Trattare. Ma su cosa?

Come spero sappiate, l’azienda per cui lavoro (Telecom o Tim, chiamatela come vi pare) oltre a bloccare da due anni il rinnovo del contratto collettivo di lavoro ha anche deciso di cancellare unilateralmente il contratto integrativo (che l’azienda per cui lavoro non chiama così: in effetti tecnicamente queste sono le “norme di raccordo” ed evidentemente i raccordi non sono più di moda), creando un regolamento non si sa bene scritto da chi. Per fare un esempio volutamente stupido, secondo tale regolamento io non posso scrivere i miei libri di matematica divugativa senza previa autorizzazione aziendale: il tutto “come da CCNL”, che naturalmente dice tutt’altra cosa e cioè che non si può fare fuori dall’orario di lavoro concorrenza all’azienda, cosa che di per sé è pleonastica perché lo dice già il codice civile.

Gli scioperi e le manifestazioni non sono serviti a nulla, e d’altra parte l’azienda per cui lavoro l’anno scorso ha avuto un margine operativo lordo di soli 8 miliardi su 19 di fatturato, quindi evidentemente è in crisi e deve tagliare.

Ieri però Fistel-Cisl (il mio sindacato) ha deciso di chiedere «un incontro alla Direzione TIM per fornire alcune considerazioni sul Regolamento Aziendale». Ora io sono un democristiano dentro, e trovo assolutamente normale il concetto che è inutile fare scioperi su scioperi e basta. (Sono anche dell’idea che se uno dei punti chiave è l’abolizione dei cinque euro e mezzo di indennità giornaliera per i tecnici che non rientrano in sede per pranzo, la risposta non è scioperare ma fermare il lavoro alle 12:30, rientrare in sede, pranzare, riprendere l’auto e continuare il lavoro; ma non è un caso che io non sia un sindacalista). Il punto è che è assolutamente pernicioso fare un incontro se non si ha una controproposta da fare, e la controproposta non può essere semplicemente al ribasso (“accettiamo X e Y se si rimettono Z e W come prima”) ma deve essere migliorativa da qualche altra parte. Altrimenti non si discute ma si fa gli zerbini. Le considerazioni sul Regolamento Aziendale si possono fare pubblicamente; se proprio si vuole un momento formale non si chiede un incontro ma un momento di presentazione e poi si va via.

Davvero, non capisco proprio questa mossa.

2 pensieri su “Trattare. Ma su cosa?

  1. robxyz

    Da collega condivido le tue perplessità, aggiungendo la preoccupazione per la mossa a mio avviso scellerata di CISL di rompere il fronte comune, lanciando implicitamente alla controparte un pericoloso segnale di frammentazione.

  2. .mau. Autore articolo

    Guarda, la frammentazione è l’ultimo dei nostri problemi, anche perché la Triplice 2.0 (Cisl-Uil-Ugl) non ha la maggioranza RSU. Oggettivamente (come Triplice 1.0) siamo stati tre mesi senza partecipare agli incontri aziendali e il risultato si è visto: di per sé non trovo nulla di male a presentare proposte sensate, anche se saranno considerate irricevibili. Quello che trovo sbagliato è appunto trattare partendo da una posizione “cerchiamo di limitare i danni”.
    Tra l’altro, il fatto che Tim abbia messo su un Regolamento aziendale (leggasi, come loro decidono di declinare le norme del CCNL) mettendo al suo interno temi che invece sono legati alla contrattazione di secondo livello come ticket e trasferte potrebbe incasinare e molto le cose. Ma io non sono un legale né un giuslavorista.

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