venerdì 20 agosto 2004

Anche stamattina il sogno di andare in spiaggia a Milna è sfumato. Ci eravamo persino svegliati un'ora prima per poter prendere l'ultimo bus della mattina, ma il Petričić ci ha detto che il vento non era quello giusto, e il mare sarebbe stato sporco. Così abbiamo dovuto ripiegare sul piano B: le spiagge a ovest di Hvar. Tra l'altro, i coniugi Petričić sono stati gentilissimi. Zivko si è offerto di portarci in paese domattina, il che significa partenza alle 7.15; Marija (mi raccomando, l'accento sulla prima a), cui avevamo chiesto se poteva venderci un barattolo della marmallata di mele carote e pomodoro, ce ne ha regalato uno. Sistemate le pendenze economiche, siamo scesi a Hvar a prenderci i biglietti; a quell'ora del mattino c'erano ancora parecchi posti liberi per i passeggeri, ma i tizi prima di noi non sono riusciti a trovare un posto per l'auto nemmeno piangendo. Prenotate, gente, prenotate! Abbiamo poi comprato un po' di frutta e pane al mercato. I banchi ortofrutticoli sono tutti belli su più file, ma la cosa più sconcertante per chi come me è abituato alle grandi città del nord è vedere le bilance a due piatti con i pesi da aggiungere. Le cose funzionano, assicuro. Lo stupore per il pane, già visto ieri, è il prezzo irrisorio. Costa infatti meno dell'equivalente di un euro al chilo, cosa che da noi ce la sogniamo!

Poiché ad Anna era gonfiato un occhio, non è che si potesse prendere troppo sole o farsi piu bagni, cosa che come potete immaginare non mi ha minimamente preoccupato. Presa la strada verso fuori, siamo riusciti a raggiungere la riva vicino all'hotel Sirena. Parlare di spiaggia mi pare esagerato: c'è una specie di percorso tra gli scogli, su alcuni dei quali hanno buttato un po' di cemento per potersi sdraiare. Il tutto era piuttosto affollato, non so se di ospiti dell'albergo o no; la cosa strana è che parlavano tutti slavo, anche se tornando poi verso la nostra base abbiamo visto che molti di essi erano polacchi. In effetti, rispetto al mare che si può trovare a Danzica, capisco la loro scelta.

Dopo l'usuale riposino pomeridiano, ci siamo incamminati verso la Fortezza Spagnola, che sovrasta la città dall'alto dei suoi 89 metri. La sua storia è abbastanza avventurosa. Sembra che ci fosse già una struttura difensiva illirica qualche secolo prima di Cristo, anche se i romani non se ne sono interessati più di tanto. Dopo avere terminato l'Arsenale, i veneziani hanno deciso di costruire questa fortificazione, chiamando degli ingegneri spagnoli, da cui il nome: ma se la sono presa comoda, visto che è stata terminata dopo il 1550, giusto in tempo per salvare la popolazione da un assalto dei turchi un paio di mesi prima della battaglia di Lepanto. Ma i colpi di fortuna capitano una sola volta: otto anni dopo, nel 1579, un fulmine colpì la santabarbara e fece una serie di danni che non furono più riparati seriamente. Solo negli ultimi decenni venne deciso un restauro conservativo, con biglietto di ammissione (che costa... 10 kune. Come avete fatto a indovinare?) e un "bar esclusivo" al suo interno, almeno secondo le didascalie. A parte il bar, all'interno si trova un sedicente museo, una stanza con un po' di ceramica trovata su varie navi affondate nella zona, e si può andare a vedere le prigioni, almeno se non si soffre di claustrofobia.

Terminata l'acculturazione, ce l'abbiamo finalmente fatta ad andare verso Milna, pigliando l'ultimo bus della giornata: sempre dello stile di quello che ci aveva portato da Stari Grad, ma questa volta più caldo e umido, e soprattutto stipato di gente. Mi è venuta in mente l'idea di una gita turistica jugoslava degli anni '70, non so perché. Quel povero bus l'abbiamo visto arrancare a fatica per la salita, cosa che non mi aveva preoccupato più di tanto: molto peggio è stato vederlo scendere a rotta di collo, se devo essere sincero. La strada non passa direttamente da Milna, e siamo scesi verso la riva, passando davanti a quella che probabilmente è una chiesa, presumo costruita negli ultimi anni, che fa capire che gli architetti di edifici sacri non sono impazziti solamente in Italia. Il lungomare era pieno di posti per mangiare: seguendo la Clup, ci siamo fiondati da Kamanjo dove abbiamo battuto di gran lunga il record di spesa della vacanza (522 kune, avevamo contanti al pelo e naturalmente non accettavano carte di credito) Però il posto era carino, e Anna ha affermato che è stato quello dove si è mangiato meglio. C'è da dire che c'erano solo slavi, forse perché il menù era solo in croato, e anche col cameriere per la prima volta abbiamo parlato in inglese e non in italiano.

Terminata con la dovuta calma la cena, siamo risaliti ad aspettare il bus per il ritorno. L'autista all'andata ci aveva detto "parto da Stari Grad alle 22.05, qui posso arrivare alle 22.20, o 22.25, o chissà". Alla fermata c'erano già un paio di turiste anglofone, probabilmente più preoccupate di noi che almeno ci eravamo informati, e poi sono arrivate ancora altre due coppie. Siamo rimasti un po' a guardare il cielo stellato, comprensivo di una stella cadente che probabilmente era un po' in ritardo e aveva perso contato con le Perseidi, quando verso le 22.30 vediamo arrivare in lontananza un bus. Facciamo segno, questo inchioda, e notiamo che è uno di quelli turistici (Atlas) vuoti. Ci fa salire, e pago venti kune invece che le 12 del "biglietto" d'andata. È pur vero che non ci hanno mai dato un biglietto, tanto che mi chiedo se in realtà l'autista del bus di linea lo possedesse e quindi non aveva bisogno di emettere biglietti: la prospettiva di farsi quattro chilometri a piedi al buio su una strada stretta e trafficata non era però molto appetibile, così siamo saliti. Ma mi era rimasto un dubbio, che poi è stato svelato a Hvar. Ci siamo fermati qualche minuto al bancomat per prelevare, e alla fine dell'operazione abbiamo visto arrivare il vecchio bus carcassone, che ha fatto regolarmente scendere i passeggeri. La mia ipotesi era corretta: il bus di linea era in ritardo, quello che abbiamo preso passava per conto suo e gli è venuto in mente che un'ottantina di kune non erano poi da buttare via!


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