Una cosa che ho imparato oggi

(sì, il titolo è scopiazzato dal Mucaria, ma tanto lui ha smesso di fare questi post, e io non so quante cose “da blog” imparerò)

A me non è mai piaciuta la musica operistica. Apprezzo Händel, ma poi mi fermo, per l’ottima ragione che non capisco quello che dicono i cantanti. Non mi importa che i libretti d’opera abbiano testi stupidi: io li voglio capire. Bene, in una pausa delle prove per il Requiem di Verdi – che tecnicamente non è un’opera, ma il periodo è quello – Davide Rocca ci ha spiegato che nella musica romantica si sceglie una tessitura più alta (si cantano gli acuti), che la nostra voce tende a cambiare di timbro sugli acuti, e che quindi bisogna emettere le vocali in modo diverso perché all’udito il suono sembri simile: quindi tutte le vocali tendono verso la “u” e si sacrificano le parole per migliorare il suono.
La musica operistica continua a non piacermi, ma almeno ora capisco il perché.

Ultimo aggiornamento: 2015-10-09 23:37

9 pensieri su “Una cosa che ho imparato oggi

  1. Bubbo Bubboni

    Il clip di una, direi nota, canzone in coreano è stato visto oltre due miliardi di volte.
    Il coreano lo parlano meno di 80 milioni di persone.
    Mi viene da pensare che la necessità di capire le parole nell’istante in cui vengono ascoltate la prima volta non sia poi così diffusa.

    1. .mau. Autore articolo

      ma a me non interessa cosa fanno gli altri! (e se per questo, non capisco nemmeno le canzoni in inglese. Però l’opera, dal mio punto di vista, racconta una storia, mentre la canzone è semplicemente musica)

      1. Bubbo Bubboni

        Credo che il punto sia la scelta tra piacere “animale” per l’ascolto musicale e piacere “intellettuale” (nessuno dei due termini è spregiativo).

        Quando ascolto musica posso voler sapere e gustare delle caratteristiche intellettuali, storiche e filosofiche della composizione (cfr. “Lezioni di musica” alla radio) oppure non volerne sapere nulla ed essere contento così.

        Lo stesso vale quando oltre alla musica ci sono le parole. Può interessarmi il senso, la storia o il significato dell’opera (cfr. Die Zauberflöte, 99 Luftballons) oppure il puro gusto per il suono.

        Posta la scelta tra due cose interessanti a mio parere non c’è alternativa che prenderle entrambe!

    2. mestesso

      (Musica e testi) Sono piani di lettura diversi e, per dirla in matematichese, linearmente indipendenti, anche alla base. Alias chi scrive (l’opera, la canzone,…) lo fa in tempi diversi (chi prima compone il testo, chi prima la musica). Chi la ascolta fa una operazione simile a livello mentale: viaggiano comunque su binari diversi. Di norma la parte strettamente musicale ha priorità, ma esistono eccezioni a riguardo. Anche il valore qualitativo dei testi è indipendente dalla musica come ben sappiamo.

      Per .mau.: mi stai dicendo che le canzoni non raccontano storie?? Mmmmh…mi vengono in mente delle storielle raccontate dai tuoi eroi beatleasiani, come la mettiamo? Per non parlare delle quintalate di canzoni dei nostri cantautori…no, questa proprio non mi va giù. “La canzone è semplicemente musica” è una frase che detta da te è di una estrema rozzezza….a me sta benissimo che uno legga solo la parte strettamente musicale, lo faccio anche io del resto. Ma eleggere questa scorciatoia a regola istituzionale no, per grazia di Dio no si fa torto ai (buon) autori di canzonette se non altro.

  2. Barbara

    Il mondo è bello perché è vario. L’opera lirica mi piace proprio perché racconta una storia, e si possono capire le parole, specie ora che si può portare dietro il libretto sul tablet. Ricordo anni fa di essere stata presa in contropiede alla Folksoperan da una Carmen in svedese (“et si je t’aime” e “jag älskar dig” non suonano proprio uguali).

    1. un cattolico

      «una Carmen in svedese»

      Vedendola come Maurizio… c’è davvero chi è disposto a pagare per tradurre in un’altra lingua che sarà anch’essa irrimediabilmente incomprensibile, e non per limiti della lingua in sé?

      A volte si fa persino fatica a capire seguendo sul libretto, pur essendo di lingua madre :( Ma grazie a Maurizio per la spiegazione di quelle vocali così assurde.

      1. Barbara

        Beh, io ho imparato a conoscere la Carmen perché la mia nonna cantava “il toreador ritorna vincitor” mentre rimetteva a posto la cucina, quindi non posso oppormi alle traduzioni che permettono a più persone di avvicinarsi a un’opera – l’originale era pensato come comprensibile. E’ solo che la distanza fra le (sonorità delle diverse) lingue a volte è davvero tanta: ad esempio, Il Flauto Magico in svedese di Bergman mi sembra molto più accettabile.

  3. dioniso

    Mi trovo molto d’accordo con quello che scrive Bubbo Bubboni.
    Relativamente alla comprensibilità del testo, da quello che mi ricordo è una vecchia diatriba che va avanti almeno sin dai tempi della Riforma gluckiana (https://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_gluckiana). In realtà gli ideatori del melodramma aspiravano proprio a quello. Ma bisogna dire che è stato anche grazie a un equivoco che è nato il melodramma. Il “recitar cantando” di fine ‘500 nacque perché si pensava che le tragedie greche fossero cantate sia dai personaggi che dal coro.
    Volendo recuperare la comprensibilità del testo ci si potrebbe orientare sul’opera rinascimentale o su certe opere, tipo il Falstaff di Verdi o un certo Mozart.
    Devo aggiungere che io sono avvantaggiato visto che mi trovo in Germania. (Almeno dal punto di vista del testo, visto che le regie alla tedesca fanno generalmente pena). Infatti qui ci sono quasi sempre i sottotitoli.

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