Il silenzio dei cognoscenti

La scorsa settimana l’ottimo Luciano Blini ha postato un pippone su come è cambiata la fruizione di Internet dal lontano passato (vent’anni fa, diciamo) a oggi.

Concordo sul fatto che un tempo si tendesse a usare il WWW per cercare informazioni, anche se non è vero che non si fornissero anche opinioni: Usenet serviva proprio per questo. Diciamo che le opinioni erano piuttosto informate: non so se ho imparato più cose sui Beatles leggendo rec.music.beatles.moderated che leggendo i libri sul quartetto, ma diciamo che è una bella lotta per stabilire quale sorgente mi è stata più utile. Vogliamo dirla in un altro modo? Si potevano fare domande e avere – non in realtime, ma con una sua buona approssimazione – risposte.

Poi sono arrivate le masse. Non so se la colpa della deriva che abbiamo visto è legata a Zuckerberg che ha imposto i nomi-e-cognomi reali per usare Facebook: ma Luciano ha ragione nel dire che tipicamente «il nostro target di riferimento negli anni è diventato il vicino di pianerottolo». (Sì, io e il mio vicino siamo amici su Facebook :-) ) Da buon matematico, credo che il guaio sia stato per l’appunto l’ampliarsi della platea. Non è che prima io avessi molto da dire all’aborigeno; ma non è nemmeno che ora io abbia molto da dire al mio vicino, o meglio quando ho qualcosa da dirgli vado a suonare al suo campanello. Però il numero totale di persone che posso seguire resta sempre più o meno lo stesso, e va a finire che prediligo chi mi sta più vicino e mi dà meno problemi di decodifica. (No, non è solo il problema della lingua; è proprio il parlare di cose più banali. Perché devo faticare a capire com’è la vita quotidiana dell’aborigeno? Guardo quella del vicino che è più o meno simile alla mia).

Il punto su cui però non sono affatto d’accordo è il suo attacco contro la “convivenza pacifica”: quella per cui, invece di rispondere ai nostri “contatti provinciali” mostrando loro le cazzate che stanno dicendo, preferiamo tacere per amore di quieto vivere e tutt’al più li silenziamo. Naturalmente sono contrario perché il tacere è una delle mie tattiche preferite :-) Lasciamo perdere i flame che scoppiano in ogni momento, perché non c’entrano con il discorso di Luciano: lì si assiste semplicemente alla contrapposizione di tifosi dove non c’è assolutamente alcun argomento logico né da una parte né dall’altra. A dire il vero io aggiungerei anche le pagine “Mentana / Burioni blasta laggente”: la mia sensazione è che sono seguite non tanto perché si pensi che il giornalista e il medico abbiano ragione e gli altri torto (occhei, magari lo si pensa anche ma solo a pelle, senza essere andati a verificare), ma soltanto perché i due fanno i circenses, e uno spettacolo sanguinolento è sempre stato apprezzato da moltissimi. Il punto è un altro. Perché se qualcuno continua a postare cose palesemente false – perché le ha trovate in rete da uno di cui si fida… – dovrebbe cambiare idea perché io gli posto altre cose? Ricordo che ci vuole fatica a verificare un’affermazione, e guarda caso le idee fallaci sono scritte in modo che non occorra fare fatica: la retorica è una grande scienza. Posso far notare al mio interlocutore una cosa una volta, due, tre; ma se non ci è ancora arrivato, è inutile perdere il poco tempo a mia disposizione, che posso sfruttare per cercare nel mio piccolo di far fare un passetto in più alla divulgazione delle cose, e sperare che quanto scrivo possa essere utile a qualcuno. Non si possono raddrizzare le gambe ai cani.

Sì, sono pessimista. Ma è il risultato di quello che vedo.

Un pensiero su “Il silenzio dei cognoscenti

  1. uzzi

    Sono abbastanza d’accordo con te. Internet oggi è abbastanza un guazzabuglio di persone litigiose e spesso cercare di discutere equivale proprio a cercare di raddrizzare le gambe ai cani. (Carolina da tentativi di parlare di immigrazione..)

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