Martedì 18 novembre

Sveglia alle 4 del mattino. Non è stato facile. D'altra parte, ieri a Malpensa ci hanno confermato che visto che il viaggio complessivo è intercontinentale occorre essere con due ore di anticipo al check-in, e il volo per Francoforte parte alle 7.05. Abbiamo così deciso di prendere il taxi alle 4:40: inizialmente l'avevamo prenotato per le 4:10, ma abbiamo pensato che non era esattamente il caso. Era tutto pronto, ho verificato ancora una volta di avere questa volta con me la patente... l'unico guaio che abbiamo avuto è capitato con il termostato della caldaia, che non voleva sapere di scendere sotto i 20 gradi. Le istruzioni sono chissà dove, così sono stato costretto ad accendere il PC e verificare dal file PDF qual è l'equivalente caldaiesco di un bel cntl-alt-del.
Usciti, abbiamo trovato una bella nebbiolina che ci ha preoccupato un poco, ma che fortunatamente si è diradata non appena usciti da Milano. Il tassista era un bel tipo di suo, che ci ha raccontato di essere già arrivato al terzo matrimonio, questa volta con una donna di Santo Domingo. Siamo arrivati quasi insieme al primo bus dalla Centrale, il che ha fatto un po' pensare Anna: forse si poteva prendere quello e risparmiare una cinquantina di euro. Io ho pensato che avremmo dovuto svegliarci mezz'ora buona prima, e quindi non sono affatto pentito.
Come entrambi immaginavamo, le due ore di anticipo erano largamente in eccesso: non dico arrivare alle 6:30, ma le 6 potevano andare bene. Il peggio è che non c'è nemmeno un vantaggio di alcun tipo ad arrivare presto: i posti nelle tratte intercontinentali sono preassegnati, e pur provando a pietire una fila all'altezza dell'uscita di emergenza non ho trovato nulla. Siamo rimasti così un'ora a far nulla, vedendo che i monitor delle informazioni sui voli non erano ancora in funzione e mostravano un bel monoscopio, e scoprendo che anche i sistemi con Linux si possono piantare in avvio.

Il volo fino a Francoforte non è stato particolarmente interessante, salvo notare che Lufthansa ha i tovagliolini sponsorizzati. Il volo è arrivato un po' in ritardo, così non abbiamo potuto vedere come è cambiato lo scalo, a parte notare che ci sono già le luci natalizie e che il passaggio sotterraneo tra i due terminal è stato abbellito con luci che cambiano man mano e un nastro bucolico con uccellini cinguettanti.
Io non avevo più volato negli USA dopo l'11 settembre, così non mi aspettavo quello che mi sono trovato: una zona "modificata su richiesta del governo nordamericano" con personale USA che ci ha fatto un controllo completo. Io ho dovuto anche togliere le mie scarpe, che probabilmente sono troppo alte e potevano nascondere chissà cosa nel tacco. I passaporti sono stati guardati relativamente poco, in compenso. Forse la lettura ottica serve davvero a qualcosa. L'aereo è naturalmente pieno, con una donna forse russa e sicuramente non troppo in salute che occupa il posto accanto ad Anna e anche qualcosa in più. Il volo è poi partito con un'ora e un quarto di ritardo "per problemi ai radar aeroportuali": sarà, ma venti minuti dopo l'orario previsto di partenza abbiamo ancora visto gente salire, a dire il vero.
Confermo. La vicina di Anna è russa, come abbiamo potuto vedere quando ci ha chiesto di compilarle il Visa Waiver - che serve anche a noi, anche se siamo in transito. Il guaio è che la signora Ludmilla non parla una parola di inglese né di tedesco, almeno immagino, e il russo non fa parte del mio bagaglio culturale. Io ho copiato un po' di dati dal passaporto (ancora CCCP anche se è nuovissimo. Misteri) e ne ho inventati altri cercando di essere il più plausibile possibile. Non so che le succederà all'Immigration angelina. Tra l'altro il modulo contiene sempre le solite domande, tranne che ormai non si chiede più se sei stato comunista.

La sosta a Los Angeles è stata una tragedia. Sarebbe anche iniziata bene: non c'era praticamente cosa all'Immigration, dove ho potuto fieramente dire all'impiegato che ni chiedeva se io e Anna eravamo insieme "She's my wife!" e le valigie sono arrivate praticamente subito. Peccato che ci siano poi state sette ore a fare assolutamente nulla, perché non valeva la pena di prendere un taxi e andare da qualche parte, nè l'aeroporto offre chissà cosa: anzi mi sono stupito della sua povertà. Così ci siamo spesi 35$ per mangiarci della robaccia, e siamo stati lì in attesa che annunciassero il nostro volo, con gli occhi che si chiudevano. Non so affatto cosa sia successo alla partenza, sono letteralmente crollato non appena toccato il sedile.
Una volta svegliatomi, ho notato come l'aereo sembrasse un po' raccogliticcio, impressione rafforzata dalle toilette che non solo si aprivano in maniera differente, ma avevano le scitte in inglese e brasiliano. Spero abbiano fatto meglio con le parti strutturali. Qui ci sono più di dodici ore da riempire: sono stati proiettati quattro film, che non mi sono nemmeno messo a guardare. Il vicino di posto, Jerry, ci ha detto che ha una zia siciliana ed è stato un mese e mezzo là, imparando a parlare in maniera invidiabile. Che aggiungere? i moduli per l'immigration sono più aggiornati di quelli americani, e chiedono anche l'indirizzo email oltre che notizie per fare attenzione alla SARS.

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