Noi matematici - permettemi di usurpare
questo titolo - rimaniamo stupiti quando
vediamo che qualcuno, magari una persona brillante e non certo stupido,
non riesce a vede la "bellezza" di un
procedimento matematico. Peccato che noi non
siamo in genere capaci di dare una
definizione di "bellezza", o di "eleganza"
come preferiamo in genere dire, visto che in questo campo per noi
i due termini sono equivalenti. Siamo
quindi costretti a lasciar perdere la
discussione e sentirci a disagio.
Non ho nemmeno io una risposta, ma vorrei
rendervi partecipi di qualche considerazione
che ho fatto, aiutato anche da una
chiacchierata con Piero Fabbri, e che
potrebbero gettare una qualche luce su come
vediamo questi concetti..
Iniziamo con un aneddoto probabilmente
già noto. Da bambino, Carl Friederich Gauss
un giorno si vide assegnare dal maestro
elementare il compito di sommare i numeri
interi da 1 a 100. Immagino che il maestro
volesse starsene un po' in pace. Peccato che
dopo un minuto il Carletto se ne arrivò con
la risposta corretta!
Quando il maestro gli
chiese come aveva fatto a trovarla così in
fretta, lui rispose "È semplice: ho visto
che potevo accoppiare 1 con 100, 2 con 99, 3
con 98 e così via, ottenendo come somme
parziali sempre 101. Se i numeri sono 100,
avrò 50 di queste coppie, quindi la soluione
è 50*101, cioè 5050."
Un altro esempio in un certo senso simile
riguarda un problema che ho trovato su Rudi
Mathematici (non l'avete mai letta?
corrrete subito a scaricarvi i numeri!). C'è un gioco nel quale il
banco lancia due dadi (con un numero di
facce non necessariamente pari a 6: diciamo
che il numero di facce è N), e poi noi ne lanciamo
un altro. Se il valore che noi facciamo è
strettamente compreso tra i due ottenuti dal banco
vinciamo noi, altrimenti perdiamo. Quindi se
il banco lancia 3 e 5, la nostra unica
possibilità è ottenere 4. Qual è la nostra
probabilità di vincere?
È chiaro che se uno è molto paziente può
mettersi a provare tutte le possibilità che
si possono ottenere con tre lanci, e vedere
quali sono vincenti. In fin dei conti, se abbiamo dei dadi
comuni, ci sono "solo" 216 casi distinti.
C'è però un metodo completamente diverso per
trovare la soluzione. Se volete pensarci su,
smettete di leggere. Altrimenti, il prossimo
paragrafo spiegherà tutto!
Il modo con cui io ho trovato la risposta
consiste nel guardare in un colpo solo i tre
lanci di dadi. È abbastanza immediato
accorgersi che se due di essi hanno lo
stesso valore, io non posso vincere; infatti
se i due dadi con lo stesso valore sono
quelli del banco io ho un valore esterno, e
se uno dei due è il mio non posso avere un
valore strettamente compreso tra gli
altri.
Ci sono rimasti pertanto solo i casi in cui
i tre valori sono distinti. Ma questo
significa che possiamo ordinarli,
non curandoci dei valori assoluti ma solo di
quelli relativi. Dati tre valori a,b,c, li
possiamo ordinare in sei modi distinti: abc,
acb, bac, bca, cab, cba. Di essi, ce ne sono
due in cui noi vinciamo, perché il nostro
lancio è quello di mezzo, e quattro in cui
perdiamo. Adesso i conti si possono fare in
fretta. Ci sono N3 possibilità di lanciare
tre dadi; quelle che danno valori tutti
diversi sono N(N-1)(N-2), e un terzo di
queste sono vincenti. Risultato finale:
(N-1)(N-2)/3N2.
È ovvio che i due esempi sono di diversa difficoltà: nel primo caso, un bambino delle elementari può farsi i conti da solo, mentre nel secondo occorre avere almeno delle minime nozioni di probabilità. Ci sono però dei tratti in comune che io ritengo molto importanti: eccoli qua.
Come ho scritto all'inizio, non siamo in grado di dire perché troviamo un risultato "bello" o una dimostrazione "elegante", anche se in genere siamo abbastanza d'accordo nell'indicare questo o quello. Ritengo però che i punti che ho indicato sopra possano dare una definizione di eleganza non solo accettabile, ma anche almeno in parte oggettiva. Non penso che ci sia una dimostrazione elegante se non in rapporto a un'altra, e credo che questa relazione si possa appunto misurare.
A che serve tutto questo? Non lo so, a
dire il vero. Non aiuta certo ad
automatizzare la dimostrazione; anzi spesso
è più semplice implementare al calcolatore
la soluzione "stupida" e lasciarlo lavorare
per un po' di tempo, invece che perdere
molto tempo noi a scervellarci.
Ma penso che in questo modo si potrebbe
avvicinare qualcuno in più alla matematica.
Troppo spesso la frase che si sente dire "io
la matematica non la capisco!" deriva
dall'avere avuto a scuola un approccio
assolutamente campato per aria. Si devono
imparare a memoria teoremi su teoremi senza
capire il significato e su cose che adesso
non hanno più importanza; i logaritmi sono
stati resi obsoleti dalle calcolatrici, la
trigonometria non si usa quasi mai nel mondo
del Duemila. Si devono risolvere a
macchinetta problemi tutti uguali, tarpando
la curiosità.
Presentare invece delle
soluzioni "eleganti", o addirittura dire
agli studenti più curiosi che un problema ha
una soluzione "non standard" e sfidarli a
trovarla, magari con qualche dritta se li si
vede bloccati, potrebbe dare qualche
risultato, e magari qualche soddisfazione in
più agli insegnanti.
versione 1.00, 7 gennaio 2004, .mau.
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matematica
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