reale la risposta è raramente unica: sono molte le cause, non necessariamente correlate, che concorrono a formare il risultato. Poi le fluttuazioni statistiche che sono sempre neglette hanno invece la loro importanza, anche se sempre come concausa. Infine, è questa è la cosa più importante, fare ipotesi è facile ma poi, come del resto Cattaneo sottolinea, bisogna anche verificarle.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-29 18:09

basta con questo Sol Invictus

Non ho ben capito perché, ma quest’anno il numero di persone che si sono premurate di far sapere al mondo – o almeno ai loro contatti – che il Natale non è altro che la festa del Sol Invictus (per celebrare il solstizio di inverno) riciclata per farla dimenticare. Beh, non vedo tutto quel grande problema: tanto il Natale sarebbe comunque stato festeggiato dai cristiani, anche se in un altro giorno.

D’altra parte anche il Sol Invictus è stato reso ufficiale nel 274, e immagino che quella festa fosse stata anch’essa riciclata. D’altra parte, tutte quelle feste sono poste in corrispondenza di una data dal significato simbolico: probabilmente quello del Natale deriva dalla scelta del 25 marzo come data dell’Annunciazione, il quale a sua volta dovrebbe derivare dal 14 di Nisan (cioè il giorno di Pasqua) ebraico, che finalmente è il giorno in cui c’è la prima luna piena di primavera. In definitiva, il percorso della Terra intorno al sole c’entra sì, ma bisogna guardare a un equinozio e non a un solstizio.

Volete festeggiare il Sol Invictus? Fatelo pure. Ricordatevi però che nell’anno in cui è stato formalizzato nell’impero Romano il solstizio si era già spostato di tre giorni: quindi se lo festeggiate il 25 dicembre state commettendo un falso storico. E ricordatevi anche che state diventando conformisti.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-25 21:11

Hangar Bicocca lo fa bene

Ho appena ricevuto una mail da Hangar Bicocca con questo testo:

Gentile Utente,

Lei ha ricevuto questa e-mail in quanto ha precedentemente accettato di ricevere comunicazioni relative a iniziative organizzate dalla Fondazione Pirelli HangarBicocca (Titolare del Trattamento).

Cliccando sul presente LINK, Lei verrà automaticamente indirizzato a una pagina web che ospiterà un sondaggio, rigorosamente anonimo. Le risposte a tale sondaggio, che saranno analizzate in forma aggregata, consentiranno alla Fondazione di ampliare i propri servizi e sviluppare programmi di interesse per i propri utenti.

La comunicazione è perfetta. Prima mi dicono perché mi spediscono la mail, poi mi spiegano cosa vogliono e come trattano i dati. (Per la cronaca, in fondo c’era un link “UNSUBSCRIBE” scritto in maiuscolo: l’unica cosa che si poteva migliorare era usare un termine italiano)

Ecco. Ci voleva molto? Non mi pare proprio. Allora perché Hangar Bicocca lo fa e mille altri no?

Ultimo aggiornamento: 2015-12-16 14:26

Metodo Report o metodo Eni?

Sono anni che ho smesso di guardare Report, e per la precisione da quando sono capitate delle inchieste su cose che conoscevo direttamente e che quindi sapevo che non erano come le commentavano loro. Report – ma credo di averlo già detto – è un classico esempio di giornalismo a tesi: si decide la tesi e si prepara il servizio montandolo in modo che mostri solo le cose a favore di quella tesi. Non è una cosa inutile, perché si possono ottenere informazioni che probabilmente sarebbe stato molto difficile trovare altrimenti: ma non è nemmeno quel vangelo che molti venerano.
A quanto leggo per esempio dall’ottimo Mantellini, ENI ha scelto un modo diverso dall’usuale per controbattere al servizio messo in onda ieri e in cui si parlava dell’azienda: in contemporanea all’inizio della trasmissione ha messo in linea una pagina web dove contestava punto per punto la ricostruzione di Report, fornendo la propria versione dei fatti. Contemporaneamente la “falange social” aziendale ha presidiato twitter, usando il tag #report in modo che chi usava il social media laconico per commentare la trasmissione – quello che chi ne sa di queste cose chiama “second screen” – si è trovato in diretta il controcanto.

Massimo ha perfettamente ragione a raffreddare gli animi degli iperentusiasti che hanno detto che questo è un passaggio epocale per la comunicazione mediatica italiana: ci sono almeno due ordini di grandezza di differenza tra chi guarda supinamente la tv e chi perde anche tempo sui socialcosi. È vero che bisogna anche considerare il rimbalzo della notizia sulla stampa: ma mentre scrivo, solo Repubblica La Stampa hanno un articolo in homepage, a differenza di Corriere, Giornale, Libero, Messaggero, Il Sole-24 Ore tacciono. Ed è ancora più vero che quella di Eni è di nuovo un’informazione a tesi, ovviamente opposta a quella dell’équipe Gabanelli. Piano con gli entusiasmi, insomma.

