Conto di leggere il libro perché tutto quello che non ti ha soddisfatto è esattamente quello che mi interessa.
E, a quanto pare, Ricolfi resta stabilmente uno dei pochissimi che portano idee nuove e non la solite ricicciature e ha una fedeltà ai dati che trovo sempre tanto apprezzabile quanto rara.
Ad esempio io non avevo capito perché era comparso il buonismo. Pensavo fosse originato da una variazione del politically correct dovuta principalmente a sudditanza culturale, ma sottoscrivo subito la relazione con il cambio di target della sinistra e mi rammarico di non averlo capito da solo anche se i segnali erano evidenti.
Per populismo/reati aspetto di leggere il testo ma a naso direi ci siamo. Se con redditi ti riferisci a quelli degli stranieri incarcerati (=i poveri, indipendentemente dalla nazionalità, deliquono in una misura fissa e, inoltre, non hanno buoni avvocati. Più di un terzo della popolazione carceraria in Italia è composta da stranieri perché sono poveri in una percentuale adeguata a giustificare la sproporzione) la relazione è ben studiata e porta ad una conclusione diversa (= la propensione a deliquere a parità di reddito non è legata alla nazionalità, ma chi è ai margini della società delinque molto di più di chi ritiene di esserne parte). Inoltre il crimine riproduce se stesso, a mio parere, per via della sballata filosofia della pena carceraria contemporanea. Ne consegue che chi entra ha pochissime possibilità di uscire realmente ed andare a ingrossare qualche altra statistica.