Trent’anni (e un giorno)

Il 3 novembre 1986 entrai ufficialmente in Cselt in qualità di dipendente Sip distaccato: a quei tempi il centro di ricerca e sviluppo era una scatola vuota, con i dirigenti che tecnicamente erano Stet e operai e impiegati che erano Sip. Sì, c’erano ancora gli operai in Cselt, dato l’approccio “fatto in casa” di tante cose. Sì, c’era un centro di ricerca, a differenza di adesso dove anche la funzione Innovation che comunque ricerca non era è stata falcidiata e falciata. In realtà era da gennaio che mi trovavo lì a fare il lavoro che avrebbe portato alla mia tesi, quindi l’ingresso non è stato poi così drammatico. Di questi trent’anni (e un giorno) ormai più della metà è stata passata a Milano, quindi mi sa che sono bauscia a tutti gli effetti e non più bogianen.

Quello che è drammatico non è che ai tempi pensavo di dover lavorare 40 anni (sì, allora ne bastavano 35 per andare in pensione, ma era chiaro che la cosa non sarebbe stata sostenibile), mentre adesso come minimo mi servono ancora quindici anni. Quello che è drammatico è che non è affatto detto che io riesca ad avere lavoro per altri quindici anni…

Ultimo aggiornamento: 2016-11-04 09:10

7 pensieri su “Trent’anni (e un giorno)

  1. mestesso

    Idem, con lievi differenze anagrafiche e perché ho dovuto lasciare l’università, oltre al fatto che sono in bilico già ora ;(.

  2. Marco B. Rossi

    Lo pensavo anche io, quando nel 2013 mi sono trovato senza lavoro e nel mezzo di grandi casini personali. Ci si riesce a reinventare, anche se non e’ per niente facile e ci vuole tempo, nel mio caso circa 18 mesi e 1300km da Milano.

I commenti sono chiusi.