Ma penso che sia anche molto utile leggere cosa ne pensa Mario Tedeschini Lalli, che è giornalista di lungo corso ma nonostante questo ;-) di rete ne sa eccome. Mario fa presente che il problema non è quello della diretta o non diretta, ma bensì della credibilità dei giornalisti, che a torto o a ragione – lui è buono dentro, e dice che più spesso è a torto – si è persa. La sfida è quindi quella della massima trasparenza: continuare a fare reportage e non solo talk show, ma lasciare anche a disposizione di chi voglia saperne di più tutto il materiale grezzo. Certo, saranno ben pochi coloro che si prenderanno la briga di farlo: ma bastano anche quei pochi per avere la possibilità di trovare eventuali errori, voluti o no, nella narrazione che poi appare in tv.

In definitiva Mantellini e Tedeschini Lalli spiegano con parole migliori quello che io dico sempre: mai fidarsi di quello che leggete, ricordarsi che la verità è sempre elusiva e che non prescinde comunque dalla verificabilità, e soprattutto che non c’è nessun pasto gratuito: per sperare di capire qualcosa ci vuole fatica, anche solo per seguire le fonti.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-14 16:00

circonvenzione d’incapace

Oggi il pendolo delle notizie sentenzia che è una vergogna che lo Stato non ripaghi chi ha perso i soldi nel crac delle banche dei quattro. Spesso si dimenticano di aggiungere che i correntisti, almeno quelli che avevano meno di 100.000 euro, continunano ad avere i loro soldi. Ma quello che si dimenticano di dire è che chi ha comprato obbligazioni subordinate l’ha fatto per un qualche motivo, e il qualche motivo con ogni probabilità è che qualcuno di quelle banche gliele ha vendute come titoli sicuri (“sono obbligazioni, no?”) e li ha convinti a scrivere nelle informazioni per il MIFID “propensione al rischio: alta”.
Io confesso che fino alla settimana scorsa non sapevo cosa fosse un’obbligazione subordinata. Però se di questi tempi vedo un’obbligazione che rende più dell’un percento inizio a chiedermi cosa c’è sotto. Diciamo insomma le cose come stanno: chi ha venduto quelle obbligazioni a gente che ci ha messo su tutti i suoi risparmi dovrebbe essere denunciato per circonvenzione di incapace, e i loro capi che li hanno “gentilmente” invitati a farlo dovrebbero a loro volta finire al gabbio per istigazione a delinquere. Ma perché io dovrei ripagare quei soldi ai risparmiatori truffati?

Ultimo aggiornamento: 2015-12-11 09:39

Sarà falso? Sarà vero?

Dopo le polemiche sulla festa di Natale cancellata in una scuola di Rozzano, ora appare la risposta del preside.

Ve lo dico subito. Io sono contrario alle rappresentazioni di Natale a scuola, come sono contrario a tutte le iniziative dove sono coattamente impegnati i bambini. Che ne direste se un preside decidesse che visto che aprile è il mese della consapevolezza matematica ci fosse una giornata in cui tutti – tranne i discalculici certificati, perché noi le minoranze le rispettiamo – mostrano la loro bravura nel preparare e risolvere problemi matematici?

Detto questo, la Buona Scuola prevede che il preside sia un manager, con una serie di poteri. Se il preside non vuole fare rappresentazioni natalizie, è una sua scelta: la esternerei con congruo anticipo nel sito della scuola, ma niente di più.

Ultimo aggiornamento: 2015-11-30 10:11

Circo mediatico vaticano

Anche se il periodo non è proprio il migliore, il processo in Vaticano per la fuga di notizie finanziarie riesce comunque a raggiungere le homepage dell’italica stampa – anche se oggettivamente ne ho trovato notizia anche sulla BBC.

Il Vaticano deve mostrare di essere rapido ed efficiente – la fretta di fare partire il processo mi ricorda molto la giustizia calcistica. Non è per niente strano che siano alla sbarra anche i giornalisti, per «rispondere della condotta dell’attività svolta per ottenere le notizie e i documenti pubblicati». Dal punto di vista della Santa Sede divulgare i segreti interni è Male; quindi occorre mostrare a tutti il pugno duro, incuranti delle critiche che arrivano da fuori e a cui tanto sono abituati. Mi sembra una cosa piuttosto stupida, perché tanto non riusciranno a ottenere informazioni, ma tant’è.

Ma vediamo le cose da un punto di vista più pragmatico. Emiliano Fittipaldi può stare tranquillo: nessun governo occidentale penserebbe mai di estradare in Vaticano qualcuno perché ha scritto un libro. Il risultato finale pratico sarà pertanto una pesantissima limitazione ai due giornalisti che non potranno più andare in piazza san Pietro e comprare medicine alla farmacia vaticana. Detto in altri termini: se io fossi stato imputato di quei “crimini”, non mi sarei nemmeno presentato in aula. Però immagino che dal loro punto di vista sia meglio così: se il Vaticano vuole farsi pubblicità, perché non lo possono fare anche loro?

P.S.: Qualcuno spieghi a Gianluigi Nuzzi, che ha postato la richiesta di farsi assistere dal suo avvocato di fiducia, che sarebbe successa la stessa cosa in una qualunque altra nazione, a meno naturalmente che l’avvocato fosse iscritto all’ordine locale. O dite che lo sapeva benissimo?

Ultimo aggiornamento: 2015-11-25 10:47