Le tre verità


autori:
Mogol-Battisti
anno:
1971
riferimento:
tonalità:
re maggiore
tempo:
12/8
struttura:
Intro - Strofa - Strum1 - Strofa - Strum2 - Strofa - Outro(strum.)

Ecco una simpatica canzone, probabilmente tra le meno conosciute della produzione della Premiata Ditta Mogol-Battisti, dove l'amore di semplicità del Nostro si esprime in una forma francamente strana a prima vista. Ma non preoccuparti, cercherò di sviscerarne i segreti...

La canzone, come si può forse intuire dal titolo, parla del classico triangolo amoroso. Una prima peculiarità consiste nel fatto che Battisti canta la stessa melodia in tre ottave diverse: la prima volta (lei) in falsetto all'ottava superiore, la seconda volta (l'altro) all'ottava inferiore, mentre la terza (lui) normalmente - si fa per dire, vista la tessitura della voce del nostro che è molto alta. Il primo esempio che mi viene in mente di questi cambi di ottava è Father and son di Cat Stevens, ma vorrei anche ricordare Bandiera Gialla (The Pied Piper), dove il buon Gianni Pettenati rendeva già nel 1966 questa idea. Devo però confessare che non conosco nessun altro esempio di brani cantati su tre ottave distinte.

La ben nota frugalità battistiana, oltre che nell'utilizzare per la canzone un solo giro di accordi ancorché complicato, si nota anche nella melodia. Nel brano Battisti tende infatti a rimanere sulla stessa nota per molte sillabe. Esercizio: prova a collassare tutte le note uguali in una... vedrai come la canzone si accorcia!

Passiamo ora alla struttura armonica del brano.

Introduzione e strofa


   |Sol/Re |      |Re aum  |     |Rem    |     |
Re: IV             I              i

   |Mi/Re  |      |Mib7+/Re|     |Re     |     |
    II             bII            I

   |Rem    |      |Do/Re   |     |Solm6/Re|    |
    i              bVII           iv

   |Re     |      |Redim   |     |Re     |     |
    I

Questa parte è la principale del brano: è lunga 24 battute, e basata su un pedale di re. Cos'è un pedale, mi chiederai? E' una forma musicale che si trova soprattutto nella musica per organo, e che consiste nel mantenere per quasi tutto un brano - le note che precedono immediatamente l'ultima e formano la cadenza finale sono spesso esentate, per ragioni armoniche - una nota. Poiché essa è la più bassa dell'armonia, viene per l'appunto tenuta con il pedale, da cui il nome. Come ho scritto sopra, l'introduzione presenta il giro armonico che poi verrà ripetuto in ogni strofa: meno lavoro di commento e maggiore facilità di comprensione degli accordi :-)

Fermandoci sull'arrangiamento, vediamo che mentre la nota inferiore rimane ferma a fare il pedale di re, quella superiore fa un percorso discendente cromatico. Più precisamente, abbiamo la scala dal si al re con un'unica eccezione (manca il mi bemolle); qui ci si ferma per un po'. Una volta notato questo, si scopre che gli accordi non sono poi così stravaganti, ma sono stati scelti apposta per osservare questi vincoli. Anche se ho messo qualche numero romano per indicare gli accordi usati, prendili con le molle proprio per questa ragione.

