Non si può però ignorare l’aspetto diacronico, soprattutto per parole che fanno parte del lessico di base e ormai vivono di vita propria da decenni come appunto flipper (1959) e puzzle (1919!!!). Sono così integrate nel nostro lessico che il significato originale inglese ormai non è più molto rilevante, se non per curiosità etimologica: nonostante l’aspetto “straniero” vanno ormai considerate parole italiane a tutti gli effetti.

In questi casi, secondo me, non sono molto realistiche le opzioni “creare un neologismo” e “accontentarsi” pur di non usare l’anglicismo: non tengono conto di aspetti diacronici e altri meccanismi e aspetti sociolinguistici e pragmatici che regolano l’uso del lessico nella comunicazione, non solo in italiano ma in qualsiasi lingua (e questo secondo me è uno dei limiti del lavoro di Zoppetti).

Completamente d’accordo invece nel dare grande rilievo ai prestiti recenti che non sono ancora entrati stabilmente nell’uso (e proporre alternative credibili) e agli anglicismi che tentano di scalzare parole italiane già esistenti, come food per cibo o alimenti – il famigerato itanglese!