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il bonus matrimoni

È possibile che qualche parente di Domenico Furgiuele abbia un interesse sul business dei matrimoni. È certo che tutti i giornali che hanno parlato di 20000 euro di “bonus matrimoni” non si sono dati la pena di leggere il disegno di legge presentato dal deputato leghista calabrese insieme ad altri quattro compagni di partito: i 20000 euro sono il tetto di spesa detraibile al 20%. (Il tutto se hai meno di 35 anni e un reddito di coppia sotto i 23000 euro, ecc. ecc.)

Detto tutto questo, faccio notare – principalmente agli eventuali giornalisti tra i miei ventun lettori, ma siete tutti benvenuti – un paio di cose. No, non mi metto a parlare dell’ovvia incostituzionalità del DDL: per quanto la mia stima per molti parlamentari sia minima, non credo proprio che Furgiuele non lo sappia.

(a) Il DDL è stato depositato il primo giorno della legislatura insieme alla solita quantità inenarrabile di proposte di legge che servono solo per far parlare di sé e non vengono mai calendarizzate. A quanto pare c’è voluto più di un mese prima che un qualche solerte giornalista si accorgesse di questa proposta (anche leggendola male).
(b) Se uno dei suddetti giornalisti avesse aperto un browser e fatto la ricerca con testo “favorire l’accesso al credito per spese connesse” (parte del titolo della legge, giusto perché per pigrizia non l’ho messo tutto) avrebbe scoperto che l’ottimo Furgiuele aveva già presentato – con molti più colleghi, in effetti – un ddl dallo stesso titolo il 13 novembre 2018. Il testo del ddl, a parte modificare il 2019 in 2023, è identico; la presentazione quasi, perché Furgiuele ha giustamente aggiornato i dati sul numero di matrimoni.

Tutto questo l’ho trovato in dieci minuti circa. La mia domanda, ovviamente retorica, è “com’è che non ho trovato nessun articolo che dicesse queste cose”? Passi Twitter dove si sa che nessuno va a leggere i link postati, ma da un quotidiano mi aspetterei qualcosina di più…

Ultimo aggiornamento: 2022-11-21 13:43

Le solite scelte di argomenti

Che Lorenzo Fontana scriva “Inpiegato” con la enne (tipico venetismo, anch’io a cinque anni a volte ci cascavo) onestamente non mi importa un tubo. Che sul sito della Camera indichi di avere tre lauree mi importa relativamente poco, anche se è buffo che sia riuscito a laurearsi in storia all’Università Europa di Roma che non rilascia lauree in storia.

Invece che sfornare articoli su queste cose, non è che l’italica stampa comincerà a fare watchdog su quello che Fontana farà nella veste di presidente della Camera?

(p.s.: ho controllato con una ricerca interna al sito. È possibile che in passato l’Università Europea di Roma abbia avuto un corso di laurea in filosofia, ma di storia non ho proprio trovato traccia)

È quello che vogliamo

Vedo – soprattutto nella mia bolla di Twitter – gente che si lamenta perché oggi i quotidiani sportivi hanno aperto con titoloni in tutta pagina su quanto successo in Juventus-Salernitana relegando in un angolino la vittoria della nazionale maschile di pallavolo ai mondiali (e lasciamo perdere il basket, in fin dei conti si era solo agli ottavi). Io non capisco davvero il problema. Ma secondo voi quelli che acquistano quei giornali sono interessati più alla pallavolo o al calcio? Certo, se non ci sono proprio partite, guardano anche dell’altro; ma appunto lo fanno come si prenderebbe il metadone.

Ultimo aggiornamento: 2022-09-12 15:08

Giornalismo choc

Io non ho sicuramente le competenze per discutere sullo studio di Franco Giovannini, Riccardo Benzi Cipelli e Gianpaolo Pisano presentato con tanta fanfara da La Verità. Diciamo che un testo il cui abstract comincia con «The use of dark-field microscopic analysis of fresh peripheral blood on a slide was once widespread in medicine» mi lascia qualche dubbio: perché non è più usato, considerando che mi pare poco invasivo e non molto costoso? E diciamo anche che la metodologia non mi sembra delle migliori, visto che non c’è nessuna specificazione su come è stato scelto il campione, e perché i controlli più specifici siano stati fatti su quattro specifiche persone. (Comunque 300 dollari per la pubblicazione non sono poi molti; purtroppo non sono riuscito a trovare quanto sia durata la peer review, ma sicuramente l’articolo non poteva essere stato completato prima di fine marzo ed è stato pubblicato il 12 agosto. Per fortuna le cose di fanno in fretta.

