giovedì 30 dicembre 2004

Beh, devo dire che ho dormito meglio di ieri notte. Non che la cosa fosse poi così difficile, lo ammetto: e poi ieri notte ho toccato il letto e mi sono addormentato. Ora che sono più sveglio, non ho potuto fare a meno di accorgermi che il nostro albergo è sicuramente molto attento agli sprechi. Ad esempio, al posto delle saponette usa i contenitori da schiacciare e che possono venire riempiti, il che è una buona cosa. Meno buono il non avere i sacchetti per mettere la biancheria sporca, e sospendo il giudizio sui foglietti di carta igienica al posto dei rotoli: magari sono anche più pratici. Che dire poi degli appendini nell'armadio? Non solo sono del tipo "albergo", senza cioè il gancio, e fin qua nulla di strano. Ma gli hanno anche scritto sopra il nome dell'albergo e il numero di stanza. Vengono in mente scene di orge tra le stanze, con gli occupanti che non indulgono solamente allo scambio di coppie, ma anche a quello degli ometti... D'altra parte la stanza ha una dimensione infima: e dire che sono persino riusciti a metterci asse e ferro da stiro, anche se non saprei assolutamente dove ci si potrebbe mettere a stirare.

Usciti, abbiamo scoperto che non solo piovigginava, e quello lo sapevamo già guardando dalla finestra, ma anche che faceva freddo. Insomma, quello di ieri era stato uno scherzo climatico. Ad ogni modo, siamo andati a fare colazione con un croissant comprato in boulangerie e un pessimo e carissimo tè alla brasserie dietro la stazione. Per spendere tre euro e cinque, tanto valeva raddoppiare e farsi portare anche un succo d'arancia e un altro croissant... Vabbè, ne farò tesoro. Interessante comunque notare che il cartello con le varie consumazioni, se non per un paio di voci corrette a penna, aveva i prezzi in franchi e solo in piccolo in euro. Direi che qua il "salto euro" non c'è stato: è vero che i prezzi sono ancora adesso più alti, ma qui anche gli stipendi sono ben maggiori dei nostri.
Scesi in metropolitana, Anna si sente squillare il telefonino: aveva ricevuto un messaggio. Lei, che è molto più sveglia di me, si accorge subito della stranezza rispetto a noi: c'è campo anche sotto! Non è una tecnologia poi così difficile da mettere in campo, lo so bene, però rimane sempre strano accorgersene, e subito dopo ti arriva un pensiero: nemmeno qua si può stare un attimo in pace.

La coda al Louvre era come sempre chilometrica: abbiamo provato a vedere l'ingresso secondario alla Porte des Liones, ma oggi era chiuso, non si sa bene perché. Sempre a proposito di chiusura, l'Orangerie continua ad essere in restauro, anche se i cartelli del cantiere spergiuravano un'apertura "fin 2004". A giudicare da quello che si vede, credo che se va bene ce la faranno per l'estate prossima. Non sono solo da noi i ritardatari. Tarpate così le nostre speranze, decidiamo di andare all'Arc du Triumph per vedere la mostra sulle foto a colori della Grande Guerra. Diciamo che sette euro mi parevano un po' esagerati, se proprio devo dirla tutta: le foto sono interesaanti, ma riproducono solamente rovine oppure scene con persone in posa fasulla, visto che occorrevano alcuni secondi per riuscire a impressionare una pellicola a colori. Devo però dire che era degno di nota trovare le didascalie non solo in francese, ma anche in inglese e spagnolo. Non ce lo si aspetta dai francesi.

Abbiamo pranzato al ristorantino giapponese in rue Sant'Anna. No, "al" non è la preposizione articolata corretta. Non tento per la preposizione, quanto per l'articolo: la zona sembra essere di colonizzazione giapponese, con agenzie di viaggio e parrucchieri di insegna ideografica. I ristoranti giapponesi sono spuntati come funghi: il posto che ricordavo è al civico 11, lato sinistro guardando il portone. Sul lato destro ad esempio ce n'è un altro.

Ci siamo portati verso l'Istituto del mondo arabo per vedere la mostra sui faraoni, visto che non eravamo andati a vederla quando era a Palazzo Grassi a Venezia. Vista la coda, abbiamo deciso che era volontà divina, e siamo ripiegati su un'altra mostra ospitata in quegli spazi, dedicata ai tappeti. Begli esemplari; spiegazioni solo in francese (nemmeno in arabo, il che mi ha stupito). Un costosissimo caffè al ristorantino all'ultimo piano, uno sguardo allo spazio "Medina" con varia roba dei paesi arabi in vendita, e via. Una nota: le finestre dell'istituto sono molto carine, perché formate con tante aperture stile diaframma fotografico. In questo modo non solo danno un'aria arabeggiante al palazzo, ma proprio come un diaframma possono essere aperte o chiuse per far passare più o meno luce.

Visto che era quasi orario di chiusura per il Louvre, abbiamo poi provato a chiedere se era possibile fare un biglietto per domani. Niente da fare. Qua il concetto di prenotazione museale sembra sconosciuto: o si compra la Carta Musei - che comunque sono 18 euro per un giorno e 36 per tre - oppure ciccia. Misteri parigini.

Per la cena, abbiamo scelto un locale che fa cucina russa, La Gaieté Cosaque, al 17.mo. Anche se ci era stato consigliato di prenotare, non èche poi fosse molto pieno, anzi. C'erano comunque dei russi a mangiare, e il cibo sembrava buono, anche se abbiamo avuto un mezzo litigio perché Anna non era convinta della mia scelta "menu fisso". Tanto non conoscevo nulla, che c'era di male a prendere quello che veniva consigliato? Occhei, mi sono perso il "piatto del cuoco" comprensivo di 3 cl di vodka, ma c'erano comunque un paio di piatti che Lucia e Maurizio ci avevano detto di provare.


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