Oltre a questo, ci sono almeno due punti interessanti da fare notare. Il primo è che il brano non inizia con la tonica, ma con la sottodominante, il che non è una cosa molto comune. Peggio ancora, (o forse meglio?) l'accordo si presenta in un rivolto: dovendo mantenere il pedale di re non è possibile lasciare la tonica come nota più bassa. Un accordo di questo tipo è piuttosto instabile: questo significa che anche se è il primo ad essere ascoltato, l'orecchio fa fatica a considerarlo una tonica. In questo modo si riesce a salvare capra e cavoli, e mantenere la corretta idea di tonalità.
Il secondo punto riguarda la cadenza. Terminare un brano con I-Idim-I sembrerebbe un controsenso, ma in realtà non c'è molta differenza con una cadenza relativamente comune nella musica rock, vale a dire I-bVI-I. Per passare infatti dal re diminuito al si bemolle, basta abbassare di mezzo tono il si presente nel primo accordo.
Il passaggio I-i che appare almeno due volte potrebbe fare credere che il brano non riesca a definire se la tonalità è maggiore o minore, almeno in teoria. In pratica questo non risulta vero: anche se alcuni degli accordi circostanti (il Solm6 e il Do) potrebbero appartenere alla tonalità di re minore, la successione complessiva lascia una forte idea di re maggiore.

Strumentale:

   |Do Do/Si |Do Do/Si |Do Do/Si |Re      |
Re: bVII                          I

   |Do Do/Si |Do Do/Si |Do Do/Si |Re      |
Re: bVII                          I

   |         |         |         |        |

L'intermezzo, puramente strumentale, è composto da una pseudocadenza bVII-i, cioè dalla subtonica (no, non la trovi nei manuali di armonia classica, anche se ho degli amici che spergiurano che Beethoven la utilizzava già !) alla tonica. La vera cadenza vorrebbe che tra i due accordi ci fosse il sol maggiore: e in effetti è rimasta una sua traccia, con quel si che si sente al basso (e avremmo avuto di nuovo un rivolto!). C'è anche un pezzo, più lungo nel secondo intermezzo, che si può definire rock progressivo: un po' di variazioni sull'onnipresente re maggiore, come anche si trova nella coda finale. Non vorrai mica metterti lì a specificare se si aggiunge una settima maggiore oppure una nona!
D'altra parte, tutto l'intermezzo lo si può considerare un modo per dare un po' di riposo alla melodia, e forse anche alla voce di Lucio


Per terminare, vorrei far notare una nota interessante che riguarda gli accenti musicali. Ho già scritto in passato che l'italiano mal si adatta alla musicalità rock, che vorrebbe le parole accentate all'ultima sillaba, come capita in francese (per ragioni fonetiche) o in inglese (perché ci sono molti monosillabi). Ed è per questo che molte canzoni italiane hanno il testo con verbi al futuro, dove le prime tre persone singolari sono appunto parole tronche (a-me-RÒ, a-me-RÀ) o hanno un dittongo che può essere cantato su una sillaba (a-me-RAI). Bene: se guardiamo il testo della canzone senza fare troppa attenzione, notiamo che la "regola del futuro" (con la sottoregola "o al limite usa parole sdrucciole", che permette comunque di sfruttare gli accenti musicali secondari, come in A-ma-no) sembra perfettamente seguita. Bene, non è vero nulla. In realtà, Battisti prosegue il testo ben oltre la nota dove casca l'accento musicale. Si comincia infatti con una sdrucciola (CRE-di-mi), per arrivare all'equivalente di una bisdrucciola (MIA vo-lon-tà). Già qui vediamo tra l'altro come l'accento musicale non coincida affatto con quello testuale: non si usa infatti accentare un aggettivo. Si arriva infine al climax della seconda strofa: a un certo punto (LE_HO già be-vu-te_o-ra-mai) abbiamo *sei* sillabe che seguono quella accentata. Arrigo Boito, che inventò una quartina di "endecasillabi" con rime "stalatTItificanomisi / stalagMItificanomisi", l'avrebbe certamente apprezzato!
Anche quando Mogol ha usato delle "semplici" sdrucciole, però, Battisti non le ha musicate nella maniera standard pop/rock, vale a dire con l'accento principale nel primo quarto e col secondario nel terzo: ha scelto invece di usare un ritmo ternario, riprendendo il ritmo dell'obbligato dell'arpeggio iniziale. Ecco perché ho preferito indicare come tempo una misura ternaria come 12/8, piuttosto che il 4/4 comune.