martedì 28 dicembre 2004

Seguendo i nostri soliti tempi non esattamente antelucani, la partenza per il nostro giro turistico capodannesco per Parigi è stata alle 12.15. D'altra parte non avevamo nemmeno troppa fretta: in fin dei conti avevamo diviso il viaggio in due tappe, e da Milano ad Annecy ci saranno trecento chilometri. Così, presa l'autostrada, ci siamo tranquillamente fermati a mangiare i nostri panini al cosiddetto "Parcheggio Belvedere" sulla bretella Santhià-Ivrea. Il parcheggio aveva in effetti una bella vista sulla pianura dietro la sella morenica, ma c'è qualcosa che non mi torna. Già la bretella è strana, perché tra le due carreggiate ci saranno dieci metri di spartitraffico; ma il parcheggio, pur essendo formalmente collegato all'area di servizio di Viverone, si raggiunge per una strada che si inerpica per quasi un chilometro. Chissà, magari qualcuno aveva lasciato in eredità quel terreno alla società gestrice dell'autostrada, con il vincolo che fosse raggiungibile dalle automobili... c'era tra l'altro ancora parecchia neve per terra.

Arrivati al Monte Bianco e pagato il biglietto, assieme al solito depliant ci siamo trovati in omaggio... un metro. Sì, un metro a nastro lungo proprio un metro, con indicato in italiano e francese "Attenzione all'interdistanza!" D'altra parte è difficile non fare attenzione. All'inizio ad esempio mi sono trovato un cartello luminoso che mi faceva notare a ogni secondo la mia velocità: 71, 72 Km/h, che appena ho toccato il freno sono scesi ai corretti 65. Devo comunque rassicurarvi: fuori dal traforo, dove ci siamo fermati per far fumare ad Anna la sua sigaretta, c'erano sì i gendarmi ma non mi hanno dato la multa per eccesso di velocità. Mi chiedo solo come facciano a misurare la velocità ogni secondo... di sensori ce ne devono essere parecchi.

Il tempo sul versante francese era molto più brutto, tanto che arrivati all'inizio dell'Autoroute Blanche iniziava a nevischiare. Avvicinandosi ad Annecy, ormai la nevicata era diventata copiosa. Fortunatamente le istruzioni erano molto chiare - con qualche dubbio di Anna su cosa potesse essere un "semaphore set" e abbiamo trovato subito l'albergo, che non si trova proprio in centro ma non è nemmeno poi così lontano: diciamo che ci sarà un chilometro dal centro.
Dopo esserci fatti una tazza di tè in stanza, siamo usciti per quello che era ormai un giro serale della città. Bisogna dire che il centro storico è molto bello e rimesso a nuovo molto bene: forse una delle cause di questo è la decadenza della città da quando la Savoia è passata alla Francia a dopo la seconda guerra mondiale. Non so bene perché sotto il regno di Sardegna Annecy dovesse essere una città prospera e con i francesi no: in fin dei conti era sempre periferia sia in un modo che nell'altro, e passare le Alpi era ancora peggio.
La città, forse anche per il silenzio portato dalla nevicata, era davvero carina. Abbiamo provato a salire la strada per il castello, scoprendo che non solo eravamo comunque oltre l'orario di apertura, ma che era anche il giorno di chiusura. Per vederlo, a dire il vero, ho dovuto togliere la neve che si era accumulata sul cartello. In compenso era l'orario giusto per visitare le chiese. San Francesco di Sales, la chiesa della comunità italiana, non è un granché: divertente però leggerne la storia in un fogliettone non esattamente portatile, visto che stava nel plexigas, e scoprire che la chiesa è stata ricomprata nel 19.mo secolo. San Maurizio, invece, è molto bella, anche se è tutta storta. Non so se il problema era legato a terreno cedevole, oppure i mastri muratori bevevano un po' troppo... Il duomo, infine, è stato restaurato da poco, e addobbato con uno di quei confessionali ultramoderni.

Prima di tornare verso l'albergo, abbiamo fatto spese: ci siamo presi un ombrello per 8 euro. In effetti è subito smesso di nevicare. Faceva anche parecchio freddo, però, e quindi non siamo andati a vedere il lago, limitandoci a passare sui canali. Per la stessa ragione, la nostra scelta per la cena è caduta sul ristorante marocchino Marrakesh, scelto perché era a duecento metri dal nostro albergo. C'era anche un ristorante indiano, a dire il vero, ma non si può pretendere molto da me... C'era tanta roba, nulla da dire, ed era anche buona: sono come sempre un malfidato.


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