Una cosa però mi è chiara: l’artiolo de La Verità è assegnato solo agli abbonati. Se la cosa è così importante, perché non renderla visibile a tutti?
(Ah, il paper è qui per chi vuole leggerlo)

Libertà di parola violata?


Mi è capitato di leggere questo articolo di Matteo Gracis (“fondatore de L’Indipendente”). Ora, io leggo che Matteo Gracis “è stato assistente alla comunicazione di un Deputato della Repubblica Italiana.” Devo dire che a questo punto trovo davvero preoccupante una frase come quella citata qui sopra. Passi per i laureati all’Università della vita, vita che evidentemente ha delle limitazioni; ma dal fondatore di una testata giornalistica registrata mi aspetterei qualcosa di meglio. Poi se anche voi credete che nella Costituzione «c’è un articolo specifico che garantisce la libertà di parola e pensiero e che chiunque – sottolineo chiunque – deve rispettare se vive, agisce o opera sul territorio nazionale» vi inviterei a scrivere alla Rai – servizio pubblico, tra l’altro… che si ostina a non invitarmi a nessuna sua trasmissione televisiva: eppure la libertà di parola (mia) è garantita dalla Costituzione, no?

Non vedo neppure un grande senso a lamentarsi perché «utilizzare tale “canale” è un mio diritto e voglio, anzi pretendo, che sia rispettato. Tanto più se lo utilizzo per svolgere la mia professione». Potremmo forse parlarne per il caso di un account legato direttamente alla testata giornalistica, ma la professione (di giornalista, immagino) non la si svolge su Facebook bensì sulla propria testata. Altrimenti di nuovo tutti gli iscritti all’ordine dei giornalisti dovrebbero essere presenti sulla Rai. Ok, mettiamola così: anche se Gracis non avesse terminato il suo articolo con la ritrita citazione deandreiana, leggere un pezzo così mi ha tolto ogni interesse a verificare com’è questo L’Indipendente elettronico.

Verità & Affari

Dalla scorsa settimana è in edicola un nuovo quotidiano economico, che come potete immaginare è figlioccio di La Verità. Io me ne sono accorto perché davanti alle edicole c’era appiccicata la fotocopia della prima pagina del primo numero, che vedete anche qui riportata nel mio post. Il direttore responsabile, il solito Maurizio Belpietro, spiega nel suo editoriale che – come cinque anni fa decise di fare uscire un «giornale politico d’impronta moderata» – ora intende «raccontare la verità senza censure». Ok. Ma io ve lo dico subito: se devi intitolare “Clamoroso!” il tuo articolo principale mi fai già capire che di clamoroso non ci sarà proprio nulla, e mi risparmi la fatica di aprire l’articolo in questione. Se una cosa è davvero clamorosa non serve dirlo, il lettore medio dovrebbe capirlo.

Se poi mi chiedete se sarà vero che un hacker sia entrato nei conti correnti di Bankitalia, la mia ipotesi è “sì, ma dobbiamo accordarci su cosa si intende per vero”. Non so se conoscete l’aneddoto su Giuseppe Verdi che un giorno, mentre passeggiava, sentì un suonatore di pianola che stava storpiando il motivo de “La donna è mobile”: gli lasciò una moneta e gli disse che almeno la suonasse con un tempo più rallentato. Il giorno dopo il suonatore aveva un cartello appeso al collo: “Allievo di Giuseppe Verdi”…

(ho scoperto che Panorama è stato comprato dall’editrice della Verità. Ora capisco qualcosa in più)

Troppi Roosevelt per il giornalismo italiano

No, non ho ancora capito cosa voglia fare Meta con le biografie femminili. Prima o poi dovrò partire dalla fonte e cercare altre informazioni. Stamattina ho solo trovato roba in italiano più o meno scopiazzata e tradotta. La migliore però è sicuramente quella su ItalianTech, quindi gruppo GEDI, da cui ho tratto l’estratto in figura, che riporto qui sotto:

Secondo quanto raccontato, per Fan si trattava anche di un problema personale: in terza elementare le fu chiesto di scrivere un saggio su una figura storica cui fosse dedicato un libro presente nella biblioteca della scuola. Avrebbe voluto farlo su Eleanor Roosevelt, ma non essendoci libri su di lei, fu in qualche modo costretta a parlare del marito Theodore, 26esimo presidente degli Stati Uniti. Se accadesse oggi, gli studenti consulterebbero Wikipedia. E probabilmente si troverebbero di fronte allo stesso problema.

Ora, non mi è stato necessario aprire Wikipedia per sapere che Eleanore Roosevelt era la moglie di Franklin Delano Roosevelt, il trentaduesimo presidente USA, e non di Theodore Roosevelt. Che ha fatto Emanuele Capone? Così ad occhio ha preso l’articolo di Meta, dove Fan scrive

When I was in third grade, I was assigned to write an essay about a historical figure, and the only requirement was that the library had to have a book about the person. I wanted to write about Eleanor Roosevelt but had to settle for Teddy Roosevelt.

La prima frase è la traduzione letterale del testo di Fan. L’ultima è dettata da quelle che mi paiono essere le linee guida ufficiose attuali della stampa mainstream: fare come al solito Wikipedia bashing, ma in modo più sottile di qualche anno fa. (A onore di Capone, alla fine dell’articolo c’è il link alla voce di Wikipedia su Eleanor Roosevelt :-) ) Per la frase di mezzo, posso immaginare che Capone abbia fatto una ricerca su “Teddy Roosevelt” (non avrà mai visto Una notte al museo…), che almeno a me dà il risultato qui sotto. Il fatto che gli americani abbiano avuto due presidenti Roosevelt, parenti alla lontana, non ha aiutato certo…

Termino con un coming out. Come ho scritto, sapevo che Eleanor Roosevelt era la moglie di Franklin Delano; quello che non sapevo – e che ho appunto letto da Wikipedia… – è che Theodore era suo zio. Insomma, Roosevelt era anche il suo cognome prima di sposarsi. Troppi Roosevelt in questa storia!

Ultimo aggiornamento: 2022-04-01 12:07

No, Orsini non è stato “oscurato” da Wikipedia

Sono più di vent’anni che esiste Wikipedia, e più di vent’anni che almeno i nostri giornalisti non hanno ancora capito come funziona. (Oppure che non gliene importa un tubo, o ancora che pensano che mettere Wikipedia in un titolo porti più visualizzazioni e quindi più soldi…) Prendete questo articolo del Corsera e guardate il titolo: quello che si può capire è che Wikipedia ha oscurato la voce su Alessandro Orsini perché “ha detto cose scomode” o qualcosa del genere.

La verità è un’altra. Fino all’altra settimana, nonostante l’evidente narcisismo di Orsini, non esisteva nessuna voce di Wikipedia su di lui: insomma, non se lo filava nessuno. Dopo che il Messaggero l’ha – se non ho capito male – censurato, i suoi solerti seguaci hanno scambiato Wikipedia per un social network e hanno cercato di creare la sua fanpage, che è stata regolarmente e immediatamente cancellata in tutte le sue incarnazioni dai nomi improbabili (“Alessandro Orsini (giornalista)”, “prof Alessandro Orsini”…). Tutto qua.

La vera domanda è un’altra. Orsini è da considerarsi “enciclopedico”, cioè una personalità rilevante, secondo le regole di Wikipedia? Beh, probabilmente sì. Nel 2010 vinse infatti il Premio Acqui Storia che dovrebbe essere importante – uso il condizionale perché non è il mio campo, e non per nulla io non sono nemmeno entrato nella discussione che si sta avendo al riguardo. In questo caso, non appena il polverone mediatico si sarà posato, immagino che la voce su di lui verrà scritta, e queste polemiche saranno riportate con la corretta enfasi come per esempio nel caso di Donatella Di Cesare. La censura insomma non c’è, checché ne pensino i solerti seguaci di cui sopra e forse anche l’estensore dell’articolo…

Ultimo aggiornamento: 2022-03-26 11:00