“a titolo gratuito”

Dopo il doppio #fail della campagna per il Fertility Day, la ministra Lorenzin insiste, e chiede un aiuto dai creativi, «Possibilmente a titolo gratuito». È abbastanza facile immaginare cosa è successo a questo punto: vorrei però far notare la differenza tra le risposte dei creativi.

Bee Free ha postato un’immagine su Facebook, dal testo “Non aiutiamo nessun ministro a titolo gratuito. La creatività non è gratis. Il nostro tempo non lo è. Gli studi che abbiamo fatto, tanto meno”. Mentre – pur non essendo io certo un creativo – concordo con il concetto dietro questo testo, trovo la forma assolutamente sbagliata. Il messaggio che passa, almeno a me, è politico. La parte più visibile parla infatti del ministro, e nasconde in un maiuscoletto di dimensione ridotta il fatto che fare il creativo è un lavoro, e deve essere retribuito come un lavoro. Si direbbe insomma che per altre persone (o chissà, per altri ministri…) ci si potrebbe anche pensare su.

Molto meglio il discorso di Vicky Gitto, presidente dell’Art Directors Club Italiano, che intervistato dalla Stampa dice più o meno “Il lavoro dei creativi si paga, punto. Però siamo disposti a trovarci intorno a un tavolo con Lorenzin per spiegarle cosa vuol dire fare una campagna promozionale”. Perché ci vogliono i soldi, ma ci vuole anche un’idea di cosa si vuole far fare con quei soldi. A parte le figuracce, io ho visto un mischione tra una campagna che ricordi che non si è fertili a vita e un tentativo di far fare figli alla patria. Non so quanto questo mischione fosse voluto, anche se temo di sì; ma se non lo fosse stato, forse è meglio che il ministro torni a studiare l’abc della comunicazione.

Ultimo aggiornamento: 2016-09-26 16:41

4 pensieri su ““a titolo gratuito”

  1. mestesso

    Qualche anno fa Google aveva fato una proposta analoga ai grafici per i suoi Doodle, ricevendo una risposta sostanzialmente simile. Nulla di nuovo quindì.

    C’è però un però: per alcune cose di pubblico interesse e per selezionati eventi la richiesta “lo faccio gratis” può benissimo essere ricevibile come impegno sociale e perché se tanto ho ricevuto (sotto forma di educazione quasi gratis per dodici anni) una volta che di soldini ne ho fatti, posso/debbo redistribuire il mio talento ad altri.

    Non dico che la richiesta in oggetto sia meritoria, ma dico che alcune altre lo potrebbero benissimo essere proprio perché di pubblico interesse, a differenza di Google. #redistribuisciiltuotalento!

    1. Noa Vassalli

      1) educazione quasi gratis intende che i suoi genitori hanno pagato i libri e tutto ciò che riguarda la sfera degli studi fatti?
      2)I soldi c’erano, se li sono mangiati, ora visto che chi ha fatto quei capolavori non ha intenzione di renderli indietro, vogliono mettere una pezza a “titolo gratuito”. Se il ministro dicesse:”Ho fatto una cavolata perchè sono incompetente, mi dimetto ma prima devolvo il mio stipendio per pagare dei creativi per slavare almeno la faccia”, allora tutto potrebbe avere un senso.

  2. Mauro ( un altro)

    Che gente, gli informatici se li paghi … si offendono.
    Anche se non li chiami a tutte le ore perchè non riesci a vedere la posta od altro…